Magazine Cultura
L’INTERVISTA Ho letto del tuo innamoramento musicale iniziale, diviso tra cantautorato italiano e americano. Hai però memoria di quando è scattata la scintilla, quel momento in cui hai capito che la musica sarebbe stata la tua vita? Quando per essere felice non potevo più fare a meno di suonare e di giocare con le parole e… quando ho sentito davvero che valeva la pena di condividere le mie canzoni, anche con degli “sconosciuti”. Come potresti spiegare l’evoluzione del ruolo del cantautore, dagli anni ‘ 70 ad oggi? Quali sono le differenze sostanziali tra il tuo modo di esprimerti e un De Gregori o un Guccini? Allora, in generale credo che un cantautore oggi sia in fondo quello che è sempre stato, anche in passato quindi: un artigiano che fabbrica “oggetti non sempre ben identificati” mischiando le parole con le note utilizzando il proprio marchio d'autore. Forse per quanto riguarda il tipo di espressività col tempo siamo arrivati a delle forme sempre più essenziali di canzone; come dire c'è meno abitudine all'ascolto e quindi bisogna essere il più possibile immediati e incisivi anche nella scrittura dei testi. Ma mentre sto scrivendo mi rendo conto che è vero solo in parte... in fondo in questo mio primo disco mi sento per alcuni aspetti quasi più vicino ai “classici” del passato che a tanti cantautori moderni! Ho iniziato a leggere i tuoi testi e al primo brano ero già fermo a riflettere… quel tuo “I giorni sono tanti ma pochi quelli che…”. Col passare del tempo si scopre che esistono giorni, mesi e a volte anni, di cui non si ricorda niente, perché non c’è niente da ricordare. Ma di quei momenti oscuri resterà sempre una canzone. Qual è oggi il vero ruolo della musica? Secondo me lo stesso che aveva prima: cercare di dare la forma vivente a qualcosa di universale, assoluto che ci accomuna tutti e che spesso rimane inespresso. L'artista in generale, e il musicista forse in modo ancora più evidente, non è che un sublime traduttore del linguaggio dell'esistenza e dell'universo presente sotto varie forme nella realtà. C'è quindi qualcosa di più importante dell' “arte” e nello specifico della musica? Non credo proprio. Sei un cantautore “acustico”, ma esiste un lato di Roberto Scippa più “elettrico”? Assolutamente sì! Intanto suono la chitarra elettrica (una bella Gibson SG rosso fiammante) in un tributo ai Doors che ho con dei carissimi amici di Roma, i “Burning Bright”. Ora per i miei live sto preparando alcuni brani del disco in una veste molto più incisiva. Sicuramente il mio prossimo lavoro sarà di sicuro meno “soft” e credo che ci sarà spazio anche per delle chitarre elettriche. Colgo la tua domanda per fare una riflessione però: io sono convinto comunque che una chitarra acustica suonata in un determinato modo può essere molto più “rock” di una chitarra elettrica(anche distorta) suonata in un determinato modo. Il messaggio è uno dei fondamenti del tuo “lavoro”. Pensi si possano passare emozioni importanti anche con un brano privo di lirica? Sicuramente sì. A me piace moltissimo suonare anche senza cantare, senza un testo, lasciando magari più spazio all'improvvisazione musicale; anzi credo che da un certo punto di vista il testo spesso può anche limitare l'espressività di un'artista. Mi definisco in fondo, prima che cantautore, un musicista. La sola musica quando è ispirata tocca delle corde profonde che forse nessun “testo musicato”, anche riuscito, a volte può raggiungere; ti porta fuori dalla mente per intenderci, in un'altra dimensione. Mi racconti un aneddoto particolare, positivo o negativo, legato alla realizzazione di “Vagando Dentro”? Beh uno ce l’ho, e potrei definirlo negativo, ma in realtà è positivo, e ora capirai perché: io in realtà iniziai il disco con un produttore indipendente con il quale per quasi un mese registrai varie tracce, o meglio varie parti delle tracce. Ma col passare dei giorni non tirava una bella aria, insomma per farla breve dopo questo mese di lavoro, praticamente la nostra collaborazione finì in modo immediato e mi ritrovai senza niente in mano. Dato che mi vennero fatte delle richieste economiche, a mio parere eccessive, per avere il materiale registrato(che a dirla tutta non è che fosse venuto in modo eccezionale per una serie di motivi) decisi di riiniziare tutto daccapo insieme ad un amico, Sergio Serafini, fonico di uno studio di Roma. Con lui, in un clima di sicuro più disteso e familiare, registrai con molta calma il disco che finalmente è venuto alla luce quest'anno. Come dire, ci vuole pazienza e tanta determinazione; dopo tanto tempo posso sicuramente dire che è stata un'esperienza molto formativa, in tutti i sensi. Che cosa pensi del businnes che ruota attorno al mondo della musica? Che in fondo c'entra ben poco con la musica, anche se i soldi sicuramente possono essere di grande aiuto per una bella produzione musicale. Il problema è quando la musica viene concepita e realizzata soltanto per guadagnare: è qui che l'arte perde forza, sostanza e si snatura, trasformandosi in un comune bene di consumo, come le merendine al supermercato. Quanto è un aiuto e quanto è negativo internet, per un musicista come te? Ma, forse pesando i pro e i contro di internet, per un musicista come me alla fine mi sento di dire che “il mondo virtuale” sia sicuramente d'aiuto; ti da la possibilità di fare ascoltare quello che fai a tanta gente e in modo veloce; è chiaro che l'uso distorto che se ne può fare dipende poi soprattutto da te. Che cosa accade di magico nei tuoi spettacoli live? Ami l’interazione con l’audience? Beh, il live è sempre il live, ed escono delle emozioni così forti che non possono essere descritte a parole. Non mi sento sicuramente un “personaggio” sul palco, nel senso che non faccio nulla di particolare per intrattenere il pubblico e seguo la mia natura che in fondo è abbastanza schiva. A volte mi piace dire due parole per presentare alcune canzoni, ma sai dipende molto dalle serate. Ognuna è diversa. Mi succede spesso, soprattutto quando il concerto sta andando bene, di sentirmi come se fossi completamente da solo, e paradossalmente è proprio in questi momenti che sento la partecipazione più grande degli ascoltatori. E ora sogna… cosa vorrresti ti capitasse, musicalmente parlando, nei prossimi tre anni? Intanto mi piacerebbe mantenermi solo con la musica, senza dover fare altri lavoretti per arrotondare, e poi mi piacerebbe continuare a scrivere canzoni che mi fanno sentire felice di essere vivo.
Biografia Roberto Scippa nasce a Frascati (Roma) nel 1980, i suoi ascolti sono precisi e immediati, fin dall'adolescenza: la canzone d'autore italiana e il folk-rock internazionale, De André, De Gregori e Bennato da una parte, Dylan, Springsteen e Cohen dall'altra. Queste due anime si fondono in una prospettiva acustica che Scippa ha portato avanti fin dai suoi esordi: le prime affermazioni dal vivo arrivano nel 2005, seguono i primi premi in concorsi e le prime esibizioni in festival, infine l'intensa pausa creativa dalla quale hanno visto la luce i 13 brani di Vagando Dentro.
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