Finally. Here we go again!
Calzini, maglietta, calzoncini. Ti allacci le scarpe. Forse sono legate male. Le rileghi di nuovo. Quasi quasi non ti ricordi come si mettono le lenti a contatto. Ti pettini. Lo specchio riflette la tua immagine, come sempre. Ma oggi è diverso. Metti su il k-way, che magari piove.
Raggiungi la pineta. Non ci tornavi da 11 mesi, da quando hai sentito quel doloretto all’adduttore. “Non sarà nulla, forse un po’ di affaticamento“, hai pensato.
Inizi a camminare sul sentiero principale. Non c’è molta gente a quest’ora. Dopo qualche centinaia di metri, inizi ad accelerare il passo, e prendi a camminare velocemente. Senti i muscoli delle gambe che lentamente si riscaldano. Un ragazzo ti sfreccia di fianco e ti supera. Dopo poco, incontri un signore di una certa età che cammina nel tuo senso contrario.
- Buongiorno – ti fa.
- Buongiorno – gli rispondi.
Acceleri ancora il passo. Una coppia di donne intente a chiacchierare ti sorpassa. Si voltano, come curiose, e ti fanno un cenno di saluto con il capo. Rispondi altrettanto.
E ancora, un giovane con le cuffie nelle orecchie passa controcorrente con un gran bel passo.
- Ciao!
- Ehm, ciao!
É come se non fossi mai mancato da quel posto. Non conosci nessuna di queste persone che ti salutano. Sei parte di quella dimensione, nonostante tutto. Lo sei sempre stato, nonostante tutto.
Il vento è alle tue spalle, ti soffia delicatamente nella nuca. Il passo veloce cede alla spinta del vento. É come andare in bicicletta, come quando tuo padre lascia la mano dal sellino, e tu sei convinto che lui è ancora dietro di te, ma le tue due ruote vanno da sole, con il tuo unico equilibrio.
Sei a un centimetro da terra. I tuoi piedi in aria, insieme, contemporaneamente. Passi brevi, vicinissimi al terreno, perché comunque hai paura di correre. Ascolti il tuo corpo, in tensione, perché basta solo un piccolo accenno di dolore per arrestare quell’insicuro incedere. Distendi le spalle e rilassi i muscoli, e ti lasci trasportare da quella corsa goffa, indecisa, impaurita, brutta. Ma è corsa, che t’importa del resto.
Senti nel petto il tuo solito ritmo di quando prendi a correre senza musica nelle orecchie. Solo il silenzio, il rumore dei passi, e quel ritmo nel petto e nella testa.
–
Socks, shirt, shorts. Tie your shoes. Maybe they are not tied so well, then you tie them again. You hardly remember how to wear contact lenses. Comb your hair. The mirror reflects your image as always, but today is different. Wear the k-way in case it rains.
Reach the pine forest. You come back after 11 months since you felt that ache in your adductor. ”It’s not a big deal, maybe it’s a little fatigue“, you thought.
Start to walk to the main dirt road. There’s not so much people today. You start moving faster after a few hundred meters, taking a brisk walking. Feel the muscles of the legs that slowly heat up. A guy next to you zips along and passes you. After a while you meet a gentleman who is walking in your opposite direction.
- Good morning – he says.
- Good morning – is your reply.
Speed up the pace again. A couple of chatting women overtakes you. They curiously turn back giving you a nod as greeting. You reply likewise.
And again, a young man with headphones runs on the other side with a great tread.
- Hello!
- Uh, hello!
Everything sounds like you have never been away from that place. You definitely don’t know any of these people who have greeted you. You are part of that dimension, despite everything. You have always been, after all.
The wind is behind you, it gently blows on your nape. The fast pace gives way to the push of the wind. It’s like riding a bike, when your father leaves the hand from the saddle and you are convinced he is still behind you, but your two wheels is going by their self.
You are an inch off the ground. Your feet in the air, together, simultaneously. However the short steps are close to the ground because you are afraid to run. You are listening to your body – under tension – because it needs just a hint of pain to stop that insecure pace. Stretch your shoulders and relax the muscles, and let yourself be carried away by that clumsy, indecisive, fearful, ugly run. But you are running anyway, the rest will flow. Feel the rhythm in your chest you usually feel when you run with no music in your ears. Only silence, the sound of footsteps and that rhythm in your head.
Photo credit by Seán Venn
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