Ho iniziato a leggere Robert Jordan nel 1992, quando lo scrittore era ancora poco conosciuto e la sua saga in Italia era pubblicata da Mondadori. All’epoca non potevo certo immaginare che per leggere la conclusione della storia avrei dovuto aspettare circa vent’anni, e che non sarebbe neppure stata scritta da Jordan.
Quando vedo i fan di una saga che si lamentano perché aspettano il nuovo romanzo da tre o quattro anni a me viene da ridere, io ho aspettato ben nove anni per poter passare da Il drago rinato a L’ascesa dell’ombra. Dopo tre soli romanzi infatti Mondadori aveva smesso di tradurre La Ruota del Tempo, e così ho dovuto aspettare la traduzione Fanucci, iniziata nel 2002, per poter acquistare i primi volumi, che avevo solamente preso in prestito in biblioteca, e poi il 2004 per poter andare avanti. Intanto ho imparato l’inglese, e così, dopo aver subito una quantità paurosa di spoiler di La lama dei sogni perché frequento troppi siti dedicati a Jordan, ho letto in lingua originale sia The Gathering Storm che Towers of Midnight. Quest’ultimo sarà tradotto da Fanucci con il titolo Le torri di mezzanotte il prossimo mese di gennaio, mentre la conclusione della saga, con A Memory of Light, è indicativamente prevista per la prossima primavera. Sul suo sito Brandon Sanderson ha scritto di aver completato il 90% della prima stesura dell’ultimo romanzo, quindi anche se la data di pubblicazione dovesse slittare in po’ siamo comunque nell’ordine dei mesi e non degli anni.
Brandon Sanderson, ho scritto. Lo sappiamo tutti che Jordan è morto, vero? Intanto io ripropongo l’articolo di presentazione di Presagi di tempesta che avevo scritto lo scorso gennaio per FantasyMagazine:
Ci sono Presagi di tempesta per Robert Jordan e Brandon Sanderson. Anche se sappiamo da tempo che sarebbe stato così, fa comunque un certo effetto vedere la doppia firma sul dodicesimo volume della Ruota del Tempo.
La strada che ha portato alla nascita del romanzo in questa forma è iniziata parecchi anni fa, ed è stata scandita da alcune tappe molto significative, spesso anche dolorose.
30 maggio 2005: Robert Jordan ha un malore mentre sta camminando. Si trova in un parcheggio e poiché si sente sul punto di svenire si siede aspettando che passi.
6 giugno: l’episodio si ripete, ma con l’aggiunta di un breve periodo di perdita della vista. Jordan ha stimato che la sua cecità sia durata fra i tre e i cinque secondi. Troppo, nel caso in cui si fosse trovato al volante, e così da quel giorno smette di guidare.
11 ottobre: arriva nelle librerie americane La lama dei sogni, undicesimo romanzo della saga. Il volume segue Crocevia del crepuscolo, pubblicato oltre due anni e mezzo prima. In precedenza i lettori statunitensi non avevano mai dovuto aspettare così tanto per conoscere il prosieguo della trama. Fra i due tomi si era inserita la versione a romanzo di Nuova primavera, storia già pubblicata sotto forma di racconto alcuni anni prima. Per chi attendeva con impazienza l’arrivo di Tarmon Gai’don questo libro aggiungeva ben poco.
Dopo le critiche legate alla scarsità di eventi di Crocevia del crepuscolo, La lama dei sogni si rivela uno dei romanzi più apprezzati dell’intera saga.
Dicembre 2005: sette mesi dopo i primi sintomi Jordan riceve la prima diagnosi. Si tratta di amiloidosi, una malattia rara che può manifestarsi sotto molte forme diverse. Quella contratta da Jordan è di tipo cardiaco, una delle forme più gravi.
Gennaio 2006: la diagnosi viene confermata.
Marzo: in un’intervista al mensile Locus Jordan rivela la sua malattia. La notizia viene pubblicata subito nella versione on-line, e il 24 marzo lo scrittore pubblica sul suo blog il primo messaggio in cui parla della salute, della terapia che intende seguire e dei suoi progetti futuri. Malgrado l’argomento, il tono è ottimistico.
In ogni messaggio che scriverà nel successivo anno e mezzo Robert si dimostrerà ottimista e pronto a incoraggiare chiunque gli parlerà dei suoi propri problemi. Intanto, fra una sessione di chemioterapia e l’altra, scrive. Capitoli portati fino alla versione definitiva, appunti, abbozzi di quel che dovrà accadere perché la storia abbia quella conclusione che merita e che lui aveva immaginato tanti anni prima. E quando non riesce a scrivere parla, raccontando alla moglie Harriet McDougal e al cugino Wilson Groom alcuni episodi significativi. Racconti che vengono debitamente registrati dai due.
Il tutto procede fino al 16 settembre 2007. Quel giorno il suo cuore cede, e la sua scomparsa tocca il cuore di milioni di fan.
Rand, Egwene, Mat, Perrin, Nynaeve e tutti gli altri protagonisti però sono vivi, e Harriet sa che non può lasciarsi sommergere dal dolore. Il suo compito è quello di rispettare le ultime volontà del marito, e fare sì che la storia abbia la sua degna conclusione.
Nei primi giorni legge solo commemorazioni, ma mentre cerca conforto alla sua perdita una parte di lei non può dimenticare il suo ruolo di editor alla Tor Books. Così, quando un amico le mostra un’eulogia scritta da Sanderson, un giovane autore che pubblica per la sua stessa casa editrice, lei ne rimane molto colpita e decide di leggere Mistborn. Il pozzo dell’ascensione. Il romanzo le piace al punto da spingerla a contattare il suo autore.
Dicembre 2007: in un comunicato ufficiale Tor Books annuncia che A Memory of Light, dodicesimo e ultimo volume della saga, sarà ultimato da Brandon Sanderson. Da poco più di un mese i lettori italiani potevano leggere la traduzione di Il sentiero dei pugnali, ottavo romanzo della saga.
30 marzo 2009: in un nuovo annuncio Tor Book comunica che, viste le dimensioni dell’opera in corso di scrittura, A Memory of Light sarà suddiviso in tre diversi volumi.
27 ottobre 2009: The Gathering Storm, primo volume della trilogia conclusiva e dodicesimo della saga, viene pubblicato in lingua originale. L’opera balza immediatamente al primo posto della classifica dei bestsellers del New York Times.
Giugno 2010: La lama dei sogni, undicesimo romanzo della Ruota del Tempo, arriva in Italia.
Dal 2 novembre 2010 è possibile leggere in inglese Towers of Midnight, tredicesimo e penultimo tomo. Anche quest’opera, ovviamente, porta la doppia firma così come ci saranno due firme su A Memory of Light, indicativamente previsto in originale per la primavera del 2012. Con quest’ultimo romanzo si concluderà una storia iniziata nel lontano 1990, quando ancora l’unico formato concepibile per un’opera fantasy di dimensioni superiori a un volume era quello delle trilogie. Un’opera grandiosa, che ha accompagnato innumerevoli lettori per una lunga parte della loro vita, e che ha ridefinito i confini del genere, si sta avviando pian piano verso la sua fine.
È cambiato l’uomo alla guida dell’avventura ma non il sentiero che era già stato tracciato e che i lettori devono ancora percorrere. Rimane la sua parte più oscura, quella che conduce all’Ultima Battaglia, e che ha fatto scrivere all’ignoto autore del Ciclo del Drago “Fai che il braccio del Signore dell’Alba ci ripari dalle Tenebre e che la grande spada della giustizia ci difenda. Fai che il Drago cavalchi ancora il vento del tempo”. Sperando che i bivi scelti sul sentiero siano quelli giusti, altrimenti tutto sarà perduto.
La quarta di copertina
I segni sono inequivocabili: l’Ultima Battaglia si avvicina. Rand al’Thor, il Drago Rinato, è determinato a stipulare una pace con gli invasori Seanchan. Per ottenerla, vuole dimostrare la sua buona fede riportando l’ordine nell’Arad Doman, un paese sotto attacco dei Seanchan, ma anche privo di un re… e dietro la sparizione del sovrano potrebbe esserci Graendal, una dei Reietti, maestra nella Coercizione. Nel frattempo, sia Mat che Perrin, superate varie vicissitudini, stanno cercando di tornare verso l’Andor per riunirsi a Rand prima dell’Ultima Battaglia. Ancora più difficile è il compito di Egwene: catturata e ridotta a novizia nella Torre Bianca, è riuscita a instillare il dubbio in molte delle Aes Sedai rimaste fedeli a Elaida, tanto che parecchie ora prestano ascolto alle sue parole e le chiedono addirittura consiglio. Ma sulla Torre incombe lo spettro di un attacco dei Seanchan: Egwene l’ha sognato e sa che avverrà… e anche molto presto.
Robert Jordan Brandon Sanderson The Gathering Storm
La copertina dell’ebook – a mio giudizio una delle più belle – mostra uno dei momenti più drammatici del romanzo. Immagino sia abbastanza evidente che cosa stia avvenendo, ma se non lo avete capito da soli non sarò certo io a dirvelo. Dovete leggere il libro.
La mia recensione:
Avevamo già visto le risposte positive dei lettori anglofoni, ma per tutti la domanda era la stessa. Sarà capace Brandon Sanderson di portare avanti La Ruota del Tempo senza stravolgerla? La risposta è sì, senza alcun dubbio.
Dalla fine del 2006 Robert Jordan sapeva di essere malato, e sapeva che era una malattia molto seria. Così, nei quasi due anni che gli erano rimasti da vivere, ha scritto una montagna di appunti e lasciato note dettagliate su come dovesse proseguire la sua storia. Alcuni capitoli erano praticamente ultimati, ha fatto sapere il Team Jordan, anche se forse non sapremo mai di quali si trattava, mentre altri erano semplici abbozzi. Ma è davvero importante saperlo?
Se non fossimo a conoscenza della morte di Jordan e dell’intervento di Sanderson necessario a sviluppare la trama nella sua forma definitiva non ci accorgeremmo di nulla. Certo, piccole differenze ce ne sono.
Presagi di tempesta comprende ben 50 capitoli più un prologo e un epilogo nella sua lunghezza (glossario escluso) di 915 pagine. Era dai tempi di Il signore del caos, che conta 55 capitoli, che non ce n’erano così tanti. Il che significa che Sanderson scrive capitoli più corti, così come aveva scritto capitoli più corti lo stesso Jordan all’inizio della sua storia.
Inoltre Sanderson cambia più spesso il punto di vista. Ultimamente Jordan ci aveva abituati a lunghe sezioni dedicate a un solo personaggio. Finita una sequenza di capitoli dedicata a Perrin piuttosto che a Rand o a uno degli altri protagonisti, lo scrittore passava a qualcun altro spesso trascurando completamente quello stesso personaggio per qualche centinaio di pagine. Sanderson no. Salvo poche eccezioni con lo stesso personaggio protagonista di due capitoli consecutivi dedica un capitolo a Rand, poi passa a Egwene dopo neanche 20 pagine, quindi si sposta su Aviendha, va a trovare Gawin, ripassa da Rand e quindi lo guarda con gli occhi di Cadsuane. Complessivamente si tratta di cinque diversi punti di vista, uno dei quali viene ripetuto due volte, in un’ottantina di pagine.
Un’impostazione di questo tipo ha due conseguenze di segno opposto. Una è che ci vuole più tempo per entrare in sintonia col personaggio, perché lo lasciamo poco dopo averlo ritrovato. L’altra è che il ritmo ne risulta vivacizzato, perché si ha sempre la sensazione che qualcosa di nuovo stia per accadere, e tutti i cambiamenti si percepiscono con maggior forza.
Gli ultimi romanzi, Crocevia del crepuscolo in particolare, avevano dato l’impressione di essere statici, e che al loro interno accadesse poco. Solo leggendoli con calma, senza aspettarsi grandi battaglie ma facendo attenzione all’interazione fra i personaggi, si notano le tante piccole azioni o conversazioni significative. Qui quello che accade è subito evidente, e il ritmo è molto più vivace.
Merito di Sanderson per aver scelto quest’impostazione, probabilmente, ma anche merito della storia stessa. L’Ultima battaglia è sempre più vicina, e ci sono alcune cose che devono essere fatte prima che cominci.
Il tempo stringe e le azioni prendono il sopravvento sulla pianificazione, anche se pure questa non manca.
Due le trame principali, una dedicata a Rand e l’altra a Egwene. Di contorno, come sempre, una moltitudine di altri personaggi.
Particolarmente d’impatto quello di Renald Fanwar, anche se si tratta di una comparsa che forse non rivedremo mai più. Ma le pagine dedicate a lui delineano il cuore degli uomini delle Marche di Confine, e fanno percepire l’approssimarsi della Tempesta. Una tempesta narrata dalla voce di Jordan ai partecipanti alla JordanCon del 2009 grazie a un nastro registrato capace di far accapponare la pelle e di far scoppiare in lacrime molti dei presenti. E a leggere il brano si capisce benissimo perché.
Non mancano ovviamente Nynaeve, Siuan, Perrin, Min, Mat, alcuni Reietti e diverse altre figure che nel corso del tempo hanno contribuito a rendere vivo e articolato questo mondo. E, anche se è cambiata la mano alla guida delle loro azioni, i personaggi sono comunque validi. È impossibile tracciare una linea netta e dire “questo lo ha scritto Jordan e quest’altro Sanderson”. Forse qualche battuta può lasciare un dubbio, ma è solo un’ombra minima, un pensiero fuggente che presto scompare. Perché la storia è terribilmente valida, e in alcuni punti è capace di far mozzare il fiato e di spingere il lettore sempre più avanti in attesa di conoscere il destino di quel personaggio, o forse del mondo.
Egwene dà il meglio di sé. Intelligente, determinata, costretta in un angolo da forze che sembrano soverchianti ma mai doma, la giovane riesce a compiere imprese che hanno dell’incredibile. Il suo sviluppo, con questo romanzo, è finalmente completato. Ha ancora molto lavoro da fare, non ha certo risolto tutti i problemi, ma visto ciò di cui è capace in queste pagine si sciolgono molti dubbi sul suo futuro.
Più fosco il cammino di Rand, protagonista di un percorso drammatico preparato accuratamente nel corso di tutti i volumi precedenti. Perché lui è il Drago, il Promesso nato dalla montagna che deve riparare dalle Tenebre, ma anche colui che distrusse tutto e causò la Frattura del Mondo. Tre millenni di attesa, di profezie, timori e speranze gravano sulle sue spalle, spalle che hanno dovuto portare il peso della cassa di Elaida e della prigione di Far Madding, e che hanno sopportato colpi forse troppo forti per un semplice uomo.
Fra un percorso e l’altro spesso fa capolino il mondo. Come quando un personaggio pronuncia una semplice frase, una di quelle frasi che si possono sentire e dimenticare, tanto poco sono importanti. L’affermazione “Il vestito che stai indossando è verde” non vuol dire nulla nella maggior parte dei contesti. Ma cosa significa quando la persona che sente questa frase sta indossando un abito di tutt’altro colore, e la persona che ha pronunciato la frase è un’Aes Sedai? Significano guai, ovvio, e guai grossi, se non si sta sullo stesso fronte nello schieramento della battaglia.
Significa anche che dettagli che si sono sedimentati in noi nel corso di migliaia di pagine di lettura possono tornar fuori all’improvviso e colpirci con una potenza devastante anche utilizzando le parole più banali. Significa che il Mondo di Jordan è vivo, che quello che vi avviene non lascia indifferente chi lo attraversa, e che tutto il tempo trascorso a leggere scene “tranquille”, nelle quali sembrava che non accadesse nulla, ci ha fornito quelle informazioni necessarie perché una manciata di parole decisamente banali potesse mozzarci il fiato e farci tremare per la scena che stiamo leggendo. Significa, infine, che i nodi stanno venendo al pettine, e che c’è davvero poco tempo prima che l’Ultima Battaglia cominci.
Si può solo sperare, come proclamato nel Ciclo del Drago, che “il braccio del Signore dell’Alba ci ripari dalle Tenebre e che la grande spada della giustizia ci difenda”, e che “il Drago cavalchi ancora il vento del tempo”.
L’inizio del prologo di Presagi di tempesta: http://www.fantasymagazine.it/anteprime/13870/presagi-di-tempesta/