Ritratto di Signora: Io ed Anne Hathaway

Da Mik_94
Buon lunedì a tutti, amici! Dopo essere saltato a causa della Pasquetta, quest'oggi torna l'appuntamento mensile con la rubrica Ritratto di Signora e il pezzo di questo mese è proprio mio. Dopo Marilyn Monroe (qui), questa volta ho deciso di parlare di un'altra attrice, il cui talento è stato riconosciuto definitivamente durante la scorsa notte degli Oscar. Che mi piaceva da impazzire già lo sapevate tutti, ma ora, in questa particolarissima versione della sua biografia, ho deciso di celebrarla come attrice, moglie e donna attraverso le sensazioni e i ricordi legati ai suoi film più belli. Sto parlando della splendida Anne Hathaway. Ringraziando Monica, Miki, Clara, Fede e Francesca – che ospiteranno il mio articolo sui loro bellissimi blog – vi saluto e vi auguro una buona lettura. Fatemi sapere, come sempre, cosa ne pensate. Un abbraccio, M.
22 Febbraio 2013. Notte di stelle e paparazzi. Notte di fotografi e abiti eleganti. Notte di festa e cinema: la notte degli Oscar. Non sono mancate le sorprese e le risate. Quelle ci sono sempre, anche a Los Angeles. Chi è la diva con il vestito più bello, quella con il vestito più brutto, quella con il vestito talmente corto ed indecente da essere stato dato per disperso nella folla di flute di champagne e smoking maschili. Chi è la diva più brava. Sale sul palco Christopher Plummer, di cui ogni singola ruga e ogni singolo capello bianco lo rendono una leggenda in terra. Sarà lui a svelare il nome della “migliore attrice non protagonista” in un anno di grande cinema. Dall'alto del palcoscenico premierà l'unica che, in dieci minuti di apparizione complessivi, è riuscita a rubare la scena ad attori che, bravi ed instancabili, hanno dato il meglio di sé per ore e ore di pellicola. Appena una comparsa, ma in grado rubarti il cuore e il cervello. Di incantarti perdutamente e farti piangere inevitabilmente. In platea, donne di età diverse e con vissuti diversi, sono in attesa. Grandi attrici in fila come dal dentista: tese e segretamente speranzose, come se quella fosse la prima volta sotto i riflettori. Tutte aspettano, ma Cristopher chiama un solo nome. Silenzio, poi applausi, poi un avvolgente e intensa colonna sonora fatta partire come per magia dai registi dello show. Le telecamere si perdono per qualche attimo. Dalla poltroncina rossa dovrebbe alzarsi, vittoriosa, una giovane donna, ma quella che io vedo è una ragazzina impacciata. Finita lì per caso. Dalla sua cameretta rosa, tappezzata di poster di attrici e attori famosi, al Red Carpet. Capelli crespi, occhiali tondeggianti, una divisa scolastica che termina in una gonna a scacchi blu e in un paio di calzettoni neri. Si guarda intorno confusa, muove primi passi incerti e poco eleganti. Cerca approvazioni. Al passo successivo è un bellissimo cigno. Una principessa felice in una commedia Disney. Era il 2001 e lei, da secchiona a erede al trono, aveva regnato felicemente sul regno di Genovia in Pretty Princess e nel sequel Principe azzurro cercasi, con un'anziana e sempre affascinante Mary Poppins come nonna d'eccezione. Con i suoi occhi grandi ed innocenti aveva cercato di affermarsi, aveva cercato approvazione: l'aveva trovata nella folla di bambini e bambine, ragazzi e ragazze, mamme e papà che, come se fosse la protagonista di un classico natalizio per la TV, l'avevano vista piangere, ridere, innamorarsi e sbocciare all'infinito sotto la direzione dal regista di Pretty Woman, Garry Marshall. Nessuno si è ancora mai stancata di vedere quel film non-stop.Poi, sempre più grande e professionale, ma comunque vicina a un mondo di favole, ha recitato da protagonista in Ella Enchanted, avvolta in abiti lunghi e dai colori pastello, da una colonna sonora che aveva messo alla prova la sua limpida voce con i successi dei Queen ed Elton John, dalle braccia di un principe che – in groppa a un unicorno bianco – correva per spezzare l'incantesimo che la rendeva schiava di ogni ordine, di ogni parola.Mentre gli applausi continuano solo per lei, mette un passo dietro l'altro con una grazia acquisita d'un tratto. Tacchi alti, frangia bruna, sorriso più aperto e luminoso. Gli scandali arrivano con il nudo in Havoc-Fuori Controllo, il successo con la brillante interpretazione in I segreti di Brokeback Mountain, la consacrazione definitiva con il patinato e divertentissimo Il Diavolo veste PradaE' un simpatico e sbadato agente segreto in Casino Totale, un'audace psicologa tra i misteri e gli spettri di Passengers – Mistero ad alta quota, un'inedita Jane Austen in Becoming Jane. L'autrice di Orgoglio e Pregiudizio, Emma e Ragione & Sentimento rivive nei suoi gesti, nella sua naturale dolcezza, nella sua interpretazione che dà umanità e vita a un mito di donna, a una leggenda di scrittrice.Mentre già ha in programma il ruolo di sposa sull'orlo di una crisi di nervi nel disimpegnato Bride Wars, una parte in Appuntamento con l'amore e una parrucca biondo platino ed un abito bianco nelle vesti della Regina Bianca di Alice in Wonderland, arriva la prima nomination agli Oscar. Rachel sta per sposarsi: un melodramma indipendente, amato dai critici e un po' meno dagli spettatori come il sottoscritto, in cui lei diventa Ky, una tossicodipendente che, abbandonate le follie della riabilitazione, si trova coinvolta nelle follie dell'organizzazione del matrimonio della sorella. Quella volta non vince, ma continuano a piovere fortunati ingaggi. Sempre più donna, si mette a nudo nella commedia sentimentale Amore e altri rimedi. L'alchimia tra lei e Jake Gyllehaal è qualcosa di fuori dall'ordinario. Si amano con trasporto, completamente, ma sono così belli insieme che non fanno alcuno scandalo. Lei è fine ed elegante anche senza i vestiti addosso, grazie a una sceneggiatura intelligente e ad una prova attoriale sexy e struggente al tempo stesso. Ricordo ancora una scena in cui, affetta precocemente dal morbo di Parkinson, non riuscendo a combattere il tremare delle sue mani, lascia frantumare a terra un bicchiere di vetro. Urla per la disperazione, per l'impotenza. E io ho avuto i brividi ovunque, fino alla conclusione.Evidentemente è destino che mi riduca a una valle di lacrime, non lo so. Il suo film successivo, infatti, è One Day, tratto dal capolavoro di David Nicholls. Lei è Emma.  Uno dei miei personaggi preferiti, per uno dei miei libri preferiti, per una delle mie attrici preferiti. Un trio decisamente vincente! La vediamo crescere sul grande schermo nell'arco di un solo film: dai capelli cotonati degli anni '80, dal suo amore per le boy band degli anni '90 a uno sbarazzino taglio da maschietto, al giorno d'oggi. Incredibili ed unici, lei e il suo partner Jim Sturgess, nel finale, mi hanno distrutto. Il momento è quasi giunto. Manca solo un ultimo step per vederla oggi, fiera e vittoriosa in cima al palco. Il suo penultimo film è Il ritorno del cavaliere oscuro, il capitolo conclusivo della trilogia di Cristopher Nolan. La sua timidezza e il suo sorriso contagioso questa volta non sono richiesti nel copione: è la sensuale, letale, scaltra Catwoman. Un girocollo di perle, una tutina attillata che sta certamente meglio a lei che al massiccio Batman, una ruggente motocicletta da domare. Alcuni, forse per la prima volta, l'hanno ritenuta fuori parte. Ma io, per la prima volta, mi sono concesso la visione del kolossal di Nolan. Solo perché c'era lei.E infine eccola. Sulla vetta. Così diversa da quando l'avevamo vista la prima volta.Alla fine del suo percorso, eppure soltanto all'inizio. Ha appena trent'anni, ma il suo nome già è dappertutto.Sale sul palcoscenico sollevandosi il bordo sottile dell'abito con la mano esile. Ringrazia il presentatore e, con l'Oscar in mano, si volta verso il pubblico. Verso noi.E' Anne Hathaway. Ha i capelli cortissimi, da elfo, uno stretto vestito color avorio, la pelle bianca, il sorriso e gli occhi infiniti come l'oceano che tante volte avrà sorvolato.E' magrissima, ma ha detto addio alle sue forme floride solo per esigenze di copione. Lo giura. Pesa undici chili in meno, ma è felice. Perché ha recitato nel film della sua vita. Perché ha avuta il ruolo che, anni prima, a teatro, era stato di sua madre. In Les Miserables ha dato la voce e l'anima. Il suo ruolo, quello di Fantine, è uno dei più brevi ed infelici dell'opera. Ma uno dei più indimenticabili. Senza più capelli, denti, dignità e sogni, è una donna non destinata al lieto fine. Urla contro un amore subito tramontato, un Dio crudele e una figlia lontana dai suoi abbracci. Lei canta, lo spettatore la accompagna in un coro di singhiozzi. Le sue labbra screpolate, poco attente ai virtuosismi, diventano un taglio per sputare fuori ogni dolore. E vederla così - piccola come un uccellino, indifesa, con i capelli rasati a zero, il volto emaciato per i troppi chili persi e quegli splendidi occhi nocciola mai così grandi e umidicci – ferisce a morte, ti uccide.Adesso, scherza col regista in un modo tutto suo, ringrazia il compagno d'avventura Hugh Jackman, la sua amata famiglia. Dichiara ancora e ancora il suo amore per il marito, l'attore Adam Shulman: l'uomo che ogni giorno rende la sua vita degna di essere vissuta. Hanno rimandato perfino il giorno del matrimonio, quei due: Anne non ha voluto sposarsi prima che i suoi capelli ricrescessero un po'. In testa aveva una sottile lanugine bruna, alla fine, ma era magnifica comunque. Piccola, emaciata, ma con uno sguardo luminoso come stelle a portata di mano. Secondo alcuni, è lei la nuova Audrey. Non posso che concordare... Questi paragoni a lei non piacciono, come non le piace che ogni sua parola sia catturata dai giornalisti. Invece dovrebbe, perché quando si parla di lei in prima pagina non ci sono mai scandali e sordidi segreti. Ma alcuni, mossi da un astio cieco, stupido e del tutto inspiegabile, attaccano ogni sua parola. Sono partite prima parodie a raffica della sua meravigliosa I dreamed a dream, poi sono volate parole pesanti. Sul suo abbigliamento, su qualche lacrima di troppo che le è balenata sul viso la notte della premiazione, sul fatto che – con i suoi discorsi semplicissimi, considerati spesso forzatamente edulcorati – sia un'offesa per la donna emancipata. E solo perché, commossa, si era augurata che storie come quella della sua Fantine rimanessero tragedie lontane da una realtà che, in cuor suo, vuole solo più pulita. Certa gente, evidentemente, ha una cattiva parola per tutti, ma lei ribatte: «Lo ammetto, mi hanno ferito, ma nella vita c’è sempre il rovescio della medaglia, e io cerco di concentrarmi sul lato positivo». Anne dà buoni esempi; dall'alto del suo metro e settantatré guarda tutti dall'alto in basso, ma non giudica. E' cresciuta in una famiglia di artisti, in una casa che praticamente era un teatro. Ha vissuto con un fratello maggiore gay, e ha imparato – sotto la guida di una famiglia aperta ed esemplare – che unicità e diversità sono in assonanza. Lei, educata da genitori cattolici, si è allontanata da una Chiesa che nel 2013 non vuole ancora capirlo. Vuole solo che suo fratello sia felice. Che come lei conosca l'emozione di dire sì sull'altare, accanto alla persona della sua vita. Uomo o donna? Poco importa. Degno di nota il suo discorso: «Nella mia famiglia essere gay non è mai stato un problema. Quando mio fratello ha fatto coming out, l'abbiamo abbracciato, gli abbiamo detto di amarlo ed è finita lì. Per la cronaca, noi non crediamo ci sia nulla di alternativo nei nostri valori familiari. Ci sono persone che han detto che sono coraggiosa a supportare apertamente il matrimonio e le adozioni gay. Con tutto il dovuto rispetto, disapprovo umilmente. Io non mi comporto in modo coraggioso, mi comporto da essere umano decente. L'amore è un'esperienza umana, non una dichiarazione politica».

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