Robedamamma capitolo 21: come eravamo

Da Robedamamma @robedamamma

C’è questa foto del nostro primo Natale insieme, che mi piace riguardare più di tutte.

Ci siamo noi tre, in posa plastica davanti all’albero appena fatto, alla ricerca della luce di un tiepido sole mattutino, che si riflette e brilla sul tetto innevato delle case intorno a noi.

La Marmocchia col crapino inclinato all’indietro, i piedi tirati dentro la tutina, il tronco irrigidito e la bocca aperta in un urlo a pieni polmoni. Uno di quelli con cui era solita intrattenerci nelle sue prime settimane di vita.

Io sembro appena uscita dai provini per Psyco (versione restaurata). Capelli confusi, espressione assassina, un occhio che balla.

Il Ninnatore ha qualcosa incastrato tra i denti. Ah no, è un porca-paletta-fatela-tacere. Pensavo fosse prezzemolo.

Ricordo che provammo e riprovammo a scattare quella foto. Poi ci rinunciammo, perché ogni volta che partiva il conto alla rovescia per l’autoscatto, lei riaccendeva le sirene.

Mesi dopo, sfogliando le immagini sul computer, trovai questo scatto. E non lo so com’è, ma ne fui rapita.

Lo so, ce ne vuole eh, ma forse un motivo c’è. Forse è perché l’avevo vista anche in questa foto. Forse perché la ricordavo benissimo. Nascosta tra le pieghe del lettone che di notte stropicciavamo in tre. In quel profumo tutto suo di cui aveva riempito la casa. Tra un pannolino e una crema per le ragadi. Nel frigo vuoto e nei panni sporchi. In quel libro sul comodino che accumulava polvere senza avanzare mai di pagina.

Era buffo quel Natale. Eravamo buffi noi. Quando ci riguardo mi prende un moto di assoluta tenerezza nei confronti di quel trio così mal assortito. Imparavamo a conoscerci per la prima volta: lei come figlia, noi come genitori. E noi due grandi ci riscoprivamo altro dai mini week end improvvisati, i pomeriggi di ozio sul divano, il cinema all’ultimo minuto. Eravamo diventati mamma e papà. Come fosse successo esattamente ci sfuggiva, ma quello era un inconfutabile dato di fatto. Eravamo lì, sotto le luci di un albero che avrebbe illuminato il nostro primo Natale in tre. Sperduti in quella nuova realtà di cui non sapevamo niente.

Non mostro mai questa foto ai futuri genitori. Soprattutto se il loro è ancora un desiderio in attesa di essere realizzato.

Penso che non capirebbero. Forse si spaventerebbero dei nostri visi intrisi della stanchezza di quelle prime settimane folli.

Eppure, se me lo chiedessero, io glielo direi. Non saprei spiegargli come ma proverei a fargli vedere dove.

Proprio lì. Tra le pieghe del lettone che di notte stropicciavamo in tre. In quel profumo tutto suo di cui aveva riempito la casa. Tra un pannolino e una crema per le ragadi. Nel frigo vuoto e nei panni sporchi. In quel libro sul comodino che accumulava polvere senza avanzare mai di pagina.

E anche in questa foto, sì.

Era lì che, camuffata dalle notti in bianco e le giornate eterne, stava nascosta quella sensazione di felicità immensa e senza fine.


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