«A Berlino si può vivere sull’orlo del futuro, o nel passato, vero o falso non importa. Purché la sappia cercare, ognuno può trovare la “sua” Berlino, o può trovarle tutte» – Roberto Giardina da L’altra Europa, Bompiani 2004.
Recentemente è stato pubblicato in Germania il libro Berlin liegt am Mittelmeer, traduzione di alcuni brani tratti dal volume L’altra Europa edito in Italia nel 2004 da Bompiani. Ci può spiegare il titolo di quest’ultima pubblicazione tedesca, in che senso Berlino si trova nel Mediterraneo?
La traduzione tedesca è una scelta da tre libri L´altra Europa, L´Europa e le vie del Mediterraneo e Itinerari erotici, tutti pubblicati da Bompiani. Troppo costoso, ovviamente, tradurre 1500 pagine, così si è scelto un doppio itinerario dal Mediterraneo a Berlino e ritorno. Per inciso, ricordo che la traduzione dell´italianista Helene Harth è perfetta. Di solito l´autore se conosce la lingua non è mai soddisfatto. L´Europa è storicamente immensa ma geograficamente piccola. In fondo Berlino dista da Trieste meno che Palermo da Milano, ma non parlo di distanza geografica. Innanzi a casa mia, nel quartiere di Charlottenburg, si trova una chiesa di Schinkel, che ha riempito la capitale di palazzi neoclassici, ispirati a una Grecia che non è mai esistita, a un´Ellade ideale. Schinkel e Goethe giunsero solo fino in Sicilia. Ma la loro Grecia inventata, insieme con Winckelmann, che a sua volta non vi giunse mai, è oggi per noi più autentica della realtà. E nella loro Ellade mi sembra di sentire un´eco della mia isola. O così mi piace credere. Renzo Piano, che ha ricostruito la Potsdamer Platz, ha posto al suo centro una “piazzetta” all´italiana. E nella Gemälde Galerie si trovano i capolavori del nostro rinascimento. Basta ricordare Caravaggio. Facevano parte della Collezione Giustiniani, che fu comprata in parte dalla Prussia, e i pittori tedeschi dell´Ottocento furono influenzati dai nostri maestri che potevano studiare a casa loro. Berlino è sul Mediterraneo come, per paradosso, Palermo potrebbe essere una città mitteleuropea.
Lei è nato a Palermo, ha studiato a Torino, ha vissuto a Parigi e da molti anni ormai vive a Berlino. Proprio nella prefazione del volume L’altra Europa scrive: «Si dovrebbero rileggere i libri, o leggere di loro là dove sono stati scritti»; ci potrebbe indicare un libro o un autore per ognuna di queste città?
E´ una bella domanda, e le risposte purtroppo sono scontate. Per Palermo, come non citare “Il Gattopardo”, ma anche “I Beati Paoli”, ma chi li leggerà mai? Per Parigi, “Festa Mobile” di Hemingway, ed anche “Quell´estate a Parigi”, di Morley Callaghan che fu amico di Ernst, finché non lo batté in un incontro di pugilato. Hemingway ricorda e inventa, Callaghan ci racconta la verità. Per Torino “Una nuvola d´ira” di Arpino, scrittore che – temo – sia ingiustamente trascurato.
Ci racconta i luoghi e gli scorci prediletti della Sua Berlino?
Berlino è fatta di tanti quartieri, che erano indipendenti fin dopo la Grande Guerra, come la mia Charlottenburg. Nella mia strada c´è la casa più antica della città (1798), dove ora è sistemato il museo della ceramica. Il parco del castello di Charlottenburg non andrebbe dimenticato, come il Lietzensee, lago nascosto tra i palazzi, dalle parti della fiera. Si può visitare la villa di Liebermann sul Wannsee, costruita dallo stesso architetto della Villa dell´Olocausto, della Wannsee Konferenz. E sull´altra sponda si scorge lo stabilimento balneare che risale agli Anni Venti. I nazisti proibirono l´accesso agli ebrei. Ma a Berlino si dovrebbe cercare di vedere quel che non c´è, come a Vienna. E che si ritrova nei libri, o nei film. Sarebbe un bell´esercizio cercare di rivisitare i luoghi mostrati da Wenders nel “Cielo sopra Berlino”.
Tanti giovani italiani che vogliono investire sul proprio futuro si trasferiscono nella Capitale tedesca. Quali caratteristiche secondo Lei rendono Berlino così interessante per loro?
I giovani italiani, se cercano lavoro, farebbero meglio ad andare altrove, a Monaco, a Stoccarda, o in qualche piccola città (quasi tutte gradevoli). Al sud la disoccupazione è di poco superiore al due per cento, Berlino invece è una città povera, il venti per cento vive grazie all´assistenza sociale, e non ci sono industrie. Però per i giovani è più accogliente, e costa poco (ma i prezzi salgono). Per un artista è il posto adatto, gli altri magari torneranno indietro ma avranno fatto un´esperienza utile.
Per i tedeschi il viaggio in Italia ha sempre rappresentato una tappa fondamentale del proprio percorso di formazione culturale; crede che l’Italia mantenga ancora oggi, in Germania, questa capacità attrattiva?
I tedeschi ormai ci conoscono e ci rimangono fedeli, nonostante tutto, nonostante i nostri errori. Hanno imparato a conoscerci venendo in vacanza da noi, a partire dagli Anni Cinquanta. E sono cambiati anche grazie a noi. Oggi cominciano a gustarsi la vita “all´italiana”, sono meno pessimisti e parsimoniosi. Noi continuiamo ad affascinarli, o a intrigarli. Si chiedono perché ci comportiamo in modo per loro irragionevole, e cercano di intervenire. Noi non sopportiamo quelle che consideriamo intromissioni, ma i tedeschi ci considerano un poco “cosa loro”, e se si ama un partner si è spinti a correggerlo per il suo bene. Loro hanno superato in parte i pregiudizi nei nostri confronti, noi continuiamo a cadere nei soliti luoghi comuni. I tedeschi non sono meglio o peggio di quello che pensiamo, sono diversi.
Proprio in questi giorni è stato pubblicato il Suo più recente lavoro 1914. La grande guerra, edito da Imprimatur. Ce lo può presentare?
È più indicativo il sottotitolo: “L´Italia neutrale spinta verso il conflitto”. Non parlo della guerra ma dei dieci mesi della nostra neutralità, e di quel che avvenne, giorno dopo giorno, per trascinarci da una o dall´altra parte. È un grande gioco tra corruzione e spionaggio, ricatti, piccoli e grandi eventi. Saremmo dovuti restare neutrali, ma contro la volontà della maggioranza degli italiani si finì per combattere, una scelta pagata con 670mila morti. È un´Italia che assomiglia a quella di oggi.