Rivoluzione nel calcio italiano: i punti cardini della riforma-Tavecchio

Creato il 12 settembre 2014 da Nicola933
di Anna Ambrosio - 12 settembre 2014

Di Anna Ambrosio. La Serie A cambia pelle, e con lei tutto il calcio italiano. Dai vivai alla Lega Pro, fino alle serie più ambite, la A e la B. La crisi degli ultimi anni infatti e la rovinosa trasferta estiva in Brasile, con annessa figuraccia italiana, hanno spinto i vertici della figc a dar vita a quel cambiamento che ci si auspicava da tempo. La rinascita del calcio nostrano e della nazionale, apparsa in ripresa nelle ultime due uscite grazie alla cura Conte, passa insomma per quello che un tempo era considerato uno dei campionati più belli d’Europa. Da questo punto di vista se si guarda oltre i confini nazionali, in campo europeo, il confronto non regge più. Sono ormai lontani i tempi in cui i ritmi della serie A dettavano il tempo in tutta Europa e, non a caso, la riforma  arriva con un decennio di ritardo rispetto alle altre nazioni, da tempo portatesi al passo con un calcio rinnovato e profondamente mutato nei suoi meccanismi più semplici. Che sia sul modello inglese o francese, spagnolo o tedesco, poco importa, insomma. A contare è che la riforma calcistica a cui la serie A si sta preparando ridia vigore, spessore e fama ad un campionato scelto ormai in maggioranza o da vecchie glorie in declino o da giovani talenti in cerca di un trampolino di lancio da cui saltar via. Tanti punti da trattare, dunque, per il governo-Tavecchio che nella giornata di oggi si riunirà e dinnanzi a l’ormai onnipresente Claudio Lotito discuterà della nuova idea di “Calcio Italiano”. La riforma passerà per alcuni punti fondamentali che riguardano nello specifico: i club, la Serie A, la Serie B, la Lega Pro e gli allenatori.

I CLUB – La figc punta ad una rigida regolamentazione dei tesserati, regolamento in vigore da anni in molte nazioni europee, per cui le rose dovranno contare un numero di calciatori non superiore a 25, un terzo dei quali dovrà obbligatoriamente provenire dal settore giovanile ed essere sotto contratto da almeno 3 anni. Un modo, questo, per valorizzare i vivai e le giovani proposte italiane a cui in molti casi è mancato lo spazio ed il tempo per poter sviluppare il proprio talento. Il cavillo legato alle società è quello che, seppur silenziosamente, più preoccupa numerose dirigenze italiane che si ritrovano a gestire rose molto più ampie e con un numero di italiani e giovani provenienti dal vivaio nettamente inferiore.

SERIE A, SERIE B, LEGA PRO – Per quanto riguarda i campionati italiani, la squadra di Tavecchio è decisa a diminuire sensibilmente il numero dei partecipanti portando la serie A da un numero di 20 ad un numero di 18 squadre. Stessa cosa accadrà in serie B in cui, in seguito al taglio di due posti, le partecipanti saranno ridotte a 20. La Lega Pro, infine, registrerà il cambiamento più sensibile. Il numero delle squadre ammesse, infatti, verrà ridotto dai 60 odierni a 40, secondo alcuni anche 36.

GLI ALLENATORI – Per quanto riguarda gli allenatori, invece, durante il consiglio odierno verrà abolito il blocco del passaggio dei tecnici da un club ad un altro durante la stessa stagione.

Questi sono, naturalmente, solo i punti cardini di una riforma molto più ampia che riguarderà, ad esempio, anche le questioni legate alle multiproprietà, i diritti sportivi, la nomina del nuovo direttore generale e gli illeciti sportivi. Insomma, una “rivoluzione” che sembrerebbe coinvolgere il calcio italiano in toto per far risplendere i pregi e limare i difetti di un campionato che si è appoggiato per troppo tempo sulla sua stessa crisi. Il fine ultimo di tali cambiamenti, oltre alla ricerca di una nuova competitività in campo europeo che manca ormai da troppi campionati, è quello di valorizzare il calcio italiano inteso come il prodotto di rose nostrane, pronte a mettere a servizio della nazionale italiana i loro pezzi forti. Limitare la fuga dei nostri giovani talenti verso campionati stranieri e aumentare l’appetibilità della Serie A (e non solo) rappresenterà il punto di riscatto e allo stesso tempo il punto di svolta da cui ripartire. Ci si interroga però sul come e soprattutto sul quando questo riforma potrà definitivamente entrare in vigore. La complessità del progetto allunga naturalmente i tempi d’applicazione, e per stessa ammissione dei promulgatori del “nuovo calcio”, ci vorrà del tempo prima di toccare con mano i risultati. Sarà un cambiamento graduale, lento ma deciso che vedrà  la progressiva limitazione delle promosse da una serie ad un’altra e l’ampliamento, di rimando, del numero delle retrocesse. Un processo non indolore, insomma, che potrà definitivamente dirsi applicato entro il 2018. Il calcio italiano si dà, dunque, 4 anni di tempo per rinascere attraverso una riforma che non mette d’accordo tutti, certo, ma che sembra ormai irrimandabile.


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