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Riusciranno i nostri eroi… – Ettore Scola, 1968

Creato il 04 giugno 2014 da Paolo_ottomano @cinemastino

riusciranno i nostri eroiRiusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa? è il primo film che Age e Scarpelli scrivono per Ettore Scola, nel 1968. Fin dai primi minuti il personaggio di Sordi, l’editore di enciclopedie Fausto, è minu­ziosamente caratterizzato come i suoi precedenti ritratti: pignolo, snervante, presuntuoso, tronfio, saccente, finto uomo di mondo, e non manca dell’autocitazionismo nel cognome Lombardozzi, nominato dallo stesso Sordi mentre parla con un tassista. La sceneggiatura è ben strutturata, piena di pic­coli eventi che caratterizzano i personaggi e che non lasciano nulla al caso; come al solito, non si ride solo per singole battute ma per la vicenda un po’ surreale e non ancora pregna di quella critica politica, tipica di Ettore Scola. L’obiettivo di Fausto, accompagnato dal suo ragioniere, è ritrovare il cognato Oreste (Nino Manfredi), appunto scomparso in Angola qualche anno prima. Fausto coglie quest’opportunità come un modo per evadere dal grigiore e dall’ipocrisia della sua vita urbana, che non sopporta più ma alla quale, come si evince dalla sua vicenda nel complesso e dal finale della storia, non riesce a ri­nunciare. È un turista in viaggio di piacere, che vagheggia una vita selvaggia, immersa nella natura che in realtà gli è più ostile della sua società natia. «Fi­nalmente si esce dalla topaia!» dice Fausto, «Siamo due uomini che vanno alla ricerca di un altro uomo», ma sono anche alla ricerca di se stessi.

L’ispirazione al romanzo Cuore di tenebra è dichiarata, dagli autori e dallo stesso protagonista: una rivisitazione comica della storia che smaschera le velleità di un borghese in fuga dal suo mondo verso un’utopia, prima, e rafforza invece nel personaggio di Oreste la convinzione che è preferibile non tornare indietro poi, una volta sperimentata fino in fondo la vita da capo tribù. Le difficoltà e le sfide che una vita selvaggia gli pone sono più sopportabili e gratificanti di quanto non fos­sero gli stress della sua vita precedente, ed è proprio alla fine che emerge più netta la differenza tra Fausto e Oreste: il secondo si ributta in mare per tor­nare dai suoi sudditi, e il primo rimane invece sulla barca che, presumibil­mente, lo riporterà a casa.

Paolo Ottomano


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