Magazine Economia
La crisi della Grecia e una sua possibile uscita dall’euro, in realtà per nulla auspicata, tutta’altro, pongono da giorni dubbi e domande sulle possibile conseguenze che una tale decisione potrebbe avere. E ci si chiede se l’Europa sarà in grande di mantenere il suo ‘assetto dei 17’.
La paura, in Grecia, dilaga da mesi nelle piazze e nelle strade e cresce ora, con lo spettro dell'uscita dall'euro. I ripetuti incidenti di Patrasso tra immigrati, neonazisti e polizia ne sono la prova...
All'indomani di un vertice Ue che sulla questione Grecia non è stato troppo chiaro, l'atmosfera è pesante e la povertà cresce. In molti negli ultimi tempi ritengono che un'eventuale uscita dall'euro dei Paesi periferici dell'area, e cioè quelli con il debito pubblico più alto, tra cui la nostra Italia insieme a Spagna, Portogallo, comporterebbe un'esplosione dei rendimenti dei bond, riportandoli ai livelli pre-euro.
Un'analisi di John Greenwood, chief economist di Invesco, ha evidenziato che nel 1993, i Bund a 10 anni pagavano il 6,5%, i rispettivi Btp il 10,8%, i Bonos il 9,9%, gli Oat francesi il 6,45%, i bond del Portogallo il 10,57% e i bond di Dublino il 7,3%, livelli decisamente superiori a quelli attuali.
Spostandosi poi a fine 1997, quindi sempre nella fase pre-euro, il quadro cambia profondamente: i Bund tedeschi pagavano il 5,5%, i Btp il 6,1%, i Bonos il 5,9% e anche i titoli di Francia, Irlanda e Portogallo si mantenevano fra il 5,5% e il 6%, quindi i bond di Spagna e Italia si attestavano sugli stessi livelli attuali, mentre Portogallo e Irlanda oggi pagano di più.
Questi numeri sembrano confermare che effettivamente la forte crisi che l’eurozona sta affrontando sta riportando i bond sui livelli pre-euro e ciò significa che probabilmente i Paesi periferici più che godere della moneta unica ne stiano in realtà risentendo. source
di Marianna Quatraro
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