Le ossa disarticolate della grotta di Scaloria (Foto: UCLA)
Circa 7000 anni fa i primi coltivatori, in Italia, praticavano un rituale di sepoltura chiamata defleshing, consistente nel togliere la carne dalle ossa, nello smembrare lo scheletro e nel deporre i resti in grotta.Il defleshing è un rito che è stato praticato in tutto il mondo, ma finora non era stato attestato in Europa, secondo quanto affermato dal Dottor John Robb, archeologo dell'Università di Cambridge e responsabile del progetto di ricerca in Italia. Con i suoi collaboratori, il Dottor Robb ha raccolto ed esaminato le ossa sparse in almeno 22 località di epoca neolitica, in particolare quelle conservate nella grotta di Scaloria, una grotta che si trova nel sudest del Tavoliere delle Puglie.
La grotta è rimasta intatta fino al 1931, anno della sua scoperta. Essa conserva resti umani mescolati in modo casuale con ossa animali, vasellame rotto e strumenti di pietra. Questo assemblaggio è molto difficili da interpretare e piuttosto insolito. Le comunità neolitiche seppellivano i loro morti sotto o acanto alle loro case oppure ai confini dei loro insediamenti. Nel caso di Scaloria, invece, la comunità che abitava la zona disperse le ossa dei morti 15-20 chilometri distante dall'abitato.
I tagli presenti sulle ossa della grotta di Scaloria
(Foto: Università di Cambridge)
Il Dottor Robb pensa che le ossa possano essere state considerate equivalenti a stalattiti. Infatti, notando il collegamento tra l'acqua che gocciola dal soffitto della grotta e la formazione delle stalattiti, gli abitanti della zona nel neolitico avevano deposto dei vasi sotto queste ultime per raccogliere il liquido che, secondo loro, scaturiva dalle "ossa di pietra". La grotta di Scaloria, con il suo ambiente inferiore di difficile accesso, era sicuramente un posto speciale per le genti che abitavano il Tavoliere delle Puglie durante il neolitico. Proprio per questo sarebbe stato un posto adatto per svolgere dei rituali funebri.