Rocca San Felice: fiabe, amore e leggende in provincia di Avellino

Creato il 18 dicembre 2014 da Nonsoloturisti @viaggiatori

Quasi tutte le culture del mondo parlano del " velo", un qualcosa che divide il nostro mondo, il mondo degli uomini, dall'"altro". Gli abitanti del freddo nord porgono oltre questo immaginario confine le dimore del "piccolo popolo", folletti, gnomi, fate e creature incantate; per altri, più vicini alle nostre latitudini, al di là della sottile barriera sorge più semplicemente il regno degli spiriti e dei defunti. Innumerevoli sono le storie ed i miti di quei personaggi che oltrepassato il velo hanno saputo fare ritorno, ed altrettante sono le leggende che parlano di luoghi ove la barriera si rende così leggera da diventare invisibile, permettendo uno sguardo al di là, o, in alcuni più rari casi, il passaggio. È così che le fiabe prendono forma.

La nostra inizia con tre donne che si muovono nell'oscurità della notte con una fiaccola in mano, tre donne molto diverse poste a secoli e secoli di distanza, sinuose signore di quel bagliore che portano con sé tra le tenebre, padrone di mondi lontani e vicini. Il tutto si svolge fra un'altura e la valle che essa sovrasta, una rocca ed un abisso, ed è nelle profondità di quest'ultimo che il nostro viaggio incomincia.

Millenni or sono, "fra oscure selve, e tra le selve un fiume che per gran sassi rumoreggia e cade, e sì rode le ripe e le scoscende, che fa spelonca orribile e vorago, onde spira Acheronte, e Dite esala.". Queste le parole del sommo Virgilio alla vista di quell'anfratto, sulle cui sponde viveva la dea, Mefitis, "colei che sta nel mezzo", dea di morte e di vita.

Somma padrona di quei luoghi, mi piace immaginarla mentre sotto i raggi del sole passeggiava con vesti leggiadre tra i campi di grano e le donne del villaggio portando la sua benedizione di fertilità. Ma allo spegnersi degli ultimi bagliori del giorno eccola vestire altre vesti più cupe, accompagnando le anime dei defunti alla "spelonca orribile", illuminando loro la via fino alle soglie delle porte dell'Ade.

Ancora oggi la valle è luogo di vita e di morte, di fanghi fertili e curativi e di gas sulfurei venefici, ancora oggi quel mistico luogo porta il nome di colei che presiede il passaggio, Mefite.

Poco lontano dalla dimora della dea sorge un'altura tra le colline sulla cui sommità riposa canuta e stoica la Rocca, dimora dello spirito della Dama Bianca. Alcuni di voi potranno asserire che "leggende folkloristiche" di torri e castelli infestati sono la norma, ma qui, tra gli abitanti che vivono sotto l'ombra della Rocca non ve n'è uno che non abbia avuto prova dell'esistenza della dama. Così le storie si susseguono e quella che poteva sembrare una favola per tanti nella valle inizia ad avere i contorni di una candida realtà.

Benché la sua presenza sia sempre percepibile è nelle notti di plenilunio che essa si mostra, vestita di bianco, vaga per le rovine con una torcia, alla ricerca del marito e del trono che le furono strappati. La storia della dama inizia secoli addietro, nella prima metà del 1200, ai tempi di Federico II, " stupor mundi" - meraviglia del mondo, e di suo figlio, Enrico VII. Mentre il padre regnava sulle Due Sicilie il figlio veniva lasciato ancora ragazzo come reggente in Germania dove, cresciuto ed istigato dalla nobiltà del luogo, decise di opporsi al genitore.

Quando Enrico venne catturato, il padre, temendo una sua liberazione e una nuova ribellione, lo relegò nelle prigioni più remote del regno, facendolo spostare costantemente in modo che non venisse mai trovato. Ed è in uno di questi spostamenti che Enrico morì, precipitando giù da un dirupo.

Ma la moglie, follemente innamorata del marito ed a lui eternamente devota, ancora lo cerca, nella speranza di rivederlo per l'ultima volta, aggirandosi nell'ultimo luogo dove ebbe notizie dell'amato... Margherita d'Austria, Dama Bianca della Rocca, principessa oltre il velo.

Il piccolo paese che sorge sotto lo sguardo della dama è anch'esso molto legato a quei tempi lontani, tempi di principesse e cavalieri, tanto da organizzare ogni anno, nell' ultima settimana d'agosto, un'imponente festa medievale. Ed è durante la notte della festa che ha luogo la nostra ultima storia, superati i vicoli e le bancarelle da cui provengono profumi di vino e miele, nella piazza principale del paese, tra fauni danzanti e falconieri, dove la folla d'improvviso si apre. Al centro un gruppo di artisti di strada, personaggi eclettici e fantasiosi, giullari, giocolieri, acrobati e danzatori. Tra di loro si fa strada felina una giovane ragazza che brandendo del fuoco inizia a danzare all'oscillare della fiamma...

La piazza che fino a qualche attimo prima era un caotico via vai coperto da un chiassoso vociare è ora immobile e muta, come attanagliata da un incantesimo di quella figura che "meravigliosa e pericolosa" danza tra le lingue di fuoco. La sua compagna con le fiamme arriva quasi a toccarla, quasi a incendiarla, ma lei continua sicura nella sua danza e nel suo spettacolo, il fuoco sembra non riuscire ad afferrarla, o forse è lei che con i suoi movimenti serpentini riesce a muoversi tra i respiri delle fiamme?

Non importa, non importa chi sarà quella danzatrice spento il fuoco e finita la musica, non importa dove la sua compagnia girovaga la porterà, ora, per il tempo di quelle fiamme che si piegano al suo flessuoso danzare, essa è signora di questo mondo, regina della Rocca.


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :