Roberto Bui (Wu Ming 1) e Giuseppe Genna, ovvero i VMO
che si autoincensavano su L’Unità gambizzando
anche il sottoscritto Iannozzi Giuseppe
I VMO, che qualcuno conosce come Vincenzo Maria Ostuni e Basile Pesaro Borgna in realtà sono sempre stati due vecchie conoscenze: Roberto Bui (Wu Ming 1) e Giuseppe Genna.
Sono arrivati al punto di autoincensarsi su L’Unità con questo pezzo, ovviamente scritto dalle mani di Wu Ming.
Le calunnie, le diffamazioni, le offese, le gambizzazioni staliniste… niente è andato perso.
Nell’intanto leggete pure come i sedicenti VMO si autoincensavano su L’Unità.
«Vmo», gli scrittori divisi tra il Male e il Bene
di Wu Ming
VMO - Giuseppe Genna e Roberto Bui
Saga comunitaria scritta sotto gli occhi di chi legge, vorticare di personaggi veri, falsi e reinventati: scrittori, critici, giornalisti, blogger, oscuri dirigenti laburisti maltesi (?!)… Lingua sfrenata e vertiginosa, sgrammaticature sapienti, jazz improvvisato da cantori sardi. Fra un tormentone e l’altro pare un salto nel buio, eppure… Non una parola è messa a caso, ogni elemento è pervertito in modo sottile o spudorato, così da produrre spiazzamenti. Parole o intere frasi ripetute ad nauseam, e ogni ricorrenza è un grado di diluizione finché il senso è filtrato alla minima dose. Omeopatia. Geremiadi e panegirici respirano di una punteggiatura deviante («Grande!!!,!!!!»). Forma e contenuto sono «due tagli della stessa sostanza», quindi la grafica è all’altezza, anzi, alla bassezza: testo e illustrazioni si scontrano, producono scintille che incendiano la pagina di colori chiassosi e accostamenti emetici. Il paratesto (titoli, note, link) è un insieme di dettagli incongrui, davvero incongrui, tanto da spiccare e divenire memorabile. È il sogno surrealista: l’ombrello e la macchina da cucire si incontrano sul tavolo operatorio. Non si è mai vista, una satira così (perché di satira si tratta), e il bello è che può essere fruita al di fuori del contesto, senza conoscere nessun personaggio. Si gode del flusso di parole a un livello primitivo, di esaltazione infantile: Dada! Caca! Pipì’! Pupù! Restaurazione!. Tutto questo su un blog definito da alcuni «il fenomeno web dell’anno». Si chiama «Vmo», iniziali di uno dei due (presunti) tenutari, Vincenzo Maria Ostuni. L’altro è Basile Pesaro Borgna. Si dichiarano coppia gay di web designer cagliaritani. Fanno continui riferimenti a una misteriosa ‘web agency’ e a lavori per Tiscali e altri grandi committenti, ma l’html di Vmo è ultra-dilettantesco, lurido di errori. «Vincenzo» e «Basile» dividono il mondo letterario in due eserciti, l’un contro l’altro armati, e chiunque non si schieri è un nemico. Il Bene e il Male, Ahuramazdah e Ahriman. Compaiono sul web nella primavera scorsa, ergendosi a difesa pasdaranica di un pugno di critici e scrittori e scagliando invettive devastanti – ma sottoargomentate – contro i loro pretesi «nemici».
Tra i Buoni vanno citati gli animatori del convegno contro la «Restaurazione culturale» alla scorsa Fiera del Libro di Torino: Carla Benedetti (a cui s’accompagna una sorta di attributo omerico, «la ragazza»), Tiziano Scarpa («che noi stimiamo TANTISSIMO»), Antonio Moresco (da antologia il titolo dopo gli ultimi referendum: «Ancora una volta l’Italia non segue Moresco!») e altri. La schiera dei Cattivi è invece vastissima, praticamente chiunque abbia un successo di vendite: si va da Valerio Massimo Manfredi a Giorgio Faletti (definito «genocida culturale», aderendo con zelo a una sorta di fatwah apparsa sul blog Nazione Indiana), a Giuseppe Genna, da Gianrico Carofiglio a … Wu Ming. Questi ultimi, ehm, sono indicati come ghost-writer di Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire, teoria del complotto già proposta da cronisti culturali di scarsa levatura. Sul fondo roccioso di tale neo-zoroastrismo, i due edificano una teoria cospirativa sulla blogosfera italiana e stendono vaneggianti lettere aperte ai loro idoli, in cui chiedono pubbliche prese di posizione su problemi che paiono enormi soltanto a loro. Destinatario più in voga negli ultimi giorni: l’editore romano Sergio Fanucci, «immenso editore anti-restaurativo». Nel mentre, però, ci dicono di sé, ci raccontano le loro speranze e difficoltà quotidiane, le gioie e i dolori, e lodano gli «amici carissimi per sempre» in giro per il mondo. Vmo è uno dei blog più frequentati della rete. A seguire le loro peripezie accorrono migliaia di visitatori. Nel periodo luglio-settembre Vmo ha sfiorato i ventimila contatti. Il più recente cavallo di battaglia è l’omaggio/parodia al dialetto neo-molisano usato da Tiziano Scarpa nel suo poema civile Groppi d’amore nella scuraglia (Einaudi). Vincenzo e Basile, ospiti a Malta del loro amico Anton Caracci (menzionato di continuo, una vera ossessione), hanno composto una poesia, Franza o Spagna, scritta in un grammelot meridionale, apologia de «li scritturi antirestaurativi» dal punto di vista di un critico militante (presumibilmente: Carla Benedetti). Alcuni versi, fra i tanti citabili: «E li litturi / (…)/ se liggono Faletti / se fanno cumplici / d’un ginocidio / lu stillicidio / de pulizzieschi / libbri grutteschi / restaurazziune / disillusiune / lu populu cugghiune» . Dopo gli equivoci iniziali (pare che alcuni elogiati abbiano scritto a Vincenzo e Basile per ringraziarli), si è capito che vero oggetto della satira è la scorciatoia intellettuale del «nientismo» («non c’è più niente di buono ormai»), con la variante del «quasi-nientismo» («non c’è più niente di buono ormai, a parte me che sono un genio, e pure i miei amici non sono male»). Ne abbiamo fin sopra le orecchie. In Italia, oggi, mostrarsi apocalittici è una strategia per rimanere integrati. Dire che è finito tutto («fine del romanzo», «fine della letteratura» etc.) o quasi (perché resiste un «manipulo di eroi» che «cumbatteno lu cancro de lu best seller») serve ad avere spazio su giornali e riviste, mantenere posizioni nell’accademia, riaffermare un potere vieppiù minacciato dai cambiamenti. Questi anni sono saturi di lamentazioni, anatemi, nostalgie del bel tempo che fu («Li granni scritturi / lu Pasulinu / ‘ndove so’ fernuti, / quali distino?»). Decani e sotto-decani della critica hanno abdicato alla loro funzione – capire il mondo studiando i modi di raccontarlo – e hanno messo il cuore in freezer. L’unica risposta sensata è una pernacchia. Vmo è vento che soffia tra lingua e labbra, è il cachinno che – in una società sana – dovrebbe seguire la lezioncina del trombone di turno. Inoltre, come ha scritto un commentatore su un blog: «C’è poesia (in questa operazione) e c’è affetto per la letteratura e chi se ne occupa con passione. Se Basile e Vincenzo non esistono, comunque chi li ha chiamati al mondo vuole loro un po’ di bene, si vede, si legge». Alcuni scrittori e critici, chiamati in causa da Vmo come appartenenti a questa o quella fazione, hanno deciso di stare al gioco, linkando il blog ai loro siti o addirittura lasciando commenti (un aficionado è il giallista Gianni Biondillo). Altri hanno rivolto a Vmo reprimende un po’ biliose. Altri ancora hanno scelto il silenzio. Tutti, ma proprio tutti, si chiedono chi ci sia dietro. È quasi sicuro che si tratti di uno o più addetti ai lavori, giornalisti o funzionari di case editrici. A tratti, pare di percepire un tocco femminile. Comunque sia, Vincenzo e Basile proseguono imperterriti, annunciando ogni giorno un nuovo scoop. Grande!!!!!,!!!! Link: http://vmo.splinder.com
L’Unità, 27 settembre 2005 pubblicato nell’edizione Nazionale (pagina 21) nella sezione “Cultura“
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