La sepoltura di Horemheb ad Abydos. A sinistra i muri massicci dell'ingresso
che dovevano essere la base di sostegno della scomparsa piramide
(Foto: Kevin Cahall)
Il sarcofago di Horemheb presenta le raffigurazioni di diverse divinità ed iscrizioni geroglifiche che rimandano ad incantesimi presenti nel Libro dei Morti. Non è stata, purtroppo, ritrovata la mummia dello scriba, soltanto alcuni resti umani sopravvissuti ai saccheggi. Tra i resti umani vi sono quelli, disarticolati, degli scheletri di tre o quattro uomini, 10-12 donne e almeno due bambini.
Gli archeologi ritengono che le camere in cui era custodito il sarcofago ed in cui giacevano i resti scheletrici ritrovati, dovevano un tempo essere situate sotto la superficie del terreno, lasciando emergere, al di sopra, solamente la piramide circondata da un basso muro. All'interno della piramide, forse, vi era una cappella funeraria nella quale era custodita una statua o una stele con i nomi dei defunti sepolti nella tomba. Quello che oggi rimane di questa piramide sono solo le spesse mura del viale di accesso alla tomba, che dovrebbero essere state la base stessa della piramide.
Il sarcofago di arenaria rossa su cui è inciso il nome di Horemheb
(Foto: Kevin Cahall)
I ricercatori ritengono che la famiglia di Horemheb avesse legami con l'elite militare egiziana, il che spiegherebbe la sontuosità della tomba. In uno dei vani di quest'ultima sono stati scoperti una serie di ushabti con inciso "Sovrintendente della scuderia, Ramesu (od anche Ramses)". Gli archeologi pensano si tratti del padre o del fratello di Horemheb, mentre il titolo di "Sovrintendente della scuderia" era sicuramente un titolo militare.
Nella sepoltura sono custodite ossa che appartengono, per la maggior parte, a donne il che fa pensare che Horemheb e Ramesu avessero più mogli. La poligamia era una pratica assodata per i faraoni, non si bene, però, se fosse diffusa anche tra i funzionari ed i nobili. Un'altra spiegazione è che la tomba sia stata utilizzata da più generazioni della famiglia di Horemheb e di Ramesu, finendo per ospitare figlie, madri, cugine ed altre parenti allo stesso tempo, ma potrebbe essere anche stata riutilizzata da estranei in momenti successivi della storia d'Egitto. Si attende una risposta a questo quesito dall'esame al radiocarbonio delle ossa.
Tra gli oggetti sopravvissuti al saccheggio della tomba di Horemheb è stato ritrovato un amuleto di diaspro rosso e verde, rotto in tre pezzi. Si tratta di un amuleto molto raro, solitamente posto sul petto dei defunti. Probabilmente la mummia di Horemheb era stata anche abbellita da collane d'oro purtroppo scomparse. L'amuleto di diaspro, detto "amuleto del cuore", era legato ai riti e agli incantesimi presenti nel Libro dei Morti. Gli antichi egizi, infatti, credevano che il cuore fosse il centro dell'intelligenza ed era per questo che rimuovevano il cervello ritenendolo un organo inutile. Era, inoltre, il cuore a venir sottoposto alla "pesa" nella cerimonia della psicostasia, che doveva rilevarne la leggerezza conseguente ad una vita a cui era aliena la menzogna.