BICEFALO - Vuoto o con il cervello? E... il cuore?
La rivoluzione sovietica è un tentativo per: attuare l’abolizione dello sfruttamento, affermare il principio dell’uguaglianza, il governo di liberi lavoratori di una libera nazione.
RIVOLUZIONE D’OTTOBRE
E quando non ci fu più che di andare sulle barricate,
scegliendo il giorno nella serie delle settimane,
Lenin stesso apparve a Pietrogrado:
“ Compagni, basta! Troppo a lungo! “
Il giogo del capitale, il mostro della fame,
il banditismo delle guerre, i ladri interventisti,
basta! Esse sembreranno più bianche dei nei
sul corpo di nonna della storia antica.
E guardando di laggiù queste giornate
vedrai dapprima la testa di Lenin:
Essa è lo scintillante passaggio
dalla schiavitù di dieci millenni
ai secoli della Comune.
Passeranno gli anni
degli attuali tormenti,
coll’anno della Comune si scaldano gli anni,
e la felicità, come la dolcezza di enormi lamponi,
maturerà sui rossi fiori d’ottobre.
E allora ai lettori delle parole di Lenin,
che sfoglieranno i fogli ingialliti dei decreti,
spunteranno le lacrime, strappate dal confronto
e il sangue batterà alle tempie per l’emozione.
Quando io rivedo ciò che ho vissuto,
e scavo nei giorni, lucente
io ricordo sempre la stessa cosa:
venticinque, il primo giorno.
Con le baionette s’infigge il lampo,
i marinai giocano con le bombe, come fossero palle.
Nel fragore sussulta il palazzo Smolnyj messo a soqquadro.
Sotto, fra i nastri di cartucce i mitraglieri.
“ Voi !“ chiama il compagno Stalin.
“ A destra, la terra “. Egli è là.
- Compagni, non arrestarsi! Che vi piglia?
Ai treni blindati e all’ ufficio postale! -
- Sì! - si volta e scompare.
E sotto la lampada sul berretto del marinaio
brillò soltanto “ Aurora “.
Chi si lancia con un ordine, chi discute fra la gente
chi scatta col caricatore sul ginocchio sinistro…
Qui, venendo senza rumore
dall’altra parte del corridoio, passò Lenin inosservato.
I soldati che già da Iljic furono guidati alla lotta,
ma non conoscendolo ancora dai ritratti,
si urtavano, urlavano, si emulavano più taglienti dei rasoi.
E in questa bufera di ferro agognata,
Iljic, quasi sonnolento,
camminava, si fermava e, aggrottando le ciglia,
interveniva, mettendo le mani dietro la schiena,
su qualche ragazzo cencioso capelluto
fissava l’occhio che batte senza sbagliare,
come se dipanasse il cuore sotto le parole
come se estraesse l’anima da sotto le frasi.
Ed io sapevo che tutto era chiarito e capito,
e questo occhio certo coglieva
il grido contadino e gli urli del fronte,
e la volontà di quelli di Nobel e la volontà delle officine Putilov.
Egli girava nel cranio centinaia di provincie,
portava un miliardo e mezzo di uomini.
Egli soppesava il mondo nel corso della notte.
E la mattina:
- A tutti! A tutti! A tutti i fronti ubriachi di sangue,
agli schiavi d’ogni genere,
dati in schiavitù ai ricchi.
Il potere ai Soviet!
La terra ai contadini!
Il mondo ai popoli!
Il pane agli affamati!
I borghesi lessero, e : “ aspettate, vi arrangeremo! “
“ Vi faranno vedere Denikin e Kornilov!
Ve la faranno veder Gutokov e Kerenskij! “
Ma quelle parole presero il fronte senza combattere,
la campagna e la città inondate di decreti,
e anche gli analfabeti ebbero il cuore bruciato.
Noi lo sappiamo: a loro hanno mostrato, e non a noi,
che cosa vuol dire “ mettervi a posto “.
Passò dagli uni agli altri,
dai vicini ai lontani sollevò il cuore: “ Pace alle capanne
guerra, guerra, guerra ai palazzi! “.
Si batterono in ogni officina e bottega,
sollevarono la polvere nelle città; e dietro
il passo di ottobre fu la successione
di palazzi nobili incendiati.
La terra: una lettiera sotto le frustate degli altri, - ed ecco, che
il contadino alle prese, come una pagnotta nel sacco
con tutti i suoi ruscelli e le sue colline, e la seminò, e la lavorò.
Sputando rabbia negli occhiali della bocca di leone,
accorsero là, dov’erano regni, dov’erano tenute.
La strada è come una tovaglia! - Anchè ad ogni cuoca
noi insegneremo a dirigere lo stato!
VLADIMIR MAIAKOVSKIJ