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Roberto Miali: Sogni e Incubi a Teatro

Creato il 09 maggio 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Postato il maggio 9, 2012 | TEATRO | Autore: Davide Frezzato

Roberto Miali: Sogni e Incubi a TeatroSpesso è molto più facile dare una valutazione estetica di un’opera che parlarne. Il lavoro del critico, lo dice la parola stessa, è quello di criticare, di sottoporre qualcosa ad un esame per poi far scendere dall’alto una sentenza di condanna o di assoluzione. Sinceramente, in questo momento è una tentazione molto forte. A poche ore dal termine di “Davanti a me c’è un sogno”, ultimo spettacolo del Maestro Roberto Miali, presentato ad Arona lo scorso 20 aprile, continua ad essere difficile trovare un punto fermo per far ruotare i pensieri. Avete mai provato la sensazione di trovarvi in mezzo a due specchi e di essere ripetuti all’infinito in una sorta di Realtà surreale in cui la nostra immagine è un riflesso del riflesso, continuando così all’infinito? Penso di aver reso un’idea visiva abbastanza fedele riguardo a “Davanti a me c’è un sogno”. All’apertura del sipario il Maestro dà vita alle parole del miglior epitaffio che si potrebbe scrivere per un artista, lascia un po’ di sconcerto ascoltare come con la Morte si possa giocare e come si possa viverla non come una fine ma come un ulteriore momento teatrale, come se il sipario alla fine non calasse mai. Parlare del testo è cosa ardua e complicata perché lo si dovrebbe considerare sia come un’autobiografia sia come un testo di denuncia sociale e artistica, ma, anche, come un qualcosa che porta al limite la capacità degli attori. E proprio agli attori è stato assegnato il compito forse più diabolico, lo sdoppiamento di personalità. Cristina Strano ha incantato nel ruolo dell’aspirante attrice innamorata del teatro, dell’attrice impegnata che si cala nei panni di una donna debole e spaventata, dell’attrice di successo che vive la sua arte; la sua capacità di passare da una personalità all’altra è stata così naturale e reale da aver avuto la forza di materializzare tre persone diverse che hanno vissuto in modo autonomo sulla scena. I personaggi interpretati da Luca Bai sono stati più criptici. A prima vista il pazzo impersonato dall’attore sembrava un po’ troppo misurato per essere uno squilibrato, ma la sua sottigliezza stava forse nel fatto di essere stato reputato sano dopo le cure in una clinica e quindi obbligatoriamente misurato per essere accettato dalla società? Il giornalista, sempre portato sul palco da Luca Bai, che intervista il terzo personaggio recitato da Cristina Strano riecheggia un poco del tono di voce del pazzo, a volte è più mellifluo, più subdolo come (troppo) spesso è la stampa. Molto particolare è stata la prima scena in cui la sognatrice innamorata del Teatro ha una bellissima discussione con la sorella, interpretata da Karin Caserta: insieme dipingono uno stupendo quadro in cui la Ragione tenta di illuminare con l’oggettività le emozioni non riuscendoci, perché la passione autentica non ha bisogno d’altro che di autoalimentarsi e vivere dei suoi sogni. Sotto la sapiente guida del Maestro Miali, questi attori hanno acquistato sicurezza e una capacità di modulare e colorare la metrica che sta permettendo loro di emergere. È un percorso che sta dando ottimi frutti e che si spera possa continuare con sempre più entusiasmo. Il palcoscenico è stato un grande specchio nel quale si potevano vedere i riflessi a tinte forti e reali di una società e di personalità che fanno parte della nostra quotidianità, troppo spesso permeata dal velluto del perbenismo. L’ultima fatica del Maestro Miali ha lacerato il velo che protegge le nostre coscienze e ci mette di fronte ad una Realtà cruda, che ascoltiamo giornalmente in televisione o leggiamo sui quotidiani, ma che ci riesce a turbare quando viene raccontata dalla voce femminile della diretta interessata che ha subito violenza. L’Arte è questo, l’Arte è smuovere le coscienze e creare piccoli shock che ci obbligano a relazionarci con il Reale.



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