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Ritratti: Vittorio Gassman

Creato il 04 agosto 2013 da Candidonews @Candidonews

RITRATTI GASSMAN

L’attore è un bugiardo al quale si chiede la massima sincerità.

Il numero di oggi di ‘Ritratti‘ è dedicato ad uno scrittore, regista teatrale, attore e personaggio televisivo. Questo ed altro è stato Vittorio Gassman.

Nato nel 1922 a Genova da padre tedesco, il giovane Vittorio si rivelò subito artisticamente dotato. Nel 1943 debuttò in teatro con la Nemica di Dario Niccodemi della compagnia di Ada Borelli. Il vero successo arrivò qualche anno dopo  nella Compagnia Adani Calindri Carraro Gassman:

«Questa compagnia fu per due anni la beniamina del pubblico milanese, anche perché stavamo sempre in città. Eravamo obbligati a rinnovare il repertorio continuamente, questo è stato il mio primo periodo di apprendistato tecnico, mi pare che in un anno facemmo trentasei commedie, cioè una ogni lunedì: quindi un esercizio di memoria che diventò una vera prova di tecnica».

Come scrittore vinse il premio letterario Fogazzaro col racconto Luca de’ numeri. La consacrazione arrivò con Luchino Visconti. Nel 1949 con Un tram che si chiama desiderio (edizione molto apprezzata dallo stesso Tennessee Williams che la considerò addirittura migliore di quella americana) Quindi recitò in Rosalinda di Shakespeare e nell’Oreste di Vittorio Alfieri. In quel periodo fu al cinema con Riso amaro.

Nel 1952, assieme a Luigi Squarzina, fondò e diresse il Teatro d’Arte Italiano, producendo la prima versione completa dell’Amleto in Italia, oltre a opere rare come il Tieste di Seneca o I Persiani di Eschilo.

Quattro figli da quattro compagne diverse, Vittorio Gassman ebbe anche amori tormentati, per la gioia della stampa dell’epoca:

Shelley Winters (ex moglie) arriva come una furia nel proscenio del teatro Carlo Felice di Genova – dove Gassman e Anna Maria Ferrero recitano nell’Amleto – e aggredisce la rivale con una forbice. Gassman frappone il suo petto tra le contendenti. La scena, il 4 aprile 1954, diventa una copertina della Domenica del Corriere disegnata da Walter Molino.

Il 1959 fu un anno fondamentale, arrivò infatti il grande successo televisivo de Il Mattatore, sul Programma Nazionale (Rai1), una delle prime trasmissioni di intrattenimento importanti della RAI. Articolata in dieci puntate, ideata assieme a Guido Rocca, Federico Zardi e Indro Montanelli per la regia di Daniele Danza, durante il programma vi furono anche momenti di polemica:

• Alla sesta puntata de Il Mattatore i dirigenti Rai sopprimono uno sketch che sfotte il «commendatore nocchiero», cioè l’ex sindaco di Napoli Achille Lauro e le sue distribuzioni di scarpe e spaghetti. Quella sera stessa Vittorio Gassman minaccia di piantare in asso la tv, ma poi si riconcilia coi grossi papaveri televisivi.

Il Mattatore fu comunque così ben riuscito da diventare, per sempre, il soprannome dello stesso attore.

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Sul finire degli anni ’50 e per tutti gli anni ’60 si aprì un periodo di grandi soddisfazioni nel campo cinematografico. Film come I soliti ignoti (1958), La grande guerra (1959), Il sorpasso (1962) di Dino Risi, I mostri (1963) e L’armata Brancaleone (1966) resero Gassman uno dei grandi attori della ‘commedia all’Italiana’.

Gli anni Settanta: 1971. Festival di San Sebastian: premio per la migliore interpretazione per Brancaleone alle crociate di Monicelli.1972. Terzo film come regista: Senza famiglia, nullatenenti cercano affetto, che riceve il Globo d’oro l’anno successivo. 1974. torna a ispirarsi alla vita e al mito di Edmund Kean con O Cesare o nessuno. Poi l’interpretazione di Profumo di donna. 1977. A novembre grande successo con Affabulazione di Pier Paolo Pasolini. 1979. Premio David di Donatello per l’interpretazione di Caro papà di Dino Risi.

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Attivo sempre nel cinema, sia in Italia che all’estero. In nome del popolo italiano (1971), C’eravamo tanto amati (1974), Profumo di donna (1974), Anima persa (1977), Un matrimonio, di Altman (1978), Caro papà (1979), La famiglia (1987), Lo zio indegno (1989) e Tolgo il disturbo (1990).

Nonostante i suoi successi cinematografici Gassman non abbandonò mai il teatro, nell’ultima parte della sua carriera aggiunse la poesia al suo repertorio, aiutando a far conoscere in Italia alcune opere straniere:

Diresse l’Adelchi, una delle opere meno note e meno “facili” di Alessandro Manzoni. La tournée di questo spettacolo raccolse mezzo milione di spettatori, attraversando l’Italia con il suo Teatro Popolare Itinerante (una nuova edizione del famoso Carro di Tespi). Le sue produzioni teatrali comprendono molti dei più famosi autori del XX secolo, oltre a frequenti ritorni ai classici come Shakespeare, Dostoevskij e i grandi drammaturghi greci. Fondò inoltre una scuola di teatro a Firenze, quella Bottega Teatrale che diresse personalmente dal 1979 al 1991 e che è stata una protagonista del mondo culturale fiorentino

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Gli ultimi anni nel grande schermo. Il lungo inverno di Jaime Camino (1992), Sleepers di Barry Levinson (1996), regalando una splendida caratterizzazione del vecchio mafioso King Benny, e La cena di Ettore Scola (1998). In televisione ebbero successo gli appuntamenti con ‘Gassman legge Dante’.

Uomo tormentato, preda dell’alcoolismo e della depressione (per cui dovette anche interrompere, nel 1994, le recite milanesi di Camper, spettacolo scritto, diretto e interpretato da lui stesso con il figlio Alessandro), inizialmente ateo Vittorio Gassman, sul finire della sua vita riscoprì la fede:

«Avevo smesso di andare a messa tantissimi anni fa. Lo trovavo un rito vuoto, ripetitivo… Da un po’ di tempo invece alla messa dei Camaldolesi, al Celio, ci vado. La trovo convincente». È tornato a credere? «Son pieno di dubbi, dubbi, dubbi… Ma loro stessi, i frati, mi dicono d’averne. Fanno parte della spiritualità. Oggi credo, tutto sommato, di essere un credente»

Nel 1999 il ritirò dalle scene. In una delle sue ultime intervista, sempre del 1999, dichiarava:

Dice che non è sicuro dell’esistenza del Paradiso: «Ma non ho particolare urgenza di constatarlo direttamente perché anche se non la vivo con ossessione, trovo questa ineluttabilità della morte un fatto deprecabile e di pessimo gusto. Comunque, ammettendo che il Paradiso esista, mi auguro di non andarci: deve essere terribilmente noioso. Mi è decisamente più congeniale il Purgatorio, così simile alla vita con i suoi alti e bassi. Io però invece di un “dopo”, mi accontenterei di due vite vere sulla Terra. La prima per esercitarsi e capire; la seconda per agire»

Vittorio Gassman morì a Roma il 29 giugno 2000. Sulla tomba, l’epitaffio che Gassman s’era scritto da solo: «Non fu mai impallato»

Fonti:

http://it.wikipedia.org/wiki/Vittorio_Gassman

http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerThread.php?threadId=vittoriogassman


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