Seconda parte della robotica dedicata agli automata, costruiti programmati per svolgere a ripetizione un determinato numero di operazioni (recuperate la prima parte QUI).
In questo articolo ci occupiamo, più che altro, di elaborate illusioni, che sfruttavano tecnica, scienza, meccanica e la credulità popolare. Il fine? Di solito un mero tornaconto economico, ma anche suscitare la meraviglia.
Giusto parlarne, quindi, a dimostrazione della sicumera, che spesso si tramutava in caparbietà, che animava gli uomini del vittorianesimo e oltre, così orgogliosi della propria scienza e della capacità dell’uomo da anticiparne, spesso con esiti esilaranti, obiettivi che ancora oggi siamo bel lontani dal raggiungere.
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Il Turco
Questo è probabilmente l’automaton più famoso di sempre: il giocatore di scacchi che, nell’arco della sua pluridecennale carriera, arrivò a sfidare Napoleone Bonaparte e Benjamin Franklin. Consisteva in un bancone di legno, con una scacchiera sul ripiano, dietro un lato del quale era collocata una figura umanoide di grandezza reale, con baffi e turbante.
Insieme ai “fratelli” minori Ajeeb e Mephisto, anche loro giocatori di scacchi, il Turco non è un automaton in senso classico, dato che celava un trucco, ma, essendo il meccanismo in esso contenuto reale, composto di leve e ruote dentate, pesi, tavole magnetiche etc, si può concludere fosse solo la fonte del suo movimento a essere diversa rispetto a quella degli altri robot: gli automata traevano il movimento da un meccanismo a corda, mentre il Turco da un essere umano, espertissimo giocatore di scacchi, posizionato al suo interno.
Il Turco ricostruito
Trattasi quindi di un riuscito esperimento che accomunava tecnologia avanzata (così tanto che nei primi decenni nessuno degli osservatori esterni riuscì a fornire la corretta spiegazione del probabile funzionamento del Turco) e illusionismo, il tutto per garantire uno spettacolo impareggiabile.
Fu costruito dall’ungherese Wolfgang von Kempelen, nel 1770, e fu operativo, in un tour mondiale che lo portò ovunque, soprattutto passando per le corti europee, fino al 1854, quando fu distrutto in un incendio scoppiato nel Museo che lo ospitava, il Chinese Museum of Charles Wilson Peale.
Prima dell’esibizione, il proprietario era solito aprire gli scomparti, celati da pannelli sotto il bancone, per rendere palese l’assenza di trucchi; uno degli scomparti conteneva la cosiddetta “scatola”, the box, piena di leve e ingranaggi, che doveva essere, secondo l’illusione, il cervello del Turco; i restanti scomparti contenevano a mala pena qualche filo metallico, e comunque erano troppo piccoli per ospitare un uomo, o così si credeva (infatti si arrivò a pensare che il segreto del turco fosse un nano, o un uomo sprovvisto di gambe, celato al suo interno; o che fosse posseduto da spiriti di defunti giocatori di scacchi). I pannelli erano aperti uno alla volta, consentendo, come nel più classico numero di illusionismo, all’uomo all’interno di nascondersi in scomparti segreti.
La scacchiera era sottile e provvista di una lamina metallica interna, sul lato della quale erano posti piccoli magneti mobili che andavano a collocarsi laddove l’avversario del Turco poneva le proprie pedine. Il pilota del Turco quindi poteva rispondere, azionando il complesso meccanismo che permetteva al robot di muovere a sua volta i pezzi.
Ma non è finita qui, perché per meglio caratterizzare l’illusione, il turco poteva roteare gli occhi, dando segno di impazienza, allorché l’avversario impiegasse troppo tempo a muovere e, addirittura si narra che, durante la partita contro Napoleone, dopo che l’Imperatore ebbe tentato per ben due volte mosse illegali, il turco fece cadere, con un movimento del braccio, tutti i pezzi. Cosa che divertì molto Napoleone, che a quel punto decise di giocare pulito, infatti venne sconfitto in sole 19 mosse…
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Euphonia
Creata da Joseph Faber, intorno alla metà del XIX secolo. Una macchina spaventosa, come si può vedere nella foto trattavasi di una testa umana collocata in un meccanismo dal funzionamento ambiguo, in grado di riprodurre, si dice in inglese, ma con accento tedesco, la voce umana.
Era capace di pronunciare l’alfabeto, di cantare, sussurrare, ridere e pronunciare la frase con la quale si presentava al suo pubblico: “How do you do, ladies and gentlemen!”
Si dice che chiunque abbia ispezionato la macchina al tempo, abbia stabilito che non c’era alcun trucco e che il tutto fosse reso possibile solo grazie a un prodigio della tecnica. Peccato che poi venne alla luce il piccolo dettaglio che Faber avesse sul suo libro paga un ventriloquo. Con ogni probabilità, quindi, Euphonia era semplicemente un gioco di prestigio.
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L’Uomo Elettrico
Costruito da Louis Philip Perew nel 1894 e poi “perfezionato” fino al 1914. Si trattava di un automa in grado di trainare un carro o una carrozza. L’invenzione, quindi, avrebbe soppiantato i cavalli in qualità di forza motrice. Si dice fosse alimentato a corrente elettrica, da cui il nome, Electric Man, che spesso i giornali dell’epoca trasformavano in Automatic Man, creando confusione anche riguardo il nome dell’inventore. Figura umanoide alta più di due metri, vestita di bianco, dotata di un paio di baffi a manubrio, si dice raggiungesse la “ragguardevole” velocità di 9 miglia orarie.
Il punto è che, anche l’Uomo Elettrico era il frutto di un elaborata messinscena, rafforzata dalla voluta appariscenza dell’automa, per volontà di Perew il più possibile somigliante a un uomo, così da distrarre gli spettatori e allontanarli dalla comprensione della realtà evidente: non era l’Uomo Elettrico a fare da traino, bensì era il veicolo che doveva trainare a spingerlo; l’automa si limitava a sgambettare, dando l’illusione di pestare il terreno.
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L’Uomo a Vapore
Riguardo lo Steam Man, ideato da Zadoc P. Dederick nel 1867 o ’68, il discorso si fa più interessante. Come dal nome, trattavasi di un automaton alimentato a vapore, il primo della sua categoria poi proseguita, abbiamo visto, dall’Uomo Elettrico e da altri suoi degni compari, l’Uomo Meccanico, un secondo Uomo a Vapore, tutti più o meno impiegati come mezzi da traino. Solo che, diversamente dagli altri, l’Uomo a Vapore pare fosse il solo a funzionare davvero.
Ma non corriamo con la fantasia, tanto per cominciare bisogna tener conto delle fonti, per lo più articoli giornalistici coevi, che cadono spesso in contraddizione, circa il reale funzionamento o il fallimento delle esibizioni. Quel che è certo è che riusciva a muoversi autonomamente, senza necessitare di un veicolo a spingerlo, e che trovasse notevoli difficoltà a far presa sul terreno, specie in presenza di ciottolato, oppure sui terreni accidentati.
Quindi siamo di fronte a un vero automa, capace di muoversi, ma assolutamente inefficace.
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Radio Police Automaton
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E infine, sconfiniamo nel campo della fantascienza. Nel Maggio 1924, la rivista Science and Invention pubblicò una pagina che presentava il Radio Police Automaton, un poliziotto robotico radiocomandato: l’antenato di RoboCop
.Come da disegno, un’automobile della polizia avrebbe funzionato da centro di controllo mobile della squadra di Robot impiegati, nel caso particolare, a disperdere la folla. Roba democratica, diciamo…
Dotato di batterie e di dinamo, ma anche di una doppia alimentazione, un vero e proprio motore a carburante, altoparlanti per intimidire i criminali, piedi cingolati, mani rotanti (e razzi fotonici XD) e addirittura un serbatoio di gas lacrimogeno, da scaricare all’occorrenza.
Quando si suol dire, la fiducia nella scienza…
Link Utili:
Parte I
Parte II
Parte III
Parte IV
Fonti:
CyberneticZoo
Dark Roasted Blend