“I morti pesano non tanto per l’assenza, quanto per ciò che –tra loro e noi- non è stato detto.” (Susanna Tamaro, Và dove ti porta il cuore)
Fingi di esserci,
affinché io non veda
il posto vuoto
che grida la tua assenza. (42)
La scrittrice di origini ferraresi Cristina Biolcati, dopo il saggio sul mondo degli squali Nessuno è al sicuro (Edizioni Simple, 2013) e varie pubblicazioni di poesie in riviste ed opere antologiche, ritorna con una nuova opera. Si tratta di Ritorna mentre dormo, una ricca raccolta di poesie edita da Edizioni Drawup sul finire del 2013. Apre le fila del nuovo libro una propedeutica nota introduttiva di Alessia Mocci nella quale viene sottolineato, da subito, qual è il tema fondante della raccolta, che ispira le poesie e ne motiva la scrittura. La natura.
Con questo non si pensi banalmente alla scrittura di anacronistiche poesie bucoliche o a scenari idilliaci che fanno forza sulla descrizione minuziosa di ambienti naturali, ma per natura dobbiamo intendere la sua accezione originaria, presente nell’etimo latino che in nasci vedi come definizione l’atto della creazione e un sinonimo di fecondità. Sono, queste di Cristina Biolcati, poesie tendenzialmente leggiadre che il lettore assaporerà con vero gusto, pagina dopo pagina, dove l’autrice non manca neppure di sottolineare quelle che possono essere considerate delle distorsioni, delle devianze insite nel sistema umano.
Si osservi, infatti, la poesia “Peter Pan”, una delle prime della raccolta dove la Biolcati in appena sei versi modella quella che è secondo la catalogazione dei disagi del DSM la patologia che vede nell’uomo una non volontà di crescita: “Agonizzante aspetti,/ cieli azzurri che mai verranno” (14). E quello che possiamo definire come morbo o sindrome, o sia uno stato patologico di qualche tipo, a cui pure credo vada aggiunto anche un senso di in-appartenenza al mondo a causa di una spoliazione dell’identità dal tessuto sociale è quello che la poetessa “partorisce” di notte e che esprime con questi versi: “Allunga le ombre,/ affila i rumori. Aumenta l’angoscia/ di chi già vive su un filo” (37); il filo degli acrobati, come la poetessa subito aggiunge nei versi che seguono, certo, ma anche il filo, la labile e indistinguibile condizione di frontiera dal sano all’in-sano o borderline.
La natura è per sua natura (la ripetizione è voluta, proprio a sottolineare il doppio rimando a ciò che ci si sta riferendo) a volte dà manifestazione del suo essere malvagia e infingarda (sembra quasi udire qualche eco lontano del grande Recanatese degli scritti filosofici) come la poetessa non può che osservare in una poesia intitolata “La belva” da intendere –mi par di capire- sia come fiera che minaccia l’ordine di un dato ecosistema animale, sia come metafora della spietatezza dell’uomo, “di gran lunga [la bestia] più crudele” (17).
Un simile tormento per la dura analisi sulla malvagità dell’uomo e del mondo la ritroviamo espressa in maniera “vaporizzata” nella lirica in cui l’elemento umano è rappresentato da forma aerea: “Siamo aria/ inquinata dalla vita” (21) scrive con lucidità la Nostra che poi, nella chiusa, quasi sopraffatta dalla realtà che lei stessa ha espresso, sembra rintanarsi in un cantuccio di desolazione privo di qualsiasi speranza: “Nessuna legge/ potrà mai restituirci/ la purezza che/ ci hanno tolto” (21). Il parallelismo che è mantenuto per tutta la lirica tra aria-uomo, inquinamento-corruzione, in-salubruità-rovina denota un’attenta indagine ontologica della poetessa che si ravvisa pure in altre liriche.
La poetessa arricchisce le pagine del libro con ambientazioni sospese tra sogno e realtà, una dimensione che sembra essere illusoria che, però, volge ben presto per mostrarsi concreta come accade in “Il sogno” dove appunto la Biolcati esordisce con un verso che è poi il titolo stesso del libro nel quale si esorta il destinatario ad accogliere questo invito all’unione. Il mondo dell’infanzia fa capolino spesso per mezzo della rievocazione di momenti di tempi ormai vissuti e relegati nello scrigno della memoria.
Ed in effetti le tematiche principali del libro, tutte tra loro collegate in qualche modo, sono quelle della perdita, dell’evanescenza, dell’abbandono, del silenzio (la condizione di silenzio individua un’assenza di rumori, suoni e dunque di attività) e dell’assenza. Per assenza è da intendere, qui nel caso di queste liriche, una voluta consapevolezza dell’essere di evidenziare carenze, mancanze importanti; la morte (spesso richiamata), quale dipartita ed estremo saluto, è essa stessa fonte d’assenza, come pure lo è l’allontanamento volontario di una persona, l’abbandono e addirittura il nostro temperamento labile, poco reattivo, incline agli altri, tiepido e poco cosciente. Apologia di questa fine poetica dell’assenza, della consapevolezza di quanto essa possa essere pericolosa è la poesia “La fine del mondo”, quadretto sbiadito e degradato di un mondo sospeso e silenzioso che si approssima alla sua auto-distruzione.
La poesia di Cristina Biolcati, pur partendo comunemente dall’osservazione e interpretazione di un mondo autentico, vicino e reale che possiamo definire “familiare”, arriva poi con acume a sondare quelle che sono le componenti aprioristiche che portano la donna a domandarsi e a interagire sul senso delle cose per sottolinearne poi con perspicacia la fatuità del vivere, la sua componente frivola e al contempo transeunte. Ma in questo procedimento non può che mancare anche una dura condanna sociale non tanto nei confronti di realtà o accadimenti in particolare, ma contro gli uomini che si rendono attori di malvagità, illogicità e atti che li equiparano ad entità assenti perché privi di una morale, di un’idea o di un valore:
Odio gli uomini aridi.
Odio i bastardi.
Odio gli uomini che,
al posto del cuore,
hanno eretto un muro (50).
Ecco così che dalla poetica dell’assenza della Biolcati si giunge alla cristallizzazione di un verso tagliente e asciutto, chiaro e diretto, spietato e lucido, carico di energia e intriso di sconsolazione che è vivida denuncia di un mondo che si è impoverito e che nel suo percorso di ritorno alla cenere, si è staccato da Dio. Ne sono manifestazione la dolorosa (ma doverosa) rievocazione di uno dei tanti crimini nazisti, quello dell’incarceramento nei lager dei quali dobbiamo osservare con coscienza che davvero “La storia ha sbagliato tutto/ cercando di negare” (73) e la cupa riflessione sul Belpaese nei tempi che corrono tra disgrazie, difficoltà economiche e disagi di varia natura che la donna percepisce come paese “alienato” ossia perso, inetto, depresso che è “schiacciato dall’odio e dalla stupidità umana” (92).
L’analisi finale sul nostro Paese è amara, ma lo è in maniera realistica e a questa mancanza di speranza, nella quale molto si è creduto, ma inutilmente, mi sento di osservare che la Biolcati con questo libro si veste di un’aura nuova, da fedele reporter del mondo e delle coscienze colpevoli di chi, invece di fare, sta a guardare aspettando, permettendo a quella grande macchia nera che è l’Assenza di ingrandirsi e fagocitarci.
Written by Lorenzo Spurio
Ritorna mentre dormo
di Cristina Biolcati
Edizioni Drawup, 2013
Pagine: 108
ISBN: 9788898017799
Costo: 10 €