Kate è atterrata, che è pochi minuti, con un volo diretto proveniente da Londra.
In aeroporto, al Songwe International Airport di Mbeya, ad attenderla avrebbe dovuto esserci l’amico Gustav, residente da troppi anni in Tanzania e, perciò, esperto conoscitore del luogo.
Gustav le aveva raccontato, quando si erano conosciuti a Londra, in un Natale di qualche anno addietro, ad un pranzo di comuni conoscenti, di aver lavorato per parecchio tempo nella regione di Mbeya per conto di una compagnia mineraria tedesca.
Ma, da qualche anno a questa parte, essendo andato in anticipo in pensione, con una lauta buonuscita era riuscito a mettere su una ricca fattoria.
E, adesso, i suoi prodotti , con buoni profitti, raggiungevano settimanalmente quasi tutti i mercati interni del Paese.
E l’invito a Kate, fotografa professionista, con la quale aveva da subito simpatizzato, era per consentirle appunto la realizzazione di un book fotografico.
Oltre che poterle offrire l’opportunità di una vacanza in una terra, che non conosceva affatto.
Ma dell’uomo, dell’amico Gustav, mentre Kate prova a ingannare l’attesa, passeggiando su e giù per celare un certo nervosismo,guardandosi intorno e osservando incuriosita, neanche l’ombra.
Dopo alcuni interminabili minuti, la donna, che comunque è persona decisa e che non si perde d’animo, appena è fuori dall’uscita dell’aerostazione, fa subito un cenno inequivocabile a un taxi libero.
Immediatamente ecco che, alle sue spalle, un distinto signore di mezza età, con un fluente inglese, la raggiunge e le domanda, con garbata cortesia, se può approfittare della medesima vettura.
Kate non ha problemi e l’uomo, dopo un cenno di ringraziamento, si presenta.
E’ un commissario di polizia svedese di ritorno per un periodo breve in Africa allo scopo d’ incontrare un suo amico scrittore, svedese anche lui, che ha necessità di rivederlo per risolvere un piccolo contenzioso con un vicino di casa.
Così Kate approfitta della circostanza propizia e chiede a Kurt (questo è il nome dello svedese) l’indicazione di un hotel in città in cui poter sostare in attesa di prendere contatto l’indomani con Gustav.
Perciò entrambi scendono al Continental, in centro città, un albergo prestigioso un tempo ma, al momento, con tutti i segni di una manutenzione carente e anche da lunga data.
Giunta in camera la donna compone subito sul cellulare il numero di Gustav ma dall’altro capo non c’è segnale di presenza e, quindi, nessuna risposta.
Circa un’ora dopo Kate e Kurt si ritrovano al piano terreno dell’albergo, in sala da pranzo, per una parca cena.
Tutto è modesto.
Gli arredi dell’hotel lo sono senza dubbio.
E pure il resto è molto vintage.
Il cibo ovviamente è pensato e confezionato all’africana : riso, carne di vacca e molte verdure d’orto.
E dando un’occhiata oltre la sala è chiaramente visibile,attraverso un’apertura nella enorme parete bianca, un’anziana e mastodontica donna di colore, coadiuvata da due giovani adolescenti, che armeggia ai fornelli con la sicurezza che, potresti dire senza tema di smentita, essere quella di un autentico chef di alto rango.
Kate sorride a quella immagine e coinvolge nel sorriso anche Kurt, che al momento è un po’ pensieroso.
Un attimo dopo, armata della sua Leica, prova ad oltrepassare la soglia della cucina per realizzare alcuni scatti.
E mama Lucy, la cuoca, ricambia senza ritrosia , ben felice d’essere ritratta nel suo regno, con un sorrisone gioioso. E un accenno di applauso, tra il serio e lo scherzoso, da parte di Kurt.
Dopo un caffè lungo, molto lungo, i due ospiti del Continental si salutano per la buonanotte e si ritirano ciascuno nella propria camera.
Kate prova e riprova ancora a rintracciare Gustav ma senza successo.
Kurt, invece, telefona a Henning.
E anche in questo caso nessuna risposta.
Nessuna meraviglia perché Henning , quando può, è quasi sempre fuori, di sera, per locali, con la sua amica francese.
(continua..)
Le pale del ventilatore, che pende dal soffitto, rinfrescano appena, al risveglio, l’aria afosa e stagnante della camera da letto.
Kate si è da poco svegliata e sbadiglia stiracchiandosi quando il telefono fisso, quello posto al suo fianco sul comodino, squilla.
Dalla portineria dell’hotel le annunciano che c’è stata una telefonata per lei qualche ora prima da parte di un certo signor Gustav Gunder.
La donna fa rapidamente una doccia con un filo d’acqua ,che pare brodo, si riveste e scende per fare colazione e recarsi in portineria.
Il portiere, molto sollecito, le va incontro e le porge con deferenza una busta color avorio con l’intestazione dell’hotel e poche righe in un foglio in cui è scritto che mister Gunder passerà nel primo pomeriggio per incontrare l’amica londinese.
Kate, dopo aver letto, ripiega il tutto e s’avvia al tavolo, dove ha già intravisto il commissario svedese.
I due si salutano simpaticamente come si conoscessero da sempre e fanno colazione scambiandosi di tanto in tanto qualche impressione sulla notte passata.
Sul caldo insopportabile, sulle zanzariere provate dal tempo e dall’usura e sui rumori del primo mattino nella strada.
Tè e fette biscottate con marmellata di albicocca in vaschette di carta stagnola per la colazione.
Prodotti quasi certamente d’importazione a leggerne le etichette.
Kurt, ad un tratto, lancia lì l’idea di fare un giro in città prima delle rispettive ripartenze, e Kate, che sa di essere libera da impegni, accetta di buon grado.
S’incamminano a piedi per l’arteria principale, disturbata a momenti da un traffico rumoroso e disordinato di veicoli.
Poi puntano al mercato, dopo aver chiesto indicazioni a un passante.
Il tratto di strada, trattandosi di una via laterale secondaria, è un po’ accidentato ma raggiungibile.
E lì con stupore scoprono mercanzie d’ogni genere : un’autentica una festa di colori e di forme bizzarre.
Per tacere del vociare insistente dei venditori e del tramestio continuo dei bambini, che non stanno mai un attimo fermi e gironzolano in continuazione tra i banchi.
Kate, affascinata da un abito multicolori, che le pare sia molto adatto alla sua figura, fa acquisti. Ma non senza aver donato qualche moneta a due bimbi che le ronzano intorno da un bel po’.
Kurt, invece, sceglie per sé una sorta di “panama”, per ripararsi dal sole, che picchia inesorabilmente con l’avanzare delle ore.
Soddisfatti come possono esserlo degli adolescenti in vacanza (ma loro non lo sono) i nostri amici imboccano la via del ritorno, non senza una sosta presso un chiosco,dove una donna vende ai passanti assetati, da una specie di borsa-frigo, Coca Cola “universale”, ghiacciata, in bicchieri di carta.
Una volta in albergo, Kurt che ha dimenticato di richiamare l’amico Henning per organizzare la sua permanenza a Dar es Salaam e dintorni, propone a Kate di pranzare insieme.
E l’idea è anche e sopratutto quella di attendere di conoscere Gustav Gunder, cui affidare Kate.
Non gli va di lasciare la donna, da sola, in una città che non conosce. Diciamo che per istinto scatta in lui quasi un senso di protezione. Anche se Kate gli fa capire chiaramente che non è il caso di preoccuparsi per lei.
Kate, infatti, non è nuova a situazioni del genere.
Ha già fatto, altre volte, altri viaggi per il suo lavoro di fotografa in contesti molto più difficili e, in qualche modo, è riuscita sempre a cavarsela.
(continua…)
Gustav Gunder, nella tarda mattinata, arriva in città all’hotel Continental e, per giunta, senza preavviso alcuno rispetto all’appuntamento che aveva dato in precedenza telefonicamente al portiere di turno.
Kate e Kurt sono nella hall in tranquilla conversazione (il sole alto e piuttosto prepotente non invita certo i due ad andare a fare quattro passi all’aperto,per non parlare del traffico caotico e caciarone che mette a dura prova l’udito) e così la donna è intenta a illustrare all’amico una rivista di viaggi, che aveva portato con sé, in cui sono presenti alcune fotografie di un suo reportage realizzato in Etiopia, a Lalibela, anni addietro.
Il saluto tra Kate e Gustav è cordiale e affettuoso, proprio come amici di antica data che si ritrovano dopo tanto tempo.
Ci sono poi le presentazioni con Kurt e l’invito ad un aperitivo prima di ripartire con destinazione “The Sun”, la fattoria di Gustav.
Naturalmente l’invito è esteso anche a Kurt, sempre che lui ne abbia piacere.
Kurt non se lo fa ripetere in quanto l’idea di conoscere un altro pezzetto d’Africa, così differente dalla sua fredda Scania, lo attrae enormemente. E accetta.
Henning e Dar es Salaam, si dice tra sé e sé, possono attendere ancora qualche giorno.
Inoltre da tempo il commissario non ha più neanche notizie di Zoe, che amerebbe rivedere e di cui, invece, al momento non sa assolutamente nulla.
Presi i bagagli in camera in tutta fretta, saldato il conto alla reception, i due, preceduti da Gustav, si avviano al Range Rover polveroso, che li attende giù dal marciapiede antistante l’albergo.
Gustav avverte i suoi ospiti che ci saranno un due ore buone di strada da percorrere per raggiungere la fattoria ma aggiunge, immediato, che ne vale la pena.
“The Sun”-precisa con orgoglio ai suoi ospiti- è un piccolo pezzo di paradiso.
Il suo buon ritiro dopo anni di ripetuto girovagare, per ragioni di lavoro, per mezzo mondo.
Per di più la considera la sua più bella creazione e ne va decisamente fiero.
Senza contare (cosa nient’affatto trascurabile) il successo economico, e cioè i profitti discreti nonché i posti di lavoro creati per la gente del luogo, che sono per quelle famiglie dal reddito modestissimo un’autentica manna dal cielo.
Lasciata la città, la carreggiata, come sempre in Africa e quindi anche in Tanzania, si fa polverosa e ricca di buche.
Un’autentica “gruviera” -direbbe qualcuno- ma il panorama circostante merita il disagio. E questo ovviamente, nonostante, il caldo insopportabile dell’abitacolo.
S’inganna intanto il tempo raccontando ciascuno di sé.
Gustav conosce la Svezia per motivi di lavoro legati a una compagnia mineraria locale con interessi in Africa e ricorda a Kurt di essere stato anche a Ystad, la sua città, perché un collaboratore tecnico, che lavorava con lui, era proprio di quella zona.
La conversazione tra i due uomini a poco poco si anima e emergono una quantità di particolari in comune legati alla città di Kurt.
Kate, col naso appiccicato al finestrino, osserva intanto le bellezze naturali e pregusta l’idea di poter fare, nei prossimi giorni, una quantità di scatti.
Se Gustav sarà impegnato-si ripete- troverà qualcuno alla fattoria disponibile a portarla fuori per il suo lavoro. Del resto erano anche un po’ questi gli accordi con l’amico tedesco in relazione a quello che sarebbe stato il suo soggiorno a Mbeya.
Il tempo passa in fretta quando c’è conversazione e la compagnia, tutto sommato, è piacevole.
Un nugolo di bambini sulla strada, che gioca a ricorrersi vociando o armeggia, almeno i più piccoli, con giocattoli fatti in casa con materiale di recupero, proprio come accadeva nell’Europa dei due dopo-guerra, annunciano che “ The Sun” è a pochi chilometri ormai.
(continua..)
La fattoria di Gustav è una proprietà immensa. Si tratta senz’altro di centinaia di ettari, e forse anche di più, tutti coltivati a regola d’arte.
Numerose sono le stalle, distanti dall’abitazione principale ma ben visibili,dove mucche in ottima salute producono latte in abbondanza ogni giorno.
Latte che raggiunge poi, grazie a dei furgoni e a dei solerti autisti, il non troppo distante caseificio della zona per trasformarsi in formaggio e cremosi yogurt.
Kurt è stupito da tanta ricchezza. Osserva i bananeti a perdita d’occhio e riflette sulla povertà di certi villaggi che ha avuto modo di visitare in altri tempi e rammenta le lunghe e accorate conversazioni con padre Alex ,a Bunju, sulle disparità sociali, decisamente enormi in Africa.
L’abitazione è in rigoroso stile coloniale, ben curata nei minimi particolari e anticipata da un ampio patio arredato con gusto per poter trascorrere comodamente all’aperto, tempo permettendo, le ore serali in conversazione.
La difende dall’esterno, in lontananza, un alto muro con filo spinato e sistemi d’allarme di ultima generazione, che impediscono alla fauna locale d’avvicinarsi. Per esempio agli elefanti, che di notte di tanto in tanto ci provano.
Ma i guardiani solleciti sanno fare bene il loro lavoro e, a colpi di fucile, sparati in aria, riescono ad allontanarli.
Kate si guarda intorno e già pregusta inquadrature e scatti per il suo reportage.
All’interno, dopo un saluto a mama Betty, l’anziana governante e alle sue giovani figlie molto servizievoli con gli ospiti, ciò che la colpisce e l’attrae molto è la stanza della musica.
Gustav, di padre tedesco e di madre serba, è un amante della musica,che ha appreso fin da bambino in quanto entrambi i genitori erano dei musicisti.
Il padre un virtuosissimo pianista,grande esecutore di Mozart; la madre, invece, una violinista eccezionale.
I due si erano conosciuti a Berlino in occasione di un concerto dell’ente sinfonico locale, che aveva organizzato degli scambi culturali.
Si erano piaciuti subito, innamorati e sposati appena qualche mese dopo, prima che la donna ripartisse per il suo paese.
Gustav era appunto il frutto di quell’amore e da sempre aveva coltivato la passione per più di uno strumento musicale.
Merito della paziente dedizione di sua madre.
Nella sala della musica troneggiava un pianoforte a coda di quelli per sale da concerto (quasi certamente un Bechstein), c’era su di una mensola a muro un violino nella sua elegante custodia, probabilmente un ricordo di famiglia.
Poi una chitarra classica sul divano ad angolo, proprio accanto alla grande vetrata, faceva mostra di sé e, ancora, un’arpa, dei tamburi africani e, sparsi quasi ovunque, parecchi spartiti musicali.
I quadri alle pareti erano di un pittore albanese,un amico di Gustav.
Rappresentavano differenti artisti nell’esercizio meticoloso della loro arte…fossero essi pianisti, violinisti, contrabbassisti, suonatori di tromba o di flauto, cantanti d’opera o ballerini. E non mancavano ritratti ad olio o a carboncino degli stessi.
Mama Betty, dopo aver dato indicazioni alle figlie perché portassero i bagagli degli ospiti nelle rispettive camere, invita Kate, Kurt e il suo padrone, cui è devotissima, a bere un tè fresco e ad apprezzare una fetta di crostata.
Betty, prima d’essere a sevizio da Gustav, aveva lavorato in un grande albergo a Dar es Salaam e lì aveva appreso tutti i segreti della cucina europea. Poi, sposatasi con Tommy, un carpentiere, si era trasferita a Mbeya, la città del suo uomo.
E l’incontro dei due con Gustav, che cercava appunto persone fidate per la sua nuova casa, era stata una autentica vincita alla lotteria.
Ormai erano anni che Betty con le sue figlie, tre ragazze da marito, accudiva la casa e il suo padrone e lo faceva con un garbo, una sollecitudine e un riserbo davvero impagabili.
Bevuto il tè, consumata la crostata, calda di forno e confezionata con marmellata di lamponi, la donna fa strada a Kate e Kurt al piano superiore dell’abitazione per indicare le rispettive camere.
Gustav nel mentre siallontana per andare a controllare le stalle e il da farsi da programmare con gli addetti.
Kurt, una volta in camera, richiama subito a telefono Henning, che però non risponde. Così lascia un messaggio in segreteria per farsi richiamare dall’amico appena possibile.
Poi rapidamente raggiunge la doccia per provare un po’ di refrigerio dal caldo che, nonostante le pale del ventilatore facciano il loro dovere, s’avverte comunque.
Kate, sdraiata sul morbido letto, che l’ha accolta, balza in piedi anch’ella, dopo alcuni minuti e, nuda, col suo corpo efebico, raggiunge la vasca da bagno per immergersi in un tiepido mare di schiuma profumato e finalmente rilassarsi.
Chiude gli occhi, infatti, e rischierebbe d’addormentarsi se un tocco alla porta della sua stanza non la facesse tornare in tutta fretta alla realtà.
(continua..)
Una delle figlie di mama Betty le ricorda con discrezione e un filo di voce, attraverso la porta della camera da letto semiaperta, che il padrone e l’ospite svedese l’attendono giù quanto prima possibile.
E aggiunge che c’è in programma un giro di conoscenza nei dintorni della fattoria.
Kate, sollecitata e pure un po’ eccitata all’idea di una inaspettata escursione, esce rapida dall’acqua e indossato l’accappatoio morbido e profumato, riservato dalla casa agli ospiti di turno, s’affretta a rivestirsi.
Jeans, stivali di cuoio martellato che le arrivano al polpaccio, acquistati a Londra per l’occasione qualche giorno prima di partire per Mbeya, e un camicione di cotone grezzo di color verde acquamarina con colletto alla coreana.
Poi un filo di trucco leggerissimo e due gocce di Chanel n.°5.
Senza dimenticare ovviamente l’inseparabile giacca a vento beige e l’ampia sacca coordinata agli stivali,in cui deporre la preziosissima Laica, il teleobiettivo, differenti filtri e tutto il rimanente dell’attrezzatura fotografica necessaria.
I due uomini all’apparire la salutano con compiacimento.
Pure Kurt ha optato questa volta per un abbigliamento decisamente sportivo.
E senz’altro, rispetto al suo primo viaggio in Africa, il suggerimento sarà stato di Linda, sua figlia.
L’ adorata Linda. La sua bambina.
Linda, quando Kurt glielo aveva annunciato, si era mostrata contenta di questo secondo viaggio in Africa.
La ragazza aveva ben capito che al papà occorreva staccare un po’ dalla routine di Ystad e del “da fare” pressante del commissariato.
Inoltre nei discorsi, quando accennava all’Africa spesso l’uomo faceva riferimento a una certa Zoe. Un’infermiera tedesca , conosciuta a Dar es Salaam, che lo aveva catturato laggiù col suo fascino ammaliatore.
Però ci teneva a precisare che si era trattato solo di una storia di sesso.
Ma la partecipazione emotiva, fin da subito, non era affatto sfuggita alla maliziosa Linda, ormai una donna, che sapeva riconoscere entusiasmi e depressioni di papà Kurt.
Specie dopo il divorzio da sua madre, divorzio (leggi pure caduta nella solitudine esistenziale) da cui il commissario non si era mai ripreso.
Divorzio e vuoto quotidiano cui aveva risposto tuffandosi a capo fitto nel lavoro e che, per altro, decisamente non mancava al commissariato di Ystad.
Gustav Gunder, il padrone di casa,dopo alcune brevi raccomandazioni fatte rapidamente al personale della casa e cioè alle figlie di mama Betty, che fanno un po’ di tutto e lo fanno egregiamente, invita gli ospiti a seguirlo all’aperto.
Montano rapidi sul fuoristrada e fanno posto anche a Peter, un giovane che quasi certamente si occupa in particolare delle stalle e che, da come parla, è possibile (lo pensano tanto Kurt che Kate) che abbia frequentato una sorta di scuola agraria.
La guida di Gustav, nonostante le condizioni delle strade, è nervosa e scattante, proprio perché conosce i luoghi come le sue tasche.
Il caldo nell’abitacolo della vettura si fa sentire ma la conversazione a più voci distrae e così non ci si pensa.
Giunti alle stalle, una brusca frenata indica che si è arrivati nel luogo deputato.
I quattro scendono e, intanto, Kurt legge sul cellulare satellitare un messaggio di Henning, messaggio arrivato appena qualche minuto prima. E allora risponde in fretta.
Henning si dice disposto a raggiungerlo a Mbeya da Gunder insieme alla francesina. E chiede conferma per organizzarsi per il viaggio.
Così Kurt, chiamato in disparte Gustav, lo mette al corrente e quest’ultimo, prontamente, non esita a dirsi felice di avere nuovi ospiti.
<<Potremo fare musica assieme nelle lunghe serate di questo stupendo inverno africano e sarà certamente un dono piacevolissimo per me- rimarca il padrone di “The Sun”>>.
<<Che vengano pure-taglia corto- nessun problema. Saranno senz’altro i benvenuti.>>
Lui sa di Henning per fama, ha letto anche qualche suo romanzo tempo fa, ed è sicuro che la sua compagna, se si accompagna a lui, sarà senz’altro una deliziosa creatura.
Perciò non ci sta nella pelle all’idea di poter essere un ottimo “anfitrione”.
Kate,preparata la sua Leica per i primi scatti, entra nella enorme stalla.
Tutto è lindo, modernissimo. Ci sono file di mucche da latte e una discreta quantità di manzi.
Chiede della loro provenienza a Peter e ha tutte le spiegazioni del caso.
Persino alcune particolarità non richieste.
Ma il giovane vuole fare bella figura e farla fare al suo datore di lavoro, che ammira come uomo di successo.
Kate scatta di continuo dalle più disparate angolazioni e le bestie paiono addirittura soddisfatte di fare da “modelle” quasi sapessero per istinto di dover finire in un reportage su di una rivista del settore.
Terminato con le mucche e i manzi, Peter invita Kate a seguirlo in un’altra costruzione attigua alle stalle.
Lì ci sono tutti i macchinari indispensabili per imbottigliare il latte da portare giornalmente al caseificio più prossimo e una sala attrezzata per realizzare in proprio la confezione dei formaggi a uso esclusivo della fattoria.
La lavorazione del formaggio (Gustav è molto esigente) la praticano delle donne abilitate,che arrivano periodicamente, quando occorre, dalla città.
Donne che avevano lavorato in un caseificio e che, per motivi non noti, al momento sono senza lavoro.
Pure qui Kate continua a fotografare ogni dettaglio, ammiratissima dell’ordine e della pulizia, che regna in quegli ambienti e che non si sarebbe aspettata di trovare.
Kurt e Gustav, a piedi, si sono spinti un po’ più lontano. Hanno intenzione di imbattersi in qualche branco di elefanti ma, ripensandoci, la prudenza vince.
E così salgono sul Range Rover tutti e quattro e, con tanto di fucili carichi a disposizione, provano un avvicinamento.
Kate pensa già al safari fotografico ma la fortuna non assiste il gruppo.
Ecco, allora, che s’imbocca, la strada del ritorno.
Mama Betty avrà preparato di sicuro pietanze succulente. E gli ospiti non attendono altro che di mettersi a tavola.
(continua…)
In effetti si tratta di un autentico pranzo luculliano.
Ma chi era Lucullo? Non certo qualcuno passato di recente da quelle parti.
Mi riferisco alle pietanze preparate da mama Betty e dalle sue figlie per gli ospiti in modo che il padrone possa sempre fare la sua bella figura.
Insieme alla delizie della fattoria e cioè a carni scelte di manzo cotte alla brace,a formaggi d’ogni genere, che farebbero andare in visibilio qualunque francese e ne provocherebbero semmai un’invidia smodata, a frutta esotica in abbondanza raccolta in mattinata fresca dagli alberi, la cuoca si è rifornita anche di pesce fresco, crostacei e molluschi dai fornitori in città.
E in città sanno bene come rifornire “The Sun” e non si permettono di fare sbagli.
Così Gustav e i suoi ospiti salgono rapidi in camera per una doccia veloce e Peter, invece, riceve su due piedi l’incarico di raggiungere l’aeroporto cittadino, il Songwe Airport International, per accogliere Henning e la sua amica francese, entrambi in arrivo da Dar es Saalam.
La conferma dell’arrivo, piuttosto che a Kurt, era giunta alla fattoria indirizzata al signor Gunder e via telefono, prima ancora che i quattro facessero rientro dal giro di conoscenza del territorio .
Ed era stato loro assicurato che qualcuno li avrebbe senza dubbio prelevati per condurli a “The Sun”.
Kate e Kurt, una volta rinfrescatisi, precedono di qualche minuto Gustav nella sala da pranzo e sorseggiano in piedi un bianco leggero e fruttato.
Un vinello sudafricano della cantina ben fornita del padrone di casa.
Gustav intanto li raggiunge e, senza indugi, invita i suoi ospiti a mettersi a tavola.
Per Henning e Rose Marie, la francesina di Marsiglia, ci penserà poi più in là mama Betty quando sarà il momento.
I voli, si sa, portano spesso grossi ritardi.
Tutt’al più Gustav e gli altri potranno attenderli in conversazione e il padrone di casa, per far trascorrere un po’ più piacevolmente il tempo dell’attesa, siederà al pianoforte.
Kate è strabiliata dalla ricchezza della tavola imbandita e, soprattutto, dalla raffinatezza del tutto (porcellane bavaresi di un nitore inimmaginabile con filettatura d’oro, argento per le posate e cristallo di Boemia per i calici nonché purissimo lino inamidato per tovaglia e tovaglioli e un centro tavola di fiori freschi superlativo) e, prima che i commensali si accingano a consumare quel ben di Dio, chiede di poter immortalare coi suoi scatti tutta quella “ bellezza”.
Il pranzo, tra un’osservazione e l’altra su quanto ammirato all’esterno, appena poche ore prima, e uno scambio di opinioni sull’eventuale futuro economico della zona, giunge al dessert e al caffè.
Tutti sono sul punto di rilassarsi sugli invitanti divani “chesterfield” in cuoio bruno e sollecitare Gustav perché esegua subito un brano da una sinfonia del “suo” Mozart, a lume di candela, quando un urlo agghiacciante, proveniente dalla cucina, all’improvviso fa sobbalzare tutti.
Gustav si precipita nella giusta direzione e si scontra con mama Betty, che gli viene incontro terrorizzata e in lacrime.
Sul pavimento, in una pozza di sangue, giace Dolly.
Dolly è la figlia maggiore di mamma Betty. Il suo braccio destro nella gestione della casa. Una ragazza che dire che è buona come il pane è soltanto riduttivo.
La porta finestra, che dà sul retro dell’abitazione è aperta, e sicuramente il vetro in frantumi sul pavimento indica che qualcuno lo ha spaccato dall’esterno per poter arrivare alla serratura e aprire agevolmente la porta ,che era certamente chiusa all’interno.
Kurt sopraggiunge rapidissimo e scattante nell’ambiente cucina e oltrepassa i due, che fanno di necessità un passo indietro.
Kate è terrorizzata ma non esita lo stesso (vizio professionale) a chiedere il permesso di poter fotografare la scena. E lo fa.
Kurt, cercando d’essere lucido il più possibile, ingiunge a Gustav di fare, semmai, immediatamente una telefonata alla polizia locale. E questo dopo essersi chinato sulla giovane e averne, purtroppo, constato il decesso.
<<Mama Betty – domanda Kurt – tua figlia aveva un fidanzato ? Un corteggiatore magari respinto?>>
<<No, signore- sussurra tra le lacrime la povera donna- lo avrei saputo.>>
<<Dolly mi raccontava tutto- continua la madre singhiozzante – e, buona com’era, non aveva nemici. Né tra i giovani che lavorano alla fattoria, e cioè alle stalle, né tra le ragazze o le donne, che si occupano del caseificio.>>
<< Aveva una simpatia ricambiata da un ragazzo, che al momento lavora e studia per perito meccanico a Morogoro, la città dove risiede con la sua famiglia - precisa - ma si vedevano molto raramente e si limitavano a chattare al computer quasi sempre la sera, sul tardi, e quando internet funzionava. Lui non poteva spostarsi, la sua famiglia non ha molti soldi e il giovane fa grossi sacrifici per mantenersi agli studi. Più avanti , con i risparmi di lui, forse, e con il nostro aiuto e quello del signor Gustav, lui e la mia Dolly avrebbero potuto pensare al matrimonio. Non certo ora.>>
Come accade di frequente nei paesi africani la polizia arriva sempre con comodo adducendo a giustificazione i disagi logistici e l’eccesivo carico di lavoro. Ma sono ovviamente scuse.
Kurt, nervoso, osserva la lentezza con cui i due poliziotti, una volta entrati in casa, si muovono sulla scena del crimine e non può non appellarli, tra sé e sé, incompetenti e fannulloni.
Certo- pensa- se Gustav allungasse qualche banconota, cambierebbe tutta la musica.
In attesa del magistrato e del medico legale il corpo di Dolly rimane lì supino sul pavimento.
Tracce dell’aggressione che ha portato la ragazza al decesso sono una ferita all’addome inferta con un arma da taglio, considerata la grossa fuoriuscita di sangue sul pavimento della cucina e segni di strangolamento intorno al collo.
Considerata l’esile statura di lei, chi doveva averla aggredita e uccisa non doveva certo aver fatto grandi sforzi fisici e da un’orma di terriccio fangoso sul pavimento per Kurt doveva trattarsi di sicuro di un uomo alto e, probabilmente, abbastanza robusto.
Lo sgomento investe inevitabile tutta la casa e l’arrivo di Henning e della sua amica francese non poteva cadere in momento peggiore.
Kurt e Henning comunque si salutano come vecchi amici e seguono le presentazioni rispettive delle due donne, cioè di Kate e di Rose Marie.
Gustav Gunder saluta cortesemente Henning ma non ha tempo e voglia di occuparsi, almeno per adesso, di lui.
Le altre figlie di mamma Betty,pur tra le lacrime asciugate in fretta, si devono occupare dei nuovi ospiti.
E fanno,sia pure con un grosso magone in corpo, del loro meglio, come sempre, perché il padrone non abbia poi da ridire.
Mentre Henning e Rose Marie prendono possesso al piano superiore delle loro rispettive camere e iniziano a disfare i bagagli, una sirena all’esterno, che rompe il silenzio greve dell’ora tarda (il sole è tramontato già da un pezzo), e una brusca frenata con tanto d’impatto stridente sull’asfalto, annunciano l’arrivo e del magistrato e del medico legale.
E dal basso s’avverte trambusto e voci concitate ma indistinguibili.
(continua…)
Medico e giudice salutano in fretta il padrone di casa e entrano rapidi nella cucina, dove sul pavimento giace il corpo senza vita di Dolly.
Il primo fa la constatazione di rito e si appresta a scrivere sul modulo apposito molto sbrigativamente l’attestazione di decesso; il secondo rientra nel salone e, sedutosi, traccia in poche righe e con poche routinarie parole quello che, secondo lui, è il rapporto cui farà seguito nei prossimi giorni l’indagine di polizia.
Kurt è meravigliato del pressappochismo dei due ma tace.
Più tardi ne parlerà a Gunder e gli domanderà se sarà il caso, a suo parere, di procedere con un’indagine parallela.
E il tutto per accertare l’effettiva verità e non accontentarsi di una spiegazione balorda, se non addirittura di nessuna spiegazione, come spesso accade in casi del genere, quando episodi delittuosi riguardano la gente comune.
Mama Betty e le figlie sono mute come qualcuno avesse strappato loro la lingua.
Paiono dei veri automi nei loro movimenti cadenzati.
Il papà di Dolly, sopraggiunto anch’egli da poco, in un angolo del salone, accovacciato su stesso, si tiene la testa tra le mani e con lo sguardo impenetrabile fissa il pavimento.
Arrivano anche uomini e donne , giovani e meno giovani,di quelli che lavorano fissi alla fattoria e che, appresa la notizia, si sono attardati senza fare rientro alle proprie abitazioni.
Le donne provano a consolare Betty ma la situazione è decisamente pesante. E non ci sono parole idonee a mitigare il dolore di una madre.
C’è paura nell’aria.
Qualcosa del genere, di quanto è accaduto, fa accapponare la pelle.
Tutti pensano che si può essere all’improvviso vittima di un folle omicida o comunque di un male intenzionato, che si aggiri nei paraggi.
Come comportarsi ?
E a “The Sun” fino a quel momento si era, invece, vissuti tranquilli.
Casa e lavoro. E con un padrone, come Gustav Gunder, esigente ma generoso con quelli che compivano bene i propri doveri.
Henning e la francesina, in disparte, manifestano un po’ di normale imbarazzo per la propria presenza in quel contesto, loro estraneo,e per giunta funestato da un imprevisto fatto delittuoso.
Ma Henning conta su Kurt e sta già immaginando il prossimo libro giallo, che potrebbe regalare ai suoi lettori, che hanno dimostrato (indice statistico delle copie vendute) di adorare le storie africane ricche di mistero.
Il mistero, infatti, non è più relegato nelle storie coloniali per i lettori occidentali.
C’è l’Africa d’oggi, affascinante quanto incomprensibile, che titilla allo spasimo il gusto di certi lettori avidi.
Il diverso attrae sempre, specie se c’è campo libero per dare ali alle fantasie. Pure a quelle un tantino morbose.
Henning, furbacchione, lo sa e tiene ben saldo il sodalizio con Kurt in quanto solo l’amico può dipanare matasse ingarbugliate come quelle africane e fornirgli argomentazioni intriganti che, messe sulla carta, tengano il lettore col fiato sospeso fino all’ultima pagina.
Per di più lo scrittore ha fretta.
I medici, a Stoccolma, nell’ultima visita gli hanno diagnosticato un male che potrebbe lasciargli pochi anni di vita se non combatterà la giusta battaglia per sconfiggerlo.
E, quando è così, scatta per chiunque una molla che ti fa correre e vivere ogni giorno al massimo. E, qualche volta,se è possibile, anche sopra le righe. Rose Marie ,la francesina di Marsiglia, per Henning è appunto quel “sopra le righe”.
Kurt ,che lo ha capito, asseconda l’amico.
Lasciata la casa tanto il medico che il magistrato, le donne della fattoria sopraggiunte aiutano Betty a comporre la salma di Dolly e a portarla nell’abitazione della famiglia, accanto alla casa grande.
Si pulisce rapidamente l’ambiente della cucina, si rassetta in sala e si lava e si mette in ordine ogni cosa al proprio posto.
Gli uomini vanno fuori all’aperto a bere qualche birra.
Gustav Gunder e i suoi ospiti si appartano nello studiolo attiguo alla sala per fare un po’ di conversazione prima di ritirarsi, com’è naturale che sia, ciascuno nella propria camera per far passare la notte.
(continua…)
L’indomani, già dalle prime luci dell’alba, nella casa di mama Betty c’è un grande fermento e tutto è quasi pronto per ricevere visite di condoglianze di amici e parenti , che arrivano dalla città, e anche i necrofori per il funerale, che si terrà di lì a quarantott’ore nella cappella della fattoria.
E poi, com’è usanza, un ricco pranzo per tutti i partecipanti.
Gli ospiti di Gustav, perciò, devono assolutamente organizzarsi in proprio per la colazione del primo mattino.
E poi, per il pranzo , quasi certamente si farà,magari tutti assieme, un salto in città in qualche noto ristorante.
E per la cena ci si penserà al momento opportuno.
Lasciare la famiglia di mamma Betty vivere in tranquillità il proprio dolore per almeno qualche giorno è il minimo che si possa concedere se si considera la devozione nei confronti del signor Gunder, che non è mai mancata.
Kurt, però, continua ad arrovellarsi e ritorna insistente col pensiero al possibile assassino. Non è convinto affatto dell’innocenza degli uomini che lavorano alla fattoria.
Dolly, buona e gentile per quanto possa essere stata con tutti, uomini e donne indifferentemente, come tutti affermano concordi, era quella che si definisce un’ adolescente in fiore.
Pelle d’ebano e lunghi capelli neri e riccioluti, raccolti a crocchia ,quando era intenta giornalmente alle mansioni del suo lavoro.
Il fisico alto e slanciato, l’andatura regale, che avrebbe fatto invidia a qualunque top-model di successo, unite alle rotondità proporzionate delle sue forme non potevano passare affatto inosservate.
E gli uomini di certo dovevano essersene accorti. E qualcuno di loro, o più di uno, avrebbe voluto cogliere quel fiore in boccio.
Un approccio sbagliato. Un rifiuto deciso da parte di lei. E l’orgoglio ferito del maschio, che in certe circostanze non controlla i propri istinti, possono portare persino a uccidere.
Ma alt a supposizioni. Per il momento bisogna lasciare alla polizia locale il compito dell’indagine.
Successivamente, se la cosa non convince, si parte con un’indagine in proprio come concordato con Gunder.
Gunder ha ricordato , infatti, a Kurt, proprio la sera precedente, che i poliziotti locali sono molto suscettibili e non gradiscono ingerenze nel loro lavoro. E meno che mai le gradiscono i capi.
Henning e la francesina, per ingannare l’attesa, sorseggiano intanto, all’aperto, un tè macchiato al latte e sono ansiosi di fare il giro a Mbeya, città che non conoscono. E il loro parlottare palesa sfacciatamente, anche a chi non lo volesse intenzionalmente, la bella intesa che si è creata tra loro.
Kurt vorrebbe chiedere a Henning notizie di Zoe, l’infermiera conosciuta a Dar es Salaam l’anno precedente.
Tuttavia ci rinuncia per non interrompere l’affiatamento della coppia e rimanda le sue domande a più tardi.
Kate, dopo aver bevuto in fretta una spremuta di succo di pompelmo, che era in frigo in una caraffa già dalla sera prima, si avvia alla casa di mama Betty per fotografare tutto ciò che accade in occasione di un funerale.
Un funerale africano(capperi !!!), in quella che è l’abitazione per l’appunto di persone del luogo. Usi e costumi, insomma, da cogliere a volo e far conoscere a chi, lontano, non sa e non immagina. Espressioni rubate ai volti e particolari minuziosi di ogni consueto preparativo dell’intero cerimoniale, che meritano. Specie se si pensa alla differenza di trattamento che la morte, anche di una persona cara, riceve in Occidente di questi tempi.
E’ uno scoop assicurato-dice la donna a se stessa.
Gustav, nella sala, bevuto un caffè lungo, seduto al piano, cerca tra gli spartiti musicali la marcia funebre di Mozart, quella dedicata dal compositore a Barbara Player,che egli intende suonare personalmente nel corso del funerale, in omaggio a Dolly, che ha conosciuto bambina e il cui sorriso non riesce a dimenticare. E , ancora, qualcosa di Bach da poter passare all’organista, che ha già contattato.
(continua..)
I quattro ospiti di Gustav Gunder, con Peter alla guida del Range Rover padronale, lasciano “The Sun” e partono, rapidi, diretti a Mbeya.
Henning e la francesina hanno comunicato subito che hanno intenzione di fare un lungo giro a piedi in città per esplorare un contesto che non conoscono e poi ritrovarsi all’ora di pranzo con gli altri al ristorante convenuto.
Peter, che conosce la città come le sue tasche, ha suggerito “Il Barracuda”, in pieno centro, e tutti hanno detto, senza stare neanche a pensarci troppo, che era la scelta giusta.
Kate,senza indugiare, con la sua attrezzatura da lavoro, si congeda da Kurt e si avvia in direzione del mercato, dove era già stata qualche giorno prima, per realizzare alcuni scatti tra merce variopinta e accattivante, venditori imbonitori, che urlano a squarciagola, e pubblico caciarone.
Kurt decide(ed era anche prevedibile), di fare invece un salto in commissariato per informarsi se la polizia locale ha progettato come muoversi sul caso Dolly. E se è possibile avere una qualche informazione. Ma senza fare pressioni di sorta, tenendo conto del discorso di Gustav del giorno prima improntato alla massima prudenza.
Perciò tutti liberi. Ciascuno secondo i propri desiderata.
Compreso Peter, che andrà probabilmente a fare visita alla sua ragazza, che ha un rivendita di dolciumi e pasta fatta in casa e non è molto distante da “Il Barracuda”.
Henning, mentre osserva, ha già un’idea della descrizione che butterà giù in serata, sul suo inseparabile portatile, sull’aspetto della città di Mbeya.
Una città, almeno nelle vie centrali, molto ordinata. Che si percorre bene, tanto a piedi che in auto, senza il traffico caotico di Dar es Salaam.
Che invita al passeggio almeno nelle ore in cui il sole è meno impietoso.
Rose Marie, al suo fianco, devota compagna, fotografa alcuni scorci con lo smartphone per aiutare, di sera, Henning a ricordare quanto visto insieme durante il giorno.
Ormai la francesina fa da assistente in tutto allo scrittore. E a letto poi, a detta di Henning,quando lo racconta agli intimi, è decisamente incontenibile quanto dolcissima.
Un rapporto che aiuta moltissimo l’uomo a superare l’angoscia di un male,che non tarderà molto a presentare il conto.
Le ore corrono frettolose e il tempo di ritrovarsi al ristorante è bello che già arrivato.
Nessun ritardo e da parte di nessuno.
Infatti la fame si fa sentire e grazie ad essa c’è puntualità massima .
Seduti a un tavolo ovale, in un angolo fresco della sala da pranzo, i commensali attendono di ordinare. Intanto Peter, che fa per l’occasione un po’ da padrone di casa, perché conosce bene i gestori del locale, stappa una bottiglia di bianco e lo versa agli altri quale aperitivo.
Il menù, infatti, sarà tutto a base di pesce.
Le portate si susseguono senza farsi attendere troppo.
Cefali grigliati da leccarsi i baffi,mitili giganteschi, ostriche e macedonia di frutta esotica.
Tutto senza risparmio nelle quantità e , soprattutto nella qualità.
Dopo il silenzio che accompagna chi ha fame e non attende altro che di saziare la medesima, Henning, la francesina di Marsiglia, Kate e Kurt, tutti hanno tanta voglia di raccontare la propria mattinata.
E le voci si intersecano.
Un occhio all’orologio, però, consiglia di fare rientro alla fattoria prima che cali tempestivamente il buio e le temperature si abbassino improvvise. Si parlerà lungo il percorso del rientro.
(continua..)
Di rientro alla fattoria, sopraggiunto il buio della notte africana, la stanchezza invita ciascuno dei reduci dal viaggio in città a ritirarsi quasi subito nelle proprie stanze. Ma non prima di aver sorseggiato chi una tisana, chi un tè verde, chi un caffè lungo.
Kurt, invece, opta per un cognac.
Nel silenzio generale, dalle imposte protette dalle zanzariere giunge l’eco appena percepibile di quello che si sta svolgendo nella casa di mama Betty.
S’odono canti e preghiere.
E, ancora, un andirivieni di persone.
Certamente i ritardatari.
E poi un vociare d’uomini, che s’intrattengono all’aperto, nonostante l’ora, senza disdegnare una qualche birra di fattura locale generosamente offerta per la circostanza.
Il sonno misto alla calura, tuttavia, ha la meglio.
E gli ospiti della “casa grande” finalmente si addormentano pacifici come bimbi.
Il mattino seguente bisogna prepararsi e organizzarsi per i funerali della povera Dolly, che si terranno nella cappella della fattoria.
Il sacerdote, don Remy, è già giunto da un pezzo e con i chierichetti al seguito è in preghiera accanto alla salma.
Gunder, il padrone di casa, invita i suoi ospiti a una parca prima colazione nel salone al pianterreno e, subito dopo, tutti si avviano alla cappella di “The Sun”.
Una costruzione sobria ma con arredi di buon gusto, alcuni provenienti dall’Europa.
La cerimonia semplice è allietata dalle musiche di un organo suonato da un musicista molto esperto.
Un amico di Gustav Gunder.
Un inglese di mezza età,un londinese, che ha scelto la solitudine dell’Africa per trascorrere parte terminale della propria esistenza, componendo musica e apprezzando le bellezze naturali di luoghi straordinari come quelli di un Tanzania, che non sei mai pago di scoprire.
Lui, Paul Morris, che ha vissuto il caos urbano delle grandi città occidentali e ha lavorato nel mondo degli affari.
Dopo la cerimonia funebre e la ripetizione del rito delle condoglianze, mama Betty e i suoi familiari si recano mesti al luogo della sepoltura.
Un gruppo di giovani, ragazze e ragazzi, danzano e cantano per Dolly, per l’ultimo saluto alla coetanea, in uno spettacolo improvvisato
Gunder,l’inglese, e gli ospiti, rientrano tutti e sono un po’ spiazzati, perché non resta loro che attendere la fine del tutto e il banchetto tradizionale, cui non si può mancare.
Kurt, intanto, gironzola nella cucina della casa,dove è avvenuto il delitto.
Pare che voglia trovare indizi sfuggiti ai poliziotti locali.
Infatti, quasi senza volerlo, lo sguardo di lui si posa su un’orma fresca e del terriccio, che non potevano essere della sera precedente.
E l’orma è poco distante dalla porta finestra .Il vetro rotto, nel trambusto generale, non è stato sostituito.
Spingendosi all’esterno il commissario svedese intravede,seduto su un masso di pietra, un giovane di colore.
Costui se ne sta con il capo tra le mani e i gomiti poggiati sulle ginocchia quasi stesse lì,volutamente in disparte, pensieroso.
Kurt lo avvicina e la persona del giovane sobbalza proprio come chi insegue il filo del proprio pensiero.
In inglese lo saluta e gli domanda chi è e cosa ci fa tutto assorto in quel posto.
Di rimando con un inglese molto stentato e un tantino riluttante per l’intromissione del bianco, il giovane pronuncia il suo nome.
<< Mi chiamo Bart>>dice.
<<Lavoro alle stalle della fattoria con la mia famiglia. Faccio le pulizie,almeno per adesso…>>aggiunge.
<<Perché sei qui tutto solo?>> incalza Kurt.
<<Non mi andava di partecipare al funerale di Dolly>>.
<< Dolly era mia amica e le volevo bene>>.
<<La sua morte mi rattrista, ecco perché me ne sto qui a immaginare che è tutto solo un brutto sogno>>.
<<La mia amica non è morta. Ritornerà. Ne sono certo>>.
Mentre parla a Bart gli occhi si fanno lucidi di pianto e, per non essere considerato una donnetta dallo sconosciuto, li copre con le mani.
Kurt gli domanda dove si trova la sua abitazione (o meglio quella dei suoi genitori) e aggiunge che, se gli fa piacere, passerà qualche volta a bere una birra da lui.
( continua…)
Kurt è convinto che quel ragazzo triste, seduto in lacrime all’esterno della cucina della casa “grande” di Gunder, deve sapere di sicuro più di qualcosa del caso Dolly.
E, se non è lui il responsabile del fatto delittuoso, deve conoscere probabilmente il probabile assassino.
E’ l’accoratezza, infatti, quella che insospettisce il commissario svedese.
Così,dopo aver scambiato in merito qualche parola con Gunder e con l’amico Henning, domanda la cortesia che Peter lo accompagni all’indirizzo fornitogli dal ragazzo.
La famiglia di Bart abita ai margini meridionali della fattoria in una modestissima abitazione.
Peter, lieto d’essere utile ancora una volta all’ospite del padrone, lo accompagna di buon grado, lo introduce e lo presenta agli abitanti della casa.
Con la mediazione di Peter, che conosce lo swahili, Kurt può porre alcune domande all’anziano uomo, il padre di Bart.
La conversazione procede più o meno spedita, sia pure inframmezzata da reticenze, e Kurt, intanto si rafforza sempre di più nell’idea che quella gente(anche se è solo il padre a parlare) deve sapere molto di più di quanto non ha detto o dice adesso.
La famiglia è composta di ben sette figli tra maschi e femmine di cui il maggiore, Joseph, un ragazzo prestante nel fisico e grande lavoratore nei campi e nelle stalle, non può non aver conosciuto Dolly e, magari, aver pensato, a suo tempo, che quella bella fanciulla avrebbe potuto essere sua sposa presto o tardi.
Joseph al momento è al lavoro ma le congetture di Kurt nascono dalla visione di una foto sulla parete scalcinata della casa, dove il primogenito, il fratello maggiore di Bart, appare con un sorriso spavaldo di chi sa il fatto suo.
In questo caso sicuramente quello della consapevolezza di piacere alle donne per i suoi attributi maschili.
La foto è anche abbastanza recente e di sicuro è stata scattata in occasione di qualche festa di villaggio da un fotografo ambulante. Non certo un mago della fotografia.
Di questi ce ne sono tanti in occasioni del genere, che lo fanno, fotografi improvvisati, per procacciarsi un po’ di denaro.
Nella via del ritorno lo svedese non può non ipotizzare che Joseph, da innamorato respinto, potrebbe magari aver voluto usare violenza su Dolly.
E, pur senza intenzione di farle del male, la situazione, in seguito al rifiuto deciso della ragazza, sia potuta precipitare e l’abbia condannata a morte.
Il problema è quello di riuscire a dimostrarlo. Cioè quello di avere prove.
La tristezza e il pianto di Bart lui se li spiega con l’affezione che il fratello minore di Joseph provava per Dolly che, come tutti dicevano, era buona, gentile e generosa.
Una volta in casa, Kurt informa subito Henning,che indugia nel patio nella lettura attenta del giornale, una vecchia copia di uno sgualcito quotidiano locale, dell’esito della visita e dei suoi sospetti.
E lo scrittore li trova piuttosto fondati.
Una bella e giovane ragazza, per giunta ben educata, non poteva non essere un bocconcino appetitoso per i maschi della fattoria.
Giovani o meno giovani che fossero.
Su questo i due si trovano d’accordo.
Non resta, allora, che seguire una qualche pista agevole per far confessare Joseph o, chi per lui, sa di sapere.
Naturalmente bisogna fare i conti con l’omertà del contesto, per cui niente sarà facile.
Una brusca frenata sul terreno annuncia nel mentre il sopraggiungere della polizia locale e, addirittura, nella persona del capo.
L’uomo cerca il signor Gunder e dice di avere ottime notizie per lui.
Ma il padrone di casa è fuori per affari, così riferisce mama Betty che ha già ripreso servizio. Perciò non resta che lasciare l’informazione al commissario svedese, parimenti interessato.
Seduti nella sala della musica, il capo della polizia informa sbrigativamente Kurt che l’assassino di Dolly è stato individuato.
<<Si tratta-dice- di un vagabondo, di un alcolizzato e in più ladruncolo, che adesso si trova in camera di sicurezza, nella caserma, in città.>>
<< Se il signor Gunder avvicinerà cortesemente a Mbeya - aggiunge- glielo mostreremo.>>
<<Intanto stiamo procedendo- prosegue- a verificare le prove della sua colpevolezza>>
L’uomo , è quello che cerca di far capire il capo della polizia, sarebbe un reo-confesso.
Kurt abbozza, senza far trasparire la sua valutazione in merito e lo congeda, promettendogli di riferire il tutto scrupolosamente al padrone di casa, al suo rientro.
E, dentro di sé, se la ride per l’ingenuità della tesi.
Un vagabondo, per giunta alcolizzato, come sarebbe potuto arrivare fino alla fattoria, a piedi, dalla città?
Per rubare cibo? Per sottrarre denaro ? Per violentare una giovane?
Ma se, a detta dello stesso capo della polizia , era uno straccio d’uomo ?
Per Kurt si tratta di un furbastro, che ha confessato, magari costretto sotto percosse e minacce, pensando che in galera avrebbe avuto quasi certamente un tetto sulla testa.
Anche se poi le carceri africane sono autentici gironi infernali e, se non hai chi ti porta da mangiare, è molto peggio che vagabondare.
Messe da parte le sue supposizioni il nostro aggancia nuovamente Henning e si decide a chiedere finalmente notizie di Zoe, l’infermiera tedesca conosciuta a Dar es Salaam.
Henning, stufo di una lettura eccessivamente elementare del giornale (cronaca del luogo e per giunta già superata) entra volentieri in conversazione con l’amico.
Anzi i due si avviano a piedi per parlare in tutta tranquillità lungo uno dei sentieri che porta ai bananeti.
(continua…)
<< Henning, cosa mi sai dire di Zoe?>> domanda Kurt, una volta all’aperto.
<<Come ha preso lei, la mia partenza?>>
<< Ne avete parlato? >>
<<Dimmi, voglio sapere tutto.>>
Henning con schiettezza riferisce che certo le domande di Zoe ci sono state.
Solo, però, nei primi giorni appena dopo la sua partenza.
Poi più nulla.
Come è normale che sia in situazioni del genere.
Di certo Zoe avrebbe voluto - aggiunge Henning - essere invitata a seguire il suo uomo in Svezia.
Poi, però, aveva capito da sé che non era facile per Kurt, fresco di divorzio e con una figlia che al momento cerca di fare le veci della madre e si coccola suo padre.
E così si era arresa.
E non aveva neanche provato a cercarlo.
Kurt è un po’ deluso da come l’amico ha liquidato frettolosamente il suo problema.
Si aspettava un’altra versione dei fatti anche se, a dirla tutta e a dirla vera, né con sua figlia a Ystad, né con gli altri, amici o no che fossero, aveva mai fatto trapelare di essere interessato seriamente a Zoe.
Zoe appariva, in Scania, quando e se talora ne parlava,esclusivamente come una bella e intrigante vichinga con la quale in terra d’Africa il commissario aveva avuto una storia di sesso.
Invece, adesso, Kurt, a conti fatti, è un po’ geloso che Henning e la francesina, al contrario di lui e di Zoe, siano una vera coppia e che facciano sul serio.
Non tiene conto Kurt, egoisticamente, che Henning ha un bisogno estremo, in un momento difficile per la sua condizione di salute, di un supporto come quello di Rose Marie.
Gli uomini, è noto che, a una certa età, tornano bambini.
E le coccole continue della francesina lo fanno stare bene e, addirittura, gli consentono di programmare un probabile futuro assieme, a dispetto della malevola sentenza dei medici di Stoccolma.
<< Posso chiamarla ? Hai con te il suo numero? Credi che le farà piacere?>> incalza Kurt, innervosito, rivolgendosi all’amico.
Pare quasi che abbia bisogno dell’incitamento di Henning per contattare Zoe al telefono.
Ma Kurt nella vita è sempre stato riservato. E, a volte, persino brusco.
E proprio a causa a causa di una timidezza innata e mal celata.
Retaggio anche di un’infanzia piuttosto difficile e di un padre dotato di un notevole super Ego.
Henning,a quel punto, gli porge il cellulare satellitare, che porta sempre con sé, e gli detta rapido il numero che Kurt, a sua volta, memorizza sul suo smartphone.
Ha deciso. Chiamerà Zoe al rientro.
Intanto ,cammino facendo, i due s’imbattono in un ragazzone, che lavora sfiancandosi di fatica alla piantagione di banane, e che Kurt crede di riconoscere.
E’ Joseph, il fratello di Bart, il giovane della fotografia appesa alla parete dell’ abitazione, che aveva visitato il giorno prima.
Statuario, tutto muscoli, occhio furbo e un sorriso accattivante
Pronuncia il suo nome a voce alta e Joseph, l’uomo giovane e prestante, si gira all’istante.
E saluta come è obbligo fare laggiù con gli ospiti del padrone.
<<Sei il fratello di Bart?>> domanda sbrigativo il commissario svedese, assumendo un tono quasi professionale.
<<Sì. Sono io. Cosa posso fare per lei, signore? >> di rimando risponde l’altro.
Henning se ne sta un po’ in disparte ma è interessato parimenti alla medesima conversazione.
E’ il suo modo di prendere appunti a memoria.
<< Conoscevi Dolly?>> chiede Kurt.
<<Certo che la conoscevo. La conoscevano tutti alla fattoria. Era molto bella e molto buona. E anche un po’ la “cocca” del signor Gustav,che aveva per lei grandi progetti…>> chiarisce rapido.
<< E tu, tu avevi per caso, anche tu, dei progetti su Dolly?>> incalza Kurt.
<< Non nascondo che mi piacesse ma la “roba” del padrone non si tocca. E, poi, dicevano che fosse fidanzata con un giovane di Morogoro. Ma, qui, costui non si è mai visto. Almeno fino a quando Dolly era viva.>> precisa Joseph.
<<Dov’eri tu, la sera dell’aggressione a Dolly?>>domanda Kurt
<< Con gli amici in un bordello, in città, a bere e a andare a donne>>.
<<E’ l’unico svago che possiamo permetterci quando prendiamo la paga dal padrone. Qui è tutto impossibile. Si lavora e basta. E noi giovani abbiamo bisogno anche di divertirci. I matrimoni li combinano ancora i nostri genitori. Se vogliamo stare con una donna, dobbiamo cercare fuori di qui.>>
<<Hai mai fatto capire a Dolly che lei ti piaceva e che ti sarebbe piaciuto stare con lei?>> prosegue il commissario.
<<Certo che gliel’ho fatto capire- ribatte pronto- Joseph ma lei si è sempre rifiutata. Alle mie dichiarazioni anteponeva i desiderata del signor Gustav, che lei diceva che volesse farle prendere lezioni di pianoforte in città. E poi tirava fuori il fidanzato di Morogoro e l’intento inderogabile sopratutto di non dare dispiacere ai suoi genitori>>.
<< E tu ti sei sentito ferito nell’orgoglio di maschio naturalmente e, appena hai potuto, lei hai fatto vedere chi eri…>>
<< Assolutamente no…>> tronca di scatto Joseph.
Ma è visibilmente confuso e quasi balbetta. Teme d’essere incastrato da questo bianco che gli renderà di sicuro la vita difficile d’ora in avanti.
E tutto perché alla fattoria lui ha la fama d’essere un Don Giovanni per quanto è sfrontato e aggressivo con le ragazze con cui ci prova.
Tutta colpa della sua esuberanza che riesce a placare con difficoltà.
(continua…)
Kurt, l’indomani, non esita a chiedere d’essere accompagnato in città per recarsi al commissariato di zona.
Ha intenzione di parlare con il capo della polizia locale e dirgli dei suoi sospetti sul giovane Joseph.
Così Peter,su disposizione del signor Gunder, lo accompagna di buon grado e inappuntabile,non lamentandosi dell’imprevisto, gli fa da autista nelle primissime ore del mattino.
Prima cioè che la luce solare esploda in tutta la sua potenza e il calore del giorno divenga insopportabile all’interno dell’abitacolo del fuoristrada .
Tutti gli altri ospiti della casa dormono ancora.
Soltanto mama Betty e le sue figlie,come loro solito, sono alle prese con le faccende domestiche.
<<Una sosta in un caffè, all’arrivo a Mbeya, è d’obbligo….>>
Lo decide a voce alta Kurt per entrambi.
Il primo,che li convince a una sosta è uno che incontrano sulla strada che stanno percorrendo nella via principale della città, dove Kurt ordina e beve una birra locale, sfoglia rapido il giornale del giorno e tenta di telefonare a Zoe.
La birra, però, si rivela assolutamente disgustosa. Il quotidiano non riporta nessuna notizia. Nemmeno una pur che breve, che faccia riferimento al caso di Dolly.
E Zoe, la sua Zoe, all’altro capo del telefono non risponde.
Tutto per il verso storto, insomma, è quanto l’uomo conclude rassegnato.
Per consolarsi rimugina tra sé e sé che quasi certamente Zoe non è ancora rientrata dall’ospedale.
Oppure, se è rientrata,dorme profondamente tanto da non sentire il cellulare.
E, allora, a lui e a Peter non resta che rimontare in automobile e dirigersi, come da programma di partenza, al commissariato.
Clima decisamente sonnolento all’arrivo. Manco a dirlo.
E non poteva che non essere così a quelle latitudini.
I poliziotti probabilmente non hanno ancora realizzato che un nuovo giorno di lavoro ha avuto inizio da un pezzo.
E, perciò, si trascinano, da una stanza all’altra,quasi ciabattando per via dei loro piedi piatti, in ambienti pregni di un fumo denso di un tabacco scadente, che le pale dei ventilatori non riescono a stemperare.
Per di più parlottano tra loro in una lingua incomprensibile e senza concludere nulla, spostano fascicoli cartacei da una parte all’altra dei locali, che poi abbandonano su scrivanie e scaffali polverosi.
Del capo ovviamente nemmeno l’ombra.
Risposta a domanda diretta di Kurt è che costui arriverà senza dubbio molto più tardi.
E il poliziotto interpellato aggiunge inoltre che il capo, al mattino, si reca d’abitudine in un suo appezzamento di terreno, poco distante da casa, per controllare che nulla sia accaduto ai suoi capi di bestiame.
Kurt, con un sorrisetto ironico, realizza subito l’immagine bucolica del poliziotto-pastore.
Cosa che di per sé non sarebbe affatto male se fosse accompagnata, allo stesso tempo, da altrettanto zelo nel lavoro statale, quello che poi dà da vivere a lui e alla sua numerosa famiglia e per giunta con una paga niente affatto disprezzabile.
E, soprattutto, che consente loro d’essere dei privilegiati in un contesto come quello.
E il pensiero di contro corre all’efficienza della sua Scania, della quale talora pure egli si lamenta.
E questo accade quando i suoi uomini non s’impegnano nelle indagini come dovrebbero.
Per ingannare il tempo dell’attesa Kurt riprova, allora, a fare il numero di Zoe al cellulare e, questa volta, dall’altro capo la voce assonnata della donna si manifesta.
<<Ciao, Zoe! Sono Kurt Wallander -dice con una certa quale eccitazione mal celata - e sono a Mbeya in Tanzania.>>.
<< Come stai, carissima ? Mi riconosci, piccola? Ti ricordi di me?>>
E lei :<< Certo che ti riconosco e che mi ricordo di te…anche se è tantissimo che non ho più avuto tue notizie.>>
<<Non è molto, sai, che sono in Africa. Mi ha chiamato Henning a Dar es Salaam, perché voleva vedermi e parlarmi di persona. Ma non ci sono mai arrivato.>>
<<E’ accaduto che all’aeroporto di Mbeya,dove ero atterrato per prendere il volo successivo, m’imbattessi in una giovane fotografa londinese,che mi ha coinvolto casualmente in un giro di amicizie sue. E, adesso, sono con lei a Mbeya, fuori città, in una fattoria di un ingegnere minerario tedesco che, smessa di esercitare la sua professione, ha deciso di fare l’imprenditore nell’agroalimentare.>>
<<Bene Kurt, ci vediamo ? Ma in che modo possiamo combinare? >>
<< Devi sapere che alla fattoria c’è stato giorni addietro l’omicidio di una giovane donna di colore, una ragazza della servitù, e le indagini della polizia locale non sono ancora partite…questo significa che non posso spostarmi se voglio dare una mano al padrone di casa. >>
<<Pensi che possa venire io da te ? >>
<< Mi farebbe piacere ,perché qui ci sono anche Henning e Rose Marie, chiamati da me e sono entrambi ospiti, proprio come me, della fattoria del signor Gunder. >>
<<Ti faccio sapere questa sera- aggiunge Kurt per tagliare corto - dopo averne parlato per correttezza col padrone di casa.>>
<< Baci..baci, Kurt. Resto in attesa di una tua telefonata. Ho voglia di rivederti. Ci conto.>>
Chiusa la comunicazione con Zoe, lo svedese si accorge che il capo della polizia nel mentre è sopraggiunto e lui, eccitato all’idea di rincontrare Zoe al più presto, non ha voglia alcuna di perdere altro tempo.
Entra nell’ufficio e i due si salutano appena formalmente.
Kurt parla per primo e racconta ciò che ha avuto modo d’appurare nei giorni precedenti. E lo fa senza perdersi in troppi giri di parole.
L’altro stenta un tantino a seguirlo ma, alla fine, deve convenire che sarà decisamente il caso di approfondire la cosa e chiamare questo Joseph alla stazione di polizia e per ascoltarlo e per valutare l’attendibilità del suo eventuale alibi.
Un rapido commiato e il RangeRover, sempre con Peter alla guida, è già sulla via del ritorno alla fattoria.
Bisogna combinare la venuta di Zoe. Questo preme adesso a Kurt.
Nel tragitto Peter racconta al compagno di viaggio con dovizia di particolari , per altro non richiesti, l’ incontro odierno con quella che, a breve, sarà la sua promessa sposa e che, come sappiamo, lavora in città.
Ma il commissario svedese ha negli occhi l’immagine della sua Zoe e fa solo finta di ascoltare.
(continua…)
E arriva il giorno di andare a prelevare Zoe all’aeroporto cittadino, proveniente da Dar es Salaam.
Gustav Gunder si è detto, senza esitazione, felice di ospitarla e Kurt è al settimo cielo nel momento in cui comunica a telefono la notizia all’amica.
E, allo stesso tempo, bisogna, proprio lo stesso giorno, prepararsi a ricevere il capo della polizia, che vuole interrogare Joseph alla fattoria e desidera farlo alla presenza del signor Gunder.
Joseph, prelevato da casa sua da due poliziotti, giunti in loco assieme al loro capo (autista e graduato), viene infatti, condotto alla svelta nella sala di ricevimento della casa grande.
Non manca di spavalderia nella circostanza e continua a ripetere come un ritornello noioso di essere innocente. Di non sapere niente. Di essere stato al bordello in città con gli amici la sera dell’omicidio di Dolly.
E, dimenandosi sulla sedia dove è seduto e controllato, risponde riottoso alle domande dell’autorità di polizia.
Kurt osserva la scena in disparte, affiancato dal padrone di casa e da Henning particolarmente interessato all’interrogatorio.
Le donne ospiti, invece, sono nelle loro rispettive camere in attesa dell’arrivo di Zoe, che per Kate , in base ai racconti fattile da Kurt, è oggetto di grande curiosità.
Non tanto per scoprire l’ avvenenza della persona, come non le ha mancato di sottolineare più volte il commissario svedese, quanto per gli intrighi nei quali la bella vichinga si era venuta a trovare a suo tempo, a causa di amicizie molto particolari, e dai quali parrebbe esserne uscita incolume.
Dopo alcuni minuti sopraggiunge, lì dove si svolge l’interrogatorio, nella casa padronale del signor Gunder, pure il padre di Joseph e il fratello Bart.
Il vecchio, a sorpresa, intende fare una dichiarazione spontanea.
Accolta la richiesta,l’uomo farfuglia di onore mancato, che avrebbe indotto suo figlio a compiere un gesto folle.
Insomma è un’ammissione di colpa per Joseph, alla quale aggiunge (è sempre il vecchio che parla) d’essere stato lui l’istigatore perché l’offesa , cioè l’essere stato respinto, era troppo grave per il suo primogenito in base ai costumi tradizionali del loro piccolo mondo.
Il commissario annuisce, ha compreso benissimo il significato della motivazione e parrebbe soddisfatto.
E così ordina ai suoi uomini di accompagnare padre e figlio all’automobile per continuare alla stazione di polizia, a Mbeya, l’interrogatorio dei due.
Chi non è contento è Gustav Gunder in quanto era abituato ,da sempre, da quando era sorta “The Sun”, a fidarsi di tutti coloro che lavoravano per lui.
L’uccisione di Dolly per lui è una forma d’ingratitudine dei dipendenti nei suoi confronti.
E’ gettare un’ombra avvolgente su di un contesto fino a poco prima sereno.
Kurt dal canto suo vuole assolutamente saperne di più e si rammarica d’essere stato tagliato fuori così all’improvviso .
Henning allora,visto l’amico deluso, lo chiama in disparte e prova a raccontargli, a suo parere, come si sarebbero potuti svolgere i fatti.
O almeno quello che lui pensa di poter narrare, anche un po’ romanzato, nel suo prossimo libro.
Dolly quella sera era in cucina per aiutare sua madre a cucinare e poi servire la cena agli ospiti del signor Gustav- dice Henning.
In un momento di tregua, mentre mama Betty era alle prese con altre incombenze, il giovane Joseph, che sapeva dell’evento nella grande casa, rompe il vetro della portafinestra della cucina e s’introduce all’interno aggredendo Dolly, che è da sola e che non se l’aspetta.
Nella colluttazione, poiché lui aveva probabilmente intenzione di violentarla e incontra resistenza, la lama di un coltello,che Joseph porta sempre con sé, tratta d’istinto fuori dalla tasca dei calzoni, con forza penetra nell’addome della giovane.
Volutamente o inavvertitamente. Non si sa. Si accerterà.
La paura del peggio però, alla vista del sangue, fa infuriare ulteriormente l’assalitore che, come invasato, per far tacer la vittima, ricorre alle mani che stringe con violenza intorno al collo di Dolly. E la strangola.
L’attimo successivo, ritornato in sé, il corpo ormai senza vita della giovane in terra, con un balzo felino Joseph, ormai l’assassino, è fuori dalla cucina e corre a gambe levate nella strada, per poi inoltrarsi nelle piantagioni, per non essere scoperto.
(continua…)
Kurt mostra di apprezzare le ipotesi di Henning sulle circostanze della morte di Dolly, che trova abbastanza verosimili all’accaduto ma non cessa di guardare l’orologio che ha al polso.
E’ comprensibile che non veda l’ora di riabbracciare Zoe.
Non è trascorsa neanche una mezz’ora che l’auto della polizia si è allontanata dalla fattoria, sgommando e sollevando un enorme polverone, quando un colpo di clacson e una brusca frenata all’ingresso della casa grande annunciano un nuovo arrivo.
E non ci si può sbagliare.
E’ Peter, infatti, che ha condotto la tedesca Zoe a “The Sun”.
Kurt si precipita all’ingresso e, appena scesa, abbraccia la donna ricambiato a sua volta con enorme trasporto.
E la cosa non passa certo inosservata per i presenti.
Subito dopo è la volta di Henning, che abbraccia anche lui affettuosamente Zoe.
E poi ci sono le presentazioni con Gustav e con mama Betty.
Le donne, Kate e Rose Marie,hanno fatto sapere che scenderanno dalle loro stanze alcuni minuti più tardi.
Intanto Gustav, cerimonioso, fa gli onori di casa e invita la nuova ospite nella sala della musica, non prima però di aver detto a mama Betty di portare i bagagli della signorina al piano di sopra.
Zoe è bellissima nella sua “mise” da viaggio.
Un completo verde bosco, sahariana e pantaloni attillati ma comodi, mette in risalto alla perfezione i capelli biondi e morbidi, il suo incarnato roseo, le labbra sensuali e i suoi occhi verde acqua marina.
Gli stivaletti in nappa marrone, con pochi centimetri di tacco, le slanciano alla perfezione la figura di per sé già statuaria.
Pochi monili : un filo di perle al collo, un Tissot d’acciaio al polso, dal quale non si separa mai, forse un ricordo cui tiene in particolare, e un anello con smeraldo all’anulare sinistro. Niente orecchini.
Accoccolata nel divano di pelle della sala della musica gusta piacevolmente una tazza di tè ai gelsomini, che Gustav le serve personalmente nell’assenza momentanea di mama Betty.
E l’uomo lo fa e in segno di cordialità e anche per metterla a proprio agio.
Tedesco lui, tedesca lei, sarà senz’altro un’intesa perfetta.
E’ quello che già pensa.
E immagina quelle che potranno essere le loro conversazioni e non solo quelle.
Kurt invece è leggermente infastidito da quello che si palesa già come un vero e proprio feeling tra Zoe e il padrone di casa.
Ma per Zoe è sempre così.
Il suo fascino e la sua bellezza colpiscono alla prima ed è difficile per qualunque uomo sottrarsi. Inoltre la donna sa giocare con intelligenza e sensualità e il gioco lo conduce sempre lei.
Nel prendere la tazza di porcellana che Gustav le porge, ad un occhio attento, non sfugge affatto la carezza alla mano di lei che l’uomo azzarda. E il sorriso ricambiato in cenno di gradimento.
Finalmente compaiono anche Kate e Rose Marie e avvengono le presentazioni.
Kate non può che dare ragione a Kurt. Zoe è davvero affascinante.
Rose Marie, che la conosce già, si mostra solo gentile con lei, com’è solita fare anche quando s’incontrano a Dar es Salaam.
Rose Marie non ha occhi e pensiero che per Henning.
Vive la sua passione con notevole trasporto, come mai le era capitato prima.
Passione testimoniata giorno dopo giorno, per altro, da una serie di ritratti fatti al suo uomo.
Ce ne sono a carboncino, a china e addirittura a olio su tela. Sono così tanti che non si contano.
La residenza dei due è un autentico atelier di pittura e di scrittura.
La francesina ritrae Henning, quasi sempre inaspettatamente.
E in diversi momenti del giorno e nelle più disparate situazioni.
Mentre scrive,chino al computer ; quando prende il sole sdraiato nel patio della casa; quando si addormenta nel lettone come un bambino.
Ce n’è uno in particolare di ritratto, che lei ama, in cui lui appare come chiamarla, desideroso di lei, per condividere le impetuose onde dell’oceano su di una spiaggia deserta di quelle come ce ne sono un’infinità nel lungomare di Bagamoyo.
Kate,la fotoreporter, all’improvviso, rompe con i convenevoli di circostanza e lancia l’idea di fare un giro nella fattoria e aggiunge che ha intenzione di scattare alcune foto a Zoe.
Trova Zoe perfetta da inserire nel suo reportage fotografico su “The Sun”.
Non solo bananeti, mucche e caseifici ma anche, e soprattutto, belle donne. Perché no?
E’ il pubblico che lo chiede.
Gustav apprezza e approva.
E la stessa Zoe,che regge bene la stanchezza, anche quella del viaggio appena terminato, si dice pronta.
Joseph e suo padre, intanto, nella camera di sicurezza maleodorante della stazione di polizia, a Mbeya, attendono l’arrivo del magistrato per un interrogatorio questa volta serio.
E il tempo non passa mai in quella cella buia e dalle pareti scrostate, sudice e ricoperte di insetti.
Bisognerà, infatti, attendere come minimo che passi tutta la notte.
Poi, con comodo, “pole pole”, arriverà l’autorità giudiziaria.
Il giovane è mortificato con suo padre per averlo coinvolto in una così brutta storia.
Il vecchio, però, è forte, altra tempra rispetto alle giovani generazioni, e non molla quando si tratta di difendere l’onore della propria famiglia.
Certo sarà difficile trovare delle attenuanti e, per di più, non ci sono soldi per un buon avvocato. Pertanto, gioco forza, occorrerà accettare alla fine, e con poche aspettative, una difesa d’ufficio.
E poi è cosa nota che con un omicidio, in Tanzania, si rischia la pena di morte anche se sono parecchi anni che non viene più applicata.
A stomaco vuoto (in carcere, nella maggior parte delle carceri africane, devono provvedere esclusivamente parenti, amici e/o e conoscenti dall’esterno a portare il cibo e quant’altro ai detenuti) e con questi pensieri orribili, che gli attraversano la mente, per Joseph è proprio duro ingannare il tempo nell’attesa del nuovo giorno.
Una certa insofferenza giovanile comincia a montare.
Tutt’intorno è silenzio.
I poliziotti hanno lasciato da un pezzo la stazione per le loro case e le loro famiglie e c’è solo uno di loro rimasto di guardia, che nel frattempo ha già tracannato due o tre bottiglie di birra e se la russa beatamente.
Nella casa grande a “The Sun”,di contro, si cena con cibi prelibati e succulenti, preparati dalle abili mani e dalla creatività di mama Betty.
L’atmosfera è gradevolissima.
Le signore tutte si sono cambiate e sono tutte e tre, pur differenti, bellissime.
La sensuale Zoe, la sportiva Kate, la premurosa Rose Marie.
Kurt e Henning animano a vicenda la conversazione con toni pacati e Gustav, seduto al piano, omaggia le belle donne, che lo onorano con la loro presenza, con alcuni tra i più noti “Notturni” di Chopin, che egli conosce a memoria e che esegue con maestria.
Giunti al caffè, le donne chiedono di ritirarsi nelle loro camere; gli uomini seguiranno,dopo aver sorseggiato un cognac o un wisky, a seconda dei gusti, di lì a poco.
La giornata è stata, senza dubbio, impegnativa per tutti.
E la notte per Kurt e Zoe, nonostante le camere separate, quasi certamente è comunque uno spazio temporale ricco di promesse.
(continua…)
Le brutte notizie non tardano mai ad arrivare.
Il nuovo giorno si apre presto, alle prime luci dell’alba, con una telefonata che giunge alla casa grande della fattoria. La casa padronale di Gustav Gunder.
E’ l’annuncio di una disgrazia accaduta alla stazione di polizia di Mbeya.
Viene comunicato dal poliziotto di guardia, che pare avesse smaltito finalmente la sua sbornia della notte precedente, al signor Gunder , il padrone di casa, la morte in cella di Joseph.
Joseph, appunto, il giovane trattenuto assieme a suo padre, perché sospettato di aver ucciso Dolly.
Pare che Joseph, per gli amici Joe, avesse con sé un piccolo coltello, non sequestrato all’arresto, per superficialità e sciatteria dai poliziotti del momento, con il quale si sarebbe reciso le vene dei polsi.
E il tutto, irrimediabilmente, sarebbe accaduto nel cuore della notte mentre il vecchio padre dormiva.
Gustav Gunder, senza pensarci su, e senza avvertire i suoi ospiti, con Peter che era già in piedi, monta sul Range rover per raggiungere la città e la stazione di polizia quanto prima.
Si tratta di tranquillizzare il padre del giovane, che ha sempre mostrato fedeltà e enorme disponibilità al suo padrone. E che adesso si trova nei guai accusato di essere l’istigatore di suo figlio nell’omicidio della figlia di mama Betty.
Il tempo pare non passare mai e la strada accidentata, piena di buche anche nelle parti asfaltate, assieme al caldo fanno il resto.
Intanto il risveglio lento degli ospiti di “The Sun” non tarda a vederli, qualche ora più tardi, tutti intorno al tavolo di midollino nel patio e ben protetti dai primi raggi del sole.
Nessuno, conoscendo i numerosi impegni di lavoro si domanda del perché dell’assenza di Gustav. Tranne Kate che, raggiunta mama Betty in cucina, apprende la notizia, che immediatamente comunica agli altri.
Kurt è stupito ma non troppo. Piuttosto lo si direbbe irritato. E non è difficile immaginare il motivo. Gli altri sono anch’essi stupiti in quanto non s’aspettavano un imprevisto del genere.
Ma non più di tanto.
Henning e Rose Marie,terminata la prima colazione, si allontanano subito in direzione delle stalle e del caseificio attraverso il verde delle piantagioni e il rossiccio calpestabile della terra battuta che termina, quest’ultimo, appena lì dove si stendono a perdita d’occhi magnifici orti, ricchi di peperoni e melenzane giganti, coccolati nella crescita dal generoso sole africano e dall’abilità di diligenti contadini.
Lui, Henning, a tratti si ferma e prende appunti nella “moleskine”, che ha con sé; lei, armata di cellulare ,con tanto di fotocamera, fotografa tutto quanto le appare e che riesce a catturare la sua attenzione.
Bisogna ricordarsi che Rose Marie è una pittrice. E che quelle foto potranno venirle utili una volta fatto rientro a casa.
Zoe e Kate, invece, si fermano nel patio in conversazione ancora un po’ in quanto Kate è decisamente interessata ai trascorsi mozza-fiato di Zoe e vuole avere conferma di quanto le è stato raccontato in precedenza da Kurt.
Poi sempre Kate tira fuori la Leica e scatta alcune foto a Zoe che, assorta, sfoglia una vecchia rivista, un numero speciale del National Geografic, che racconta attraverso splendide immagini della Nubia e del suo popolo.
Poco dopo, però, direttasi in cucina, di sorpresa immortala mama Betty, tra pentole e tegami.
E questo mentre Kurt nervosamente compone a ripetizione il numero di Gustav Gunder per avere notizie dalla sua viva voce di quanto si è verificato alla stazione di polizia di Mbeya.
(continua…)
Alla stazione di polizia di Mbeya si è impegnati nel trasporto del cadavere di Joseph all’obitorio dell’ospedale locale per l’autopsia e per gli accertamenti di rito.
E neanche a dirlo… con il consueto “pole” “pole”.
Così il telefono squilla ma nessuno ha tempo per rispondere.
Il padre di Joseph, per ordine del commissario capo,e prima ancora del magistrato, viene immediatamente condotto alla prigione cittadina in attesa di processo.
E questo quando sarà il giusto momento.
Ma Kurt, stufo di un’attesa senza risultato, riesce fortunosamente a recuperare un Range Rover malandato di un casaro, che lavora alla fattoria, e parte rapido in direzione della città.
Mentre sta per essere in vista della stazione di polizia, lo raggiunge finalmente la chiamata di Gustav al cellulare.
<< Commissario Wallander, sono Gustav. Ho visto che mi ha ripetutamente chiamato.>>
<< Signor Gunder l’inefficienza della polizia locale è sul serio spaventosa. Ora non sapremo mai come si sono svolti i fatti. Per tacere dell’arresto assurdo di quel vagabondo ubriacone, successivamente rilasciato. Adesso come ci regoliamo? >>
<< Abbiamo le mani legate, amico mio. Qui la polizia fa il bello e il brutto tempo. Nella mia posizione poi non posso assolutamente che accettare lo stato di cose. E questo per non avere noie nella mia attività.>>
<< Non servirebbe parlare al magistrato ? >>
<<Direi di no. Sarebbe una perdita di tempo. Torni alla fattoria, mi creda. E’ preferibile.>>
Kurt, più nervoso di prima, fa retromarcia e affianca al marciapiede del corso principale cittadino e scende al caffè, dove era già stato quando era venuto in città l’altra volta.
Ordina e beve al banco la solita birra “Kilimangiaro” e rimonta poi sul Range Rover non dopo aver pagato e lasciato una lauta mancia.
Il ragazzo, che lo ha servito, è a corto di spiccioli.
Non si accorge neanche di aver macinato abbastanza chilometri nella solita strada polverosa e accidentata, in quanto, lungo il tragitto, rimugina tra sé e sé il pensiero di una sconfitta, che non riesce ad accettare.
Giunto a “The Sun” dove gli ospiti della casa paiono essere del tutto assenti,Kurt raggiunge il casaro al caseificio per la restituzione del veicolo.
Tommy, questo è il nome del casaro, accetta i ringraziamenti e una manciata di banconote di moneta locale ma si mostra anche molto interessato a quanto è accaduto alla stazione di polizia di Mbeya.
E l’interessamento mirato non sfugge a Kurt.
L’uomo, presumibilmente sulla quarantina, non è da escludere che potrebbe avere a che fare col caso Dolly. I maschi impiegati a “The Sun”, è quello che pensa Kurt, vivono lontani dalla città a causa degli orari di lavoro che il loro padrone pretende in cambio della paga e questo impedisce loro distrazioni.
Né allegre bevute. Né donnine facili.
Le uniche distrazioni, possono concedersele o con le proprie mogli o con le promesse spose.
Se, tuttavia, una bella ragazza come Dolly, disinvolta, dai modi raffinati e pure un tantino istruita,te la ritrovi dinanzi molto spesso e lei ti dispensa anche un sorriso, perché non provarci?
E se lei fa la “difficile” ,perché non ricordarle che il maschio può sempre? In tutte le occasioni. E che la femmina, gioco forza, deve accettare?
E se la risposta al maschio fosse un deciso rifiuto,quale potrebbe essere la reazione di questi?
Kurt, rientrato in sé, deve di necessità mettere un deciso alt alle sue fantasie investigative un tantino morbose. Il sole che picchia forte e potrebbe giocare brutti scherzi.
Meglio salutare e andare a cercare Zoe.
(continua…)
La piscina della casa grande a “The Sun” e la presenza di Zoe e di Kate lungo il bordo sono per Kurt un invito allettante a fermarsi lì prima di pranzo.
Egli, infatti, saluta le due donne e sale in fretta in camera per cambiarsi e poi ridiscendere nuovamente.
Kate all’apparire del commissario svedese s’alza di scatto per lasciare libera l’amica di conversare col suo uomo e si tuffa nell’acqua tiepida senza risparmio di energie. E fa più di una vasca con ampie bracciate in stile libero.
Superfluo dire che osservarla, tonica e vitale, per chiunque sarebbe un vero e proprio godimento.
Zoe nel mentre abbraccia Kurt e i due, che non si preoccupano affatto di mostrarsi intimi, si siedono fianco a fianco con i piedi che lambiscono l’acqua.
Kurt la informa della mattinata inutile a Mbeya, del comportamento omertoso della polizia e, ancora, del fermo trasformato in prigionia per il padre di Joseph.
E aggiunge che in serata saluterà il signor Gunder e paleserà a Henning il desiderio di fare rientro a Dar es Salaam e di lì a Bagamoyo.
Zoe non lo contraddice. Un po’ certo le dispiace interrompere l’intesa con Kate, che aveva appena cominciato a conoscere.
Tuttavia l’importante per lei è poter stare un po’ con Kurt.
Mama Betty, circa un’oretta dopo, chiama a uno a uno tutti gli ospiti, perché si accomodino in sala per il pranzo.
E lo fa mandando le sue figlie ad avvisare gli interessati tanto alla piscina che nelle camere al piano superiore della casa.
Gustav Gunder però, com’era prevedibile, non è rientrato.
Come sempre un pranzetto coi fiocchi viene consumato in rigoroso silenzio, proprio per poter apprezzare ogni portata.
Silenzio rotto solo che per alcuni intermezzi della discussione un tantino animata, che è sorta tra Kurt e Henning.
Henning vorrebbe ancora trattenersi a Mbeya perché pensa alla stesura del suo romanzo che, stando sul posto, di certo potrebbe arricchire di particolari di prima mano.
Kurt,al contrario, è infastidito dal sentirsi le mani legate dai veti di Gunder.
Probabilmente sarà il caso di trovare un compromesso.
E’ quello che pensano entrambi, i due amici, anche se non lo danno affatto a vedere a causa del tono concitato con cui dialogano.
Nel dopo pranzo si fa, com’è consuetudine, rientro per un riposino nelle proprie camere ma è chiaro che nessuna decisione seria è stata presa in merito a una possibile partenza degli ospiti.
L’unica persona che, con certezza, resterà più a lungo a Mbeya, e anche alla fattoria, è Kate.
Col calare della sera il padrone di casa, finalmente, fa rientro.
Ospitale come sempre ma parco di parole, comunica che, dopo cena , suonerà per i suoi ospiti e anche in memoria di Dolly.
Gustav è un uomo introverso, che si rifugia nella sua musica forse per lenire certe ferite del suo passato, che a nessuno però è mai stato dato conoscere.
C’è del mistero intorno alla sua persona.
E a Kurt, ottimo osservatore, non sfugge. E’ come, dopo averlo ascoltato, che l’ennesimo dubbio si fosse insinuato di straforo e stazionasse ben accomodato nella sua mente.
Joseph probabilmente non aveva torto-pensa Kurt tra sé e sé - quando aveva fatto intendere che il padrone mostrava un certo debole per Dolly. Debole per altro neanche tanto malcelato. E, forse, persino da lei ricambiato.
La storia ci poteva stare proprio tutta.
Lui : un uomo colto, raffinato e per giunta ricco. Di una ricchezza nient’affatto da sottovalutare per quelli che sono i parametri del contesto locale.
Lei: giovanissima e piacente, con ambizioni culturali e una certa passione per la musica, che poteva fare e di certo faceva da feeling tra i due.
Nonché desiderosa, come lo sono tutte le adolescenti con la testa zeppa di sogni, di cambiare, quasi come in una fiaba, condizione sociale.
Perché non avrebbe potuto pensare, sia pure per un momento, tra le braccia di lui, di Gustav Gunder, di divenire lei, proprio lei, la giovane Dolly, la figlia di mama Betty, la padrona di “The Sun”?
Ma Gustav era a tavola con tutti gli altri al momento del delitto e poi lo era stato ugualmente dopo nella sala della musica, quando s’era udito il grido straziante di mama Betty.
Poteva Gustav Gunder essersi servito di un complice ben pagato ?
E perché poi avrebbe dovuto avere interesse a farlo se la ragazza ricambiava le sue attenzioni?
I padroni riescono sempre nei loro intenti.
Sanno bene come tessere la propria ragnatela e avviluppare in essa la vittima più o meno ignara, più o meno consenziente.
Gelosia? Pressioni indebite della giovane perché la relazione uscisse decisamente allo scoperto?
Il promesso sposo di Morogoro magari era solo la copertura all’onore del mondo, perché tutto accadesse a “The Sun” senza indiscrezioni e nessuno sapesse.
E i familiari di Dolly magari sapevano e al tempo stesso fingevano d’ignorare per pura convenienza e calcolo.
Interrogativi su interrogativi, tutti questi, che si accavallano nell’immaginario di Kurt, ne deviano l’attenzione dal presente ma non trovano una risposta.
Si cena alle venti in punto, com’è consuetudine della casa, e le signore, come sempre, sfoggiano le loro mises , le più eccentriche possibili , per essere all’altezza del convivio.
Un convivio al termine del quale si ascolterà, come anticipato, della buona musica.
Kate ha scelto un abito turchese lungo di seta grezza. Un tubino che sottolinea la sua figura alta, magra e slanciata.
Nessun gioiello se non un filo di perle coltivate intorno al collo, perché risaltasse l’abbronzatura. d
Zoe, invece, ha scelto un abitino corto a trapezio di colore rosa fucsia con ampia scollatura, perché si evidenziassero i seni ben torniti, che hanno fatto e fanno impazzire da sempre Kurt quando li ha palpati e baciati con trasporto nei pochi e rari momenti d’intimità, compresi quelli di quest’ultime ore.
I due, infatti, nell’incontro a Mbeya, non hanno avuto bisogno di troppe parole per cercarsi, come si cercano, ad ogni latitudine, un uomo e una donna attratti l’uno dall’altra e viceversa.
Henning in proposito potrebbe anche scrivere un racconto di sicuro successo dal titolo “Il letto racconta…”.
Rose Marie ha preferito una tunica bianca,lunga anch’essa, in chiffon e pizzo merlettato. Unico cedimento alla seduzione sono dei sandali di lamé dorato, tacco dodici, che evidenziano le sue belle gambe affusolate, che fuoriescono, ti vedo e non ti vedo, dagli spacchi laterali.
Lei non è una donna appariscente e neanche vuole esserlo.
Preferisce il ruolo di compagna devota di Henning, che non manca di coccolare anche in presenza di estranei, mostrandosi molto premurosa.
Vuole,di fatto, che siano gli altri a scoprirla. Gioca nell’approccio con molta raffinatezza.
Gustav Gunder ,appena terminato il dessert, s’avvia al pianoforte.
Gli altri lo seguono.
E parte così per mano del virtuoso pianista l’esecuzione di alcuni brani di musiche da balletto di Pyotr Ilyich Thaikovski.
In particolare alcuni sono tratti da”Lo schiaccianoci” .
Secondo Kurt il mistero di Gustav Gunter, la sera, è tutto in quella scelta musicale.
E, probabilmente, il commissario svedese non è molto lontano dalla verità.
Ma perché Dolly e Thaikovski ?
Una lolita e un impotente?
Perché un delitto così efferato?
(continua…)
L’indomani Kurt è deciso di andare ad incontrare Bart, il fratello di Joseph, e a parlare un po’ in confidenza, sempre che gli riesca, con lui.
Così di buon mattino, quando nella casa grande ancora tutti dormono, s’incammina attraverso le piantagioni di banane, a piedi, e raggiunge dopo tre quarti d’ora di cammino l’abitazione del giovane.
Bart è seduto all’esterno, mangiucchia con svogliatezza dei semi di girasole,che tiene stretti nel palmo della mano e pare quasi che lo stia aspettando.
L’aria triste, che gli aveva riscontrato la prima volta che lo aveva incontrato, è sempre la medesima.
<< Ciao, Bart! Buona giornata! >>.
Bart risponde appena e lo fa con un cenno del capo.
<< Hai saputo di tuo padre e di quanto è accaduto a Joseph? >>.
L’altro annuisce.
<< Senti, credi proprio che Joseph fosse disperato a tal punto da togliersi la vita?>>.
<<A me-continua- era parso invece un giovane amante del vivere. In buona salute e con delle prospettive di lavoro e di una futura famiglia. Non certo un depresso, né uno squilibrato, come vogliono fare credere i poliziotti a Mbeya….>>.
Ancora silenzio.
Silenzio interrotto a tratti dai versi striduli di alcuni uccelli che, digiuno di ornitologia, diresti simili alle nostre cornacchie, che volano alti spostandosi dai rami di un albero all’altro.
Kurt, allora, decide di prendere Bart sotto braccio e lo invita con un sorriso accattivante a fare due passi assieme.
Il giovane infatti, piano piano, comincia a essere un po’ più a proprio agio.
Kurt vorrebbe portarlo fuori dalla fattoria magari, per essere ancora più libero di dialogare con lui.
Ma Gustav Gunder troverebbe insolita e sospetta la cosa.
Meglio di no.
Per non parlare delle intromissioni degli altri.
Pertanto è Kurt a condurre il gioco e a stimolare Bart, come può, cammino facendo.
Viene fuori difatti, inaspettatamente, molto adagio e con parecchie pause, che Joseph effettivamente la sera dell’uccisione di Dolly era proprio nei pressi della casa grande.
Poi aveva fatto rientro sul tardi in famiglia e Bart lo aveva visto cambiarsi in tutta fretta maglietta e pantaloni e sotterrarli, alcuni minuti dopo, nel terreno dietro casa.
Non si era posto domande al momento ma poi era ritornato sulla scena della notte precedente solo quando, al mattino, aveva saputo della morte di Dolly.
Nell’intera giornata poi,sempre Joseph, prima ancora che la polizia lo cercasse, era palesemente molto agitato.
E alle domande insistenti di Bart, alla fine, per trovare requie, aveva risposto e confidato qualcosa di terribile.
Joseph, a quanto pare, era stato incaricato dal signor Gunder di dare una lezione di vita a Dolly. Cioè di farle capire, con le buone o con le cattive, che era inutile frignare per costringerlo a rendere pubblica la loro relazione. La ragazza doveva accettare il sotterfugio.
Non si poteva altro.
Fidanzarsi semmai in ufficialità, come si usa, e sposare il ragazzo di Morogoro, di cui tutti sapevano e che consideravano un buon partito per lei, era piuttosto un’ottima scelta.
Lui, il padrone, di certo avrebbe aiutato economicamente, e anche molto generosamente, la coppia. Ma niente di più. Questo doveva essere ben chiaro alla ragazza.
In caso contrario la loro relazione sarebbe finita su due piedi.
E tutta la famiglia sarebbe stata mandata via dalla fattoria e sostituita con altri domestici.
Aspiranti, infatti, non ne mancavano di certo.
La penuria di lavoro fisso e una paga buona,dati i tempi, richiamavano uomini e donne, lì da quelle parti, come mosche sulla marmellata.
Sta di fatto – è sempre Bart , cui si è sciolta la lingua, che racconta - che Joseph quella sera non sia riuscito a convincere Dolly, mutatasi in una furia incontenibile a quelle parole e , poiché lei piaceva anche a lui, pare avesse provato a baciarla e a brancicare tra le sue sottane.
E le cose, com’è noto, erano finite purtroppo in violenza consumata e tanto sangue.
Quando il signor Gunder conobbe l’esito della sua ambasceria, subito obbliga Joseph, il suo ambasciatore, a tacere ed eventualmente ad addossarsi la colpa dell’omicidio, se scoperto.
Senza ombra di dubbio avrebbe ricompensato lui e la sua famiglia con parecchio denaro.
Ne poteva essere certo.
Ecco perché anche suo padre, il padre di Bart e di Joseph, recita la parte del genitore che, per salvaguardare l’onore del figlio e della sua famiglia, in conformità alle tradizioni , avrebbe indotto il suo primogenito a compiere un gesto orribile e disumano com’ è un omicidio.
Kurt ascolta attentamente e lascia che Bart continui a parlare e dica tutto quello che sa.
<<Saresti disposto-lo interrompe a un tratto- a testimoniare tutto questo in tribunale, Bart?>>.
Ma Bart non risponde e s’incupisce.
Anzi, all’improvviso, distanzia Kurt e prende, a passo di corsa, la strada di casa.
Il problema per Kurt adesso è quello di come convincere il ragazzo a parlare prima alla polizia e poi a un magistrato.
Impresa di fatto quasi impossibile, specie se si considera il prestigio e il potere di Gustav Gunder e, di contro, la povertà della famiglia di Bart, che dei soldi promessi dal padrone ha assoluto bisogno.
E poi, a maggior ragione, adesso che il capofamiglia è in carcere quel denaro, quando arriverà, sarà assolutamente come la manna dal cielo.
La mamma di Joseph e Bart è una donna gracile e malaticcia, sfiancata dalle fatiche e dalle ripetute gravidanze.
Non è mai andata a scuola ed ha sempre vissuto sfacchinando tanto nei campi che in casa, all’ombra del marito, che non era e non è uno stinco di santo, per riuscire a far mangiare ai suoi figli almeno un pasto al giorno.
E questo quando proprio le andava bene, andando a vendere al mercato i prodotti dell’orto e magari, qualche volta, anche qualche pollo sottratto al pollaio padronale senza che mama Betty o altri potessero accorgersene.
Perché c’erano dei giorni che non c’era proprio nulla da mettere a cucinare sul focolare di pietra.
E si andava a letto,dopo un’intera giornata, a pancia vuota. Grandi e piccoli indifferentemente.
Infatti la figlia maggiore, Ruth, una discreta adolescente, di nascosto dei familiari, aveva trovato assieme a una vicina di casa il modo fortunoso di raggiungere la città e fare, di tanto in tanto, qualche soldo facile, di cui nessuno in famiglia chiedeva mai spiegazioni.
(continua…)
Il rientro di Kurt non desta alcun sospetto negli ospiti della casa, che hanno tutti fatto colazione e che ora indugiano nel patio senza programma alcuno per la giornata.
Gustav Gunder, invece, che sta per andare a Mbeya per i suoi affari, precisa che in serata ci sarà una serata musicale molto speciale,cui parteciperà anche l’amico organista,quello che hanno avuto modo di conoscere ai funerali di Dolly.
I presenti sorridono e accettano l’invito ma Kurt coglie l’occasione per far sapere che sarà per lui l’ultimo giorno alla fattoria.
Zoe, che era impreparata, è molto sorpresa ma resta in silenzio.
Il padrone di casa domanda spiegazione di tanta fretta e Kurt, preparatissimo, adduce quale pretesto una chiamata improvvisa dalla Scania. Precisamente dal suo commissariato di Ystad.
Rientrare a Dar es Salaam, dare una mano a Henning per dirimere una bega locale con alcuni vicini di casa, fare un salto a Bunju da padre Alex e salutare qualche amico all’ospedale cittadino è tutto.
Poi la partenza.
Pure Henning è un tantino sorpreso. E lui e Rose Marie semplicemente abbozzano, riservandosi di domandare spiegazioni più tardi all’amico.
Kate si dice rammaricata in quanto avrebbe voluto seguire anche lei la compagnia a Bagamoyo ma non può, perché non ha ancora terminato il suo servizio fotografico, cui tiene particolarmente.
Gustav le ha promesso la visita presso alcuni quartieri periferici cittadini, che lei assolutamente non intende perdersi.
Tra questi, le raccontava l’amico giorni addietro, ce n’è uno particolarmente interessante, dove vivono solo ragazze-madri e i loro marmocchi.
E lì lavora un’organizzazioni non governativa tedesca, che lui conosce bene, i cui volontari si prendono cura delle madri e dei figli, alcuni dei quali nati sieropositivi.
Curano donne e bambini. Provano a dare loro un’istruzione e a insegnare un mestiere.
Perciò per Kate ancora permanenza lunga a “The Sun”.
E , infine, come tutte le cose che hanno di necessità un termine, volo per Londra e rientro a casa anche per lei.
Quando Kurt e Zoe restano soli in camera l’infermiera tedesca domanda spiegazioni. E il commissario le spiattella tutta la verità appresa dal giovane Bart, chiedendole ovviamente di tenere la bocca chiusa.
Gunder è un padrone tiranno come ce ne sono tanti,che approfitta della sua posizione di comando e tira i fili, da bravo burattinaio, nel teatrino della fattoria, dove si muovono, appunto come burattini, teleguidati, tutti i suoi dipendenti.
Questo, sottolinea con disgusto Kurt,non lo avrebbe immaginato per via dei modi cortesi dell’uomo e la generosità dell’accoglienza mostrata fin dal primo giorno.
Ma dopo il racconto del fratello di Joseph è tutto chiaro.
Ipocrisia padronale.
Denaro elargito per coprire misfatti d’ogni genere.
E la certezza certa ,che nessun processo e nessun magistrato , in loco,condannerà mai il maggiorente.
Chi ha denaro in contesti poveri ha comprato e compra tutto e tutti. Vecchia storia.
Ecco lo sconforto e l’impotenza di Joseph, che lo hannoportato a togliersi la vita.
E il padre di lui che, pensando al gruzzolo di denari giunto come dal cielo, con nessun sudore della fronte, accetta di obbedire al padrone e si lascia mettere in galera assieme al figlio.
I familiari tutti, gli altri, la nidiata povera e male in arnese, che se ne stanno muti e apatici come comparse di un film muto, sono la conferma.
E lo sono pure le lacrime irrefrenabili di Bart al mattino, quando apprende della morte violenta di Dolly, di cui già sapeva.
Tutto questo è terribile e inaccettabile sottolinea Kurt a Zoe. E non soltanto per me.
<<Qui non c’è giustizia. Bisogna andare via. Mondi troppo diversi. Ogni tentativo di riportare ordine è impossibile e si risolve inevitabilmente in frustrazione..>> sbotta ad alta voce l’uomo, incurante della sottigliezza delle pareti della stanza.
<<Se Dolly non fosse stata uccisa da Joseph, nulla esclude- aggiunge Kurt- che sarebbe finita in una di quelle case per ragazze madri in città.>>.
<<E, ancora, l’amicizia con l’organista, la dice lunga sulla condotta sessuale di Gustav Gunder.>>. <<Così come certe sue scelte musicali per commemorare la morticina in presenza dei suoi ospiti.>>
<<Dolly era la sua bambolina, probabilmente. La bambolina di Gustav tout court. I due compari, quasi certamente, giocavano al dottore con la piccola da sempre. Ecco perché Dolly stravedeva per Gustav.>>
<<Era semplicemente una ragazzina plagiata. >>.
<<Quando ha reclamato qualcosa per sé, si è subito ricorso a farla tacere per sempre.>>.
<<La mano omicida di Joseph era stata quanto di meglio Gustav potesse attendersi.>>.
Il concerto e la cena nella casa grande, quella sera, si svolgono con il consueto stile ma l’atmosfera non è più la stessa dei primi giorni di soggiorno.
Kurt ha detto poche cose a Henning e l’amico scrittore ha compreso benissimo.
Pertanto, appena possibile, si va tutti in camera a preparare i bagagli per la partenza dell’indomani.
La fretta la si giustifica con gli impegni di Kurt e il rientro al lavoro, in ospedale, di Zoe.
Kate, rimasta sola con Gustav e l’amico,si apparta con i due uomini per progettare la visita alle periferie di Mbeya.
Pare che Paul, l’organista, voglia esserci anche lui nel giro che la coppia Gustav e Kate hanno in programma per l’indomani.
Seduto vicinissimo a Kate sul divano, tanto da sfiorarle il fianco,Paul poggia, fingendosi distratto, una mano sul ginocchio della donna e poi la ritrae e si scusa.
Lei non dà peso alla cosa, o almeno così appare all’uomo che, sentendosi autorizzato dal comportamento della donna, introduce la mano sotto la stoffa morbida dell’abito e sfiora con dolcezza la coscia della donna accarezzandola.
Le intenzioni di entrambi sono palesi.
Lui la vuole e lei ci sta.
Così Gustav si allontana con discrezione dalla sala della musica e raggiunge anch’egli la propria camera da letto.
Le ore della notte passano in fretta.
Di prima mattina i quattro, Kurt, Zoe, Henning e Rose Marie, diretti all’aeroporto, salutano e ringraziano dell’accoglienza impeccabile.
E, accompagnati dal servizievole Peter col fuoristrada del padrone lasciano la fattoria.
Torneranno?
Gunder fa gli onori di casa fino all’ultimo e sempre con la consueta gentilezza e garbo senza evidenziare disagio alcuno.
Kurt, invece, che si sente ribollire dentro, non vede l’ora di allontanarsi dalla vista di quell’uomo, che lo disgusta.
(fine della prima parte)
Marianna Micheluzzi(Ukundimana)