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"Risveglio" - Romanzo - Capitolo 11

Creato il 21 aprile 2011 da Jitsumu
Attenzione! Il contenuto del post è riservato ad un pubblico adulto
XI
  “La Via consiste nella giusta respirazione, senza curarsi dei pensieri vani. Questo non significa non pensare, ma pensare rettamente, non fermandosi neppure per un istante su pensieri inutili. Questa Via è l’unica, ma sono pochi quelli che capiscono questa logica luminosa. Non è possibile raggiungere una tale purezza, se non dopo una costante disciplina”
   Senjo Sanemori
Le scopate con Flavia e il modo in cui erano cominciate avrebbero fatto perdere la testa a chiunque. Ma io in quel periodo stavo con Valeria.Da un furgoncino due ragazzi portavano vassoi di cornetti caldi e profumati dentro un bar. Entro e pago alla cassa un caffè con una di quelle meraviglie fumanti appena arrivate. Finita la colazione mi sento rinvigorito e mi accendo una sigaretta guardando le prime pagine dei giornali esposte nell’edicola accanto a me.Valeria si presentò a me come un’esplosione di allegria e di spensieratezza, ma solo più tardi capii che quel modo di essere era in realtà una malattia. Ci baciammo quasi per gioco la prima volta.Io mi infilai l’ultima Vigorsol in bocca mentre lei me ne chiedeva una, così le dissi “se la vuoi..?” sorridendole, e lei accettò subito avvicinandosi. Dopo quel passaggio di gomma mi chiese se ci potevamo allontanare, e andammo a finire giù ai gradini della sua scuola poco distante, dove lei si dimostrò estremamente spregiudicata nel modo di fare. Non cominciai neanche a baciarla toccandole il seno che subito si avventò sul cazzo stringendolo e sbottonandomi freneticamente la patta dei jeans. Lo tirò fuori e mi disse tutta contenta “che bel cazzo che hai! È doppio!” e cominciò a smanettarlo mentre ci slinguavamo per bene. Io non mi feci pregare e dopo pochi secondi le pigiai la testa verso il basso. Alla prima pressione si diresse dritta con la bocca già aperta sulla cappella e mi spompinò a lungo in modo sguaiato facendo un rumore di risucchio fortissimo. Vedevo la saliva colare a terra e addosso a lei. Mai a pensare in quel momento che quella poi sarebbe diventata la mia ragazza. Sta zoccola di prima categoria. Le squillò il cellulare, così se lo stappò di bocca e mi disse con tutta naturalezza “scusa vedo solo chi è..” continuando a masturbarmi. Le si illuminarono gli occhi guardando il display del telefonino e rispose lanciando gridolini isterici tipici di quando le ragazzine stupide sono contente di qualcosa. Mai a pensare in quel momento che quella poi sarebbe diventata la mia ragazza. Mise il viva voce facendomi cenno di ascoltare, ma dal telefono provenivano solo latrati robotici incomprensibili, mentre lei smise anche di farmi la sega. Stavo per rimetterlo dentro che Valeria mi fece cenno di no e, continuando a parlare con quella che poi compresi essere un amica che stava a un concerto dei Marlene Kuntz,  se lo rimise in bocca e ricominciò a succhiarlo. Il colmo fu quando le sentii dire “io sto qui con uno sulle scalette, gli sto facendo una pompa” ridendo.E ridi ridi. Succhia. Pensai.Mai a pensare in quel momento che quella poi sarebbe diventata la mia ragazza.La telefonata finalmente finì e Valeria rimettendosi il cellulare in borsa mi disse “ora mi faccio perdonare dell’interruzione” e, dando sfoggio di tutta la sua arte nel succhiare un cazzo, si fece perdonare eccome. Dopo una sequenza mirabile di spompinate rapide e ritmiche tutte lavorate di collo e di lingua roteante, arrivai mentre le sue labbra erano serrate lungo la circonferenza dell’uccello, eiaculandole non so quanta sborra in bocca. Sentivo i fiotti susseguirsi in un numero che mano a mano sorprendeva anche me. Lei ad ogni schizzo mugolava di piacere. Ritornando in piazza poco dopo ci scambiammo i numeri prima di riavvicinarci a tutta la nostra compagnia, ripromettendoci di vederci anche il giorno dopo che lei era a casa da sola per altri 4 giorni. Aveva sei anni meno di me.Una sera uscimmo in macchina e, dopo aver chiavato infrattati in una viuzza buia, lei mi disse “devo dirti una cosa”“dimmi pure”“ecco… io ora sto bene, ma un po’ di tempo fa sono stata molto male”“cioè?” dissi mantenendo un tono comprensivo e calmo“ho avuto una forte depressione che è durata fino a un mese fa più o meno… sono stata per più di tre mesi chiusa in casa… chiusa nella mia stanza… sempre sul letto…”.Ci fu un lungo silenzio, a metà del quale io le strinsi la mano non mutando espressione del volto per non sembrarle ipocrita.“ora è passata però… sicuro che non ti spaventa questa cosa?”“ma no, certo che no… perché dovrebbe?”Continuammo a parlarne ancora mentre la riaccompagnavo a casa. La prima volta che ebbe questo periodo nero fu oltre un anno fa, per circa tre mesi anche allora. Poi le cose sembrarono stabilizzarsi, sicchè lei e tutti i famigliari e amici cominciarono a pensare fosse stato solo un episodio. Ma  di recente di nuovo lo stesso iter. Il tempo passò, così vissi anche io in prima persona i suoi lunghi momenti di depressione, e imparai a capire che lo stato d’animo e il modo di fare che aveva quando la conobbi e che aveva ogni volta che sembrava ristabilirsi dalla fase depressiva, non era che il rovescio della medaglia. Valeria aveva il disturbo bipolare.Era un continuo alternarsi di fasi di profonda depressione e fasi in cui si sentiva al settimo cielo, piena di energia e padrona del mondo. Starle dietro nella fase di mania era impossibile.La sua esagerata euforia, il suo parlare continuo e ininterrotto con quella voce che diventava stridula, il suo continuo fare e disfare progetti a volte assurdi a volte più sensati ma sempre campati in aria, le filastrocche, le rime come risposta a tutto quello che le si diceva, il suo non dormire mai e chiamarti a qualsiasi ora della notte, le sue spese folli, il suo voler stare continuamente in giro, il modo di parlare a tutti come se parlasse a se stessa soltanto, senza censure e senza ritegno, ma più di tutto la sua aggressività verso di me se dopo tutto questo davo il minimo cenno di insofferenza.Era un inferno. Quando era nella fase di mania quasi rimpiangevo che non fosse depressa. Ma soprattutto quello che mi atterriva era la sua sfrenatezza sessuale. Pretendeva che scopassimo sempre. Letteralmente. Ed io ero frustrato per il fatto di vederla insoddisfatta anche dopo che arrivavamo a scopare dieci volte in una giornata. Mi stavo consumando. Vedevo il modo in cui parlava con gli altri ragazzi, il suo essere disinibita, il suo divertimento a provocare tutti quelli che incontrava sfruttando l’arma del suo corpo arrapantissimo, slanciato e tornito, con le gambe altissime, il culo tondo, il seno enorme e sodo su una vita sottile. Capivo che fu solo un caso del destino che fossi stato io quella sera a essere portato giù alle scale e che magari in quel periodo se ne scopava uno al giorno. In quel periodo come in tutti gli altri periodi.L’inevitabile successe. Un pomeriggio, dopo che per almeno due settimane l’andazzo era quello descritto, io sbottai per strada e lei si allontanò in malo modo. Ma io quella volta non ebbi la forza di rincorrerla e di chiarire. Ero esasperato. Le voltai le spalle anche io e me ne andai a casa a dormire sfinito. Alla sera mi telefonò la madre. Non avevano sue notizie. Il telefonino era spento. Io le spiegai grosso modo cosa era accaduto nel pomeriggio, aggiungendo che si era allontanata di corsa e l’avevo persa di vista. Qualcosa era scattato in me. La stanchezza mentale di aver sopportato il male di Valeria per quasi tre anni, e la certezza che, sintomo come altri, la sua sfrenatezza sessuale nei periodi di mania la soddisfaceva con chiunque le capitasse a tiro, faceva sì che non me ne importasse più granchè di cosa stesse facendo in quel momento. Lo sapevo benissimo che si stava facendo chiavare dal primo coglione che aveva incontrato. Dopo che io avevo sputato sangue appresso alla sua malattia. Lei adesso stava succhiando la minchia del primo che passava, come aveva sempre fatto. Questa ingiustizia mi feriva e ciò nonostante mi eccitava. Andai in bagno a segarmi ripensando a tutte le volte che lei pretendeva improvvisamente e con autorità di fare sesso nei modi più assurdi e nelle situazioni più improponibili, e a come approfittando della sua fase maniacale le avevo instillato, o forse tirato fuori, la sua indole da dominatrice. Pensavo a quando si infilava nei cessi dei locali per una sveltina, a quando mi faceva stare per ore intere a succhiarle il culo o la figa mentre lei faceva altro, al suo voler chiavare seduta in braccio nel mezzo di una serata tra amici allargando un po’ la gonna per dissimulare la cosa, o a quando mi scalciava il viso con i piedi e me li infilava in bocca dicendomi di leccarli e succhiarli mentre lei mi raccontava che era stata scopata nel pomeriggio da un amico del fratello, descrivendomi per filo e per segno cosa le aveva fatto. Ogni volta in seguito ci teneva a precisare che erano solo fantasie per il gioco erotico, ma io sapevo che era tutto vero. E anche lei sapeva che non me l’ero bevuta.Il pomeriggio seguente mi telefonò.“ti ho chiamato per dirti solo che ho deciso che non è più il caso di stare insieme! Ieri ho incontrato uno e ci ho fatto di tutto e di più capito! Stronzo!”“si forse hai ragione” risposi asettico“io lo noto il tuo fastidio nei miei confronti! Io ora finalmente sto bene! Mi sento bene e tu mi dici sempre che anche ora sto male, che ho la fase maniacale e cose così! Sono stanca! Io voglio sentirmi libera hai capito?! Ieri me la sono proprio goduta con quello lì!” “si, hai fatto bene davvero… sei troppo vogliosa per uno solo lo capisco”“infatti!”.Lo tirai fuori prima che mi fosse esploso dai jeans e mi smanettai.“è colpa mia… hai fatto bene a farti scopare da questo qui… io non devo proibirti di essere come sei”“no non devi e non puoi!”“si… scusami ti prego…hai fatto bene a tradirmi, me lo sono meritato”“e non sai come ti ho tradito… avresti dovuto vedermi!”.Anche lei stava al gioco, era chiaro. Insisteva, le piaceva che io fossi il suo cornuto. Dovevo controllare la masturbazione che ero talmente eccitato da rischiare di venire ad ogni colpo.“avrei voluto tanto vederti… vedere quanto sei sexy quando scopi… che invidia per quello lì che ti ha chiavato… avrei voluto essere io al suo posto…”“eh no bello! Tu mi hai rotto il cazzo con le tue ramanzine e il tuo modo di asfissiarmi! Io mi scopo chi mi pare e tu se ci tieni tanto puoi solo guardarmi e vedere come gli altri mi fanno godere è chiaro?!”“si è chiaro.. scusa ancora” sborrai.Il primo fiotto di sperma mi arrivò in faccia e nell’occhio che ero steso sul divano.“stasera esco quindi non mi chiamare, non voglio che mi disturbi, magari domani se stai solo a casa vengo da te a parlare”“certo, come vuoi… a domani” chiuse prima che avessi il tempo di finire la frase.Il giorno dopo venne e la messinscena fu simile. Lei continuò a cazziarmi come se tutta la colpa fosse mia. Io in un modo o nell’altro finii con l’inginocchiarmi al suo cospetto e Valeria fece la sua parte sfilandosi le scarpe e ordinandomi di succhiarle i piedi per cercare di essere perdonato e riammesso nelle sue grazie. Come un verme obbedì subito mentre le imploravo perdono e le chiedevo di tornare insieme, chiaramente avendo lei la più assoluta libertà sessuale.Così fu.Nelle settimane successive la vidi dal vivo scopare con chiunque si portasse a casa. I genitori partirono per un mese e io chiuso nel guardaroba con l’anta semiaperta guardavo segandomi Valeria succhiare cazzi, farsi scopare da due, da tre insieme mentre ogni tanto il suo sguardo andava sulla fessura dell’anta socchiusa; organizzare incontri clandestini con amici comuni che credevano che io non sapessi niente.La sera uscivamo insieme e se lei adocchiava uno interessante se lo portava a casa insieme a me spacciandomi per il cugino innocuo ospite per quella notte. Poi il più delle volte con un trucco o un altro mi inseriva nella scopata dandomi ruoli sempre originalmente umilianti.Decidemmo dopo qualche mese di lasciarci in modo formale e definitivo, che al di là del vittimismo di facciata anche io avevo altre storie e altre situazioni, ma continuammo per molti anni ancora a vederci in questi termini.Ora si può dire che eravamo buoni amici.
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