Grande chiusura per il Roccella Jazz Festival lo scorso 24 agosto: presso il Teatro al Castello della cittadina jonica che dà il nome all’evento, Mira Awad e Noa si sono avvicendate sul palco, per poi trovarsi a cantare insieme (un duo da brivido), dando vita ad un concerto pregno di ottima musica e spontaneo coinvolgimento, offrendo, in particolare, un senso concreto e definitivo sia alla kermesse in sé sia alla sua denominazione, quel “shalom” che, insieme a parole come habibi (“mio amore”) e fratellanza, si è esteso con vivida forza dal proscenio verso la folta platea, entusiasta ed ammaliata dal carisma espresso dalle due cantanti, le cui diverse etnie hanno trovato unitarietà nella proposta musicale offerta.
Noa
In particolare Noa, felicemente accompagnata da Shay Alon (chitarra), Gil Zohar (tastiere e basso), Gadi Seri (batteria), Gil Dor (chitarre), ha condotto verso la sua arca una 33ma edizione che, mantenendo la linea itinerante degli ultimi anni (oltre a Roccella, Reggio Calabria, Locri, Martone, Marina di Gioiosa, Bivongi, Monasterace, Casignana) e mutando direzione artistica (passata da Paolo Damiani a Paola Pinchera e Vincenzo Staiano), è parsa partire un po’ in sordina, con la sensazione che non vi fosse un evento effettivamente trascinante ed identificativo, ma tanti concerti validi, ognuno con le proprie caratteristiche, spaziando tra tradizione ed innovazione.Mira Awad
Ma alla fine, tra polemiche e problematiche varie, il Festival, serata dopo serata, ha rivelato la concretezza ed il fascino del grande evento, musicale nello specifico e culturale in senso generale, perché proprio questo non va assolutamente dimenticato, che il significato più intimo e profondo di queste manifestazioni è da rinvenire anche, se non soprattutto, nella capacità d’esprimere una valenza simbolica e simbiotica alla parola “cultura”, nel senso di confronto con tutto ciò che ci circonda e quindi di opportuna crescita, fra miglioramenti ed affinamenti lungo il percorso.Ecco perché il Festival che ogni anno, come il matrimonio di manzoniana memoria, “non s’ha da fare”, dato puntualmente per sopravvissuto quando non morto del tutto, grazie ai sacrifici “degli uomini di buona volontà” risulta più vivo che mai, anzi pronto a nuova vita, capace d’offrire con costanza e coerenza artistica esibizioni musicali e non solo (penso agli splendidi pomeriggi presso l’Auditorium) sempre caratterizzate dal felice incontro tra qualità della proposta e fascinazione complessiva, coinvolgendo cultori, semplici appassionati o curiosi in un afflato sincero e coinvolgente, esprimendo la forza della continuità e capacità di stupire.
*************************************************
Articolo già pubblicato, in data 29/08/2013, sul sito “La zattera del pensiero” (http://www.zatteradelpensiero.it/), corredato dalle interviste di Giovanni Certomà a Paola Pinchera, Paolo Damiani, Sisinio Zito.