Grazie a tutti, grazie a quella Partanna che resiste e che era al cimitero a fare Memoria.
Senza riflettori, tranne quelli di Telejato, senza clamori ma con la coscienza della nostra Memoria.
Grazie a Michela Buscemi, Graziella Proto, Pino Maniaci, Amico Dolci, Salvo Vitale, Mario Spada, ai ragazzi del presidio di Partanna. Grazie a chi nel ventennale non ha ceduto al ricordo ipocrita.
Lettera a Rita Atria, 2009…ma sempre… e più che mai, attuale.
Rita ,
Non è facile ricordare oggi quel giorno lontano della tua morte. Fu una morte “lontana” la tua. Lontana dagli occhi e dalla attenzione della gente, lontana dalle luci dei talk show e dall’interesse della politica. Ma rischia di essere lontana anche oggi. Lontana dal cuore e dalla memoria efficace addirittura di noi che siamo qui per celebrare il tuo ricordo.
Noi che rischiamo di renderla inutile e risospingerla nella insignificanza dove piaceva ai poteri mafiosi relegarti.
Noi che rischiamo di trasformarci in popolo di sacerdoti dell’oblio per memorie morte e beatificate in stanchi rituali che celebriamo rischiando di non comprenderne più il senso. Eppure vorremmo essere capaci di non arrenderci. Vorremmo non accettare l’idea che la morte quella che giunge a finimento che induce al suicidio, o quella che splode dalla violenza omicida di quanti si sentono aggrediti dalla forza della testimonianza, della Verità e della Giustizia, sia l’ultima parola che chiude la storia.
Se ricordare e fare memoria, per te oggi come per tutti i caduti di un impegno vero di lotta – alla mafia, alla corruzione pubblica e politica che deformano il volto dello Stato in una maschera criminale — diviene accettazione passiva della vostra morte che abbia spento, con la vostra lotta, anche le nostre speranze e la determinazione di tanti a raccogliere il testimone della vostra lotta, ebbene allora noi non ci stiamo più.
Non ci stiamo più ai cori dei pianti e dei rimpianti.
Non ci stiamo più alle fiaccolate che ricordano voi ma non sono più segno di un impegno personale a seguire il solco dei vostri passi nelle scelte e nei passi quotidiani della vita di ciascuno di noi, nella nostra storia per dare senso e continuità alla vostra morte.
Non ci stiamo più a raccontare solo la fiaba dei vostri percorsi umani, se non siamo capaci di dare attenzione e spazio nella nostra vita — pur sapendo della nostra importanza — a quanti oggi vivono la tue stesse paure, spaventose solitudini che suggeriscono di nuovo soluzioni di morte e suicidio.
Non ci stiamo più a difendere la scellerata e sconclusionata politica che preferisce il compromesso alla difesa della legalità, che non ha più tempo per i testimoni senza potere, senza cospicue doti di notorietà da garantire loro. Come eri tu: povera, perché senza potere e senza dote. Non ci stiamo più ad accettare il loro tradimento solo perché “sarebebro dei nostri”.
Chi raccolse la tua angoscia, chi cercò di non deludere le tue speranze, Paolo Borsellino, morì ucciso prima di te, tradito come te dai signori del potere.
Forse non basta dichiararsi “ragazzi di Paolo”, come non basta dirsi “di sinistra” o “cristiani” per essere veri testimoni di ciò che annunciamo.
Forse siamo qui per sperare di non doverci vergognare di noi e per confrontarci con la enorme scelta di una ragazzina per ricordare che nulla possiamo pretendere dagli altri se non siamo i primi a vivere la responsabilità delle nostre scelte. Anche se questo ci condanna alla solitudine. Tutto, purché sia nella Verità e per la Giustizia.
Tutto, perché fare memoria di te non sia tradire il senso della tua vita e della tua morte.
Mario Ciancarella – Associazione Antimafie “Rita Atria”