Appena uscito in libreria, il volume «Roberto Benigni. Da Berlinguer ti voglio bene alla Divina Commedia, il percorso di un comico che si interroga su Dio» non ha mancato di suscitare subito interesse e curiosità.
Il libro analizza (senza pretendere di dare giudizi o di apporre etichette) il lavoro dell’artista toscano, il comico “nazionale”, cercando di evidenziare la sua ricorrente attenzione verso le tematiche religiose: Dio, Gesù, la Bibbia, la creazione, gli angeli e i diavoli, il giudizio universale, Maria. Perché in fondo la comicità e la poesia, attraverso la risata e il giocare con le parole, sono due modi distinti per dire ciò di cui si ha difficoltà a esprimere. Un percorso che attraversa tutti i film di Benigni, da Gesù Bambino di «Tu mi turbi» al Padre nostro recitato, per intero, da Attilio davanti alla moglie Vittoria, in fin di vita in un ospedale a Bagdad, nel film «La tigre e la neve», come viene evidenziato dal critico cinematografico Francesco Minnini nella prima parte della pubblicazione.
Nella seconda parte del volume approdano i grandi temi delle cantiche dantesche – il peccato, il perdono, la grazia, l’umano e il divino – sui quali si sofferma Andrea Bellandi osservando il Benigni lettore e commentatore della Divina Commedia. E forse anche grazie alle letture dell’artista toscano – ci suggerisce Bellandi – la Commedia è tornata a interessare un pubblico sempre più vasto e ha spinto molti ad approfondire gli aspetti più profondi e spirituali dell’esistenza. Il merito di Benigni è stato quello di essersi messo in gioco… e di aver giocato bene: sempre in bilico fra comicità e devozione alla parola scritta, non ha deluso i suoi fan che lo hanno amato nel «Piccolo Diavolo» o in «Johnny Stecchino», ma nemmeno gli appassionati del settore dantesco come filologi, letterati, intellettuali o anche ecclesiastici.
Chiude il volume un dialogo sulla poesia tra Benigni e il poeta Davide Rondoni e l’intervista al parroco di Vergaio, paese che ha visto crescere il piccolo Roberto.
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