Alla Game Developers Conference di San Francisco, Corey Davis di Psyonix ha parlato della genesi, dello sviluppo e del successo di Rocket League, uno dei giochi più popolari degli ultimi mesi.
Articolo a cura di Stefano Talarico
- Disponibile per:
- Pc
- PS4
- Xbox One
Tornate indietro a luglio 2015: nell'Instant Game Collection di PlayStation Plus si manifesta un gioco misconosciuto, apparentemente bizzarro ma potenzialmente simpatico dal nome Rocket League, in cui due squadre di auto particolarmente acrobatiche giocano a calcio in arene disseminate di turbo. Tempo un paio di partite, e quel gioco bizzarro ma potenzialmente simpatico si trasforma in una droga legalizzata da "ancora un'altra partita", in grado di rivitalizzare un periodo videoludicamente morto come l'estate e di adunare frotte di amici davanti a un televisore, pronti a urlarsi di tutto - nel bene e nel male - attraverso l'headset della console. Dopo trentatré anni, l'estate italiana era tornata piena di notti magiche, inseguendo un gol. E pensare che Psyonix provò a farci sentire dei Cristiano Ronaldo a motore già nel 2008, con la sua opera prima Supersonic Acrobatic Rocket-Powered Battle-Cars. Nonostante il titolone altisonante, sotto al cofano c'era la stessa idea di Rocket League, ma evidentemente non la stessa cura e immediatezza, dal momento che il gioco si è ancorato a un poco attraente 67 su Metcritic (a differenza dell'85 di Rocket League). Battle-Cars non fu in effetti il successo sperato e, nonostante sia riuscito comunque a conquistarsi una nicchia di appassionati che lo gioca ancora oggi e ne realizza montaggi e clip YouTube, il design director Corey Davis era consapevole che le cose sarebbero dovute andare diversamente, come ha spiegato ai presenti durante il suo speech alla Game Developers Conference. Nel 2011, lo studio ha cominciato a gettare le basi per World Battle Car Leagues, ovvero il seguito di Supersonic Acrobatic Rocket-Powered Battle-Cars, con la volontà di migliorare gli aspetti negativi del gioco originale e cercando di apportare delle modifiche sostanziali.
Il team lavorò a modelli di qualità più alta e a un modello fisico più realistico, spendendo molto tempo a studiare la scala delle arene e dell'esperienza in generale, ma soprattutto cercò di allontanarsi dalle automobiline radiocomandate, puntando su un modello di guida diverso. Tuttavia, queste modifiche hanno finito per essere troppe da gestire in una volta, minando l'immediatezza della giocabilità al punto che nessun publisher - tra cui EA - si mostrò interessata a produrre il gioco, che finì accantonato dallo studio perché "troppo avanti nei suoi tempi per funzionare". Nel tentativo di monetizzare le risorse che aveva creato fino a quel punto, Psyonix si è messa al lavoro per creare Battle-Cars World, un prototipo di gioco open world in cui guidare un'auto attraverso enormi distese in cui erano presenti diversi stadi, ognuno teatro di un minigioco diverso. Inutile dire che un progetto di questa scala, in mano a uno studio di una ventina di persone, non poteva funzionare davvero, e ben presto sono apparsi evidenti i limiti legati a una fisica unica per minigiochi con regole completamente differenti. Era tempo di cambiare idea ancora una volta. Fortunatamente per tutti, nel 2013 nacque il concept di Rocket League, e Psyonix decise di fare tutto per il meglio nel tentativo di riuscire nell'impresa. Innanzitutto, riducendo il team e focalizzandosi solamente sul car soccer, lavorando a un'infrastruttura su server dedicati (grossa mancanza di SARPBC) e aprendo subito a una possibile versione PC, in modo da puntare il traguardo dei 60 fotogrammi al secondo e garantire la fluidità necessaria per un gioco davvero esplosivo e divertente. Mantenendo e migliorando la componente di personalizzazione dei veicoli (in origine era previsto anche un sistema di crafting per le parti meccaniche), inoltre, lo studio pensava di proporre il gioco come free-to-play, cercando di monetizzare dalle microtransazioni. Ma nel 2014 questo settore di mercato si era già saturo e per fortuna il team ha deciso di concentrarsi sul gioco vero e proprio. Una scelta confermata, per altro, anche dalle stime dell'epoca, secondo le quali lo studio avrebbe guadagnato di più con meno copie "premium" che con più del doppio di quelle free-to-play e relative transazioni. A proposito di scelte vincenti, Davis ha poi spiegato che Rocket League nasce volutamente senza ruoli e statistiche per le varie auto, poiché queste implementazioni avrebbero reso il gioco meno immediato e divertente. Una scelta di design, come quella che ha portato il team a concentrarsi su un singolo layout, studiato nei dettagli e ritenuto "perfetto", da riproporre in tutte le arene. Altra idea efficace fu quella di puntare, come detto, su un matchmaking migliorato grazie a server dedicati, con playlist online in cui giocare 2v2, 3v2 e così via.
Senza contare, poi, che i server hanno permesso di sviluppare il cross-platform tra PlayStation 4 e PC (anche se inizialmente Rocket League era previsto su PS4 e PS3, con una versione PC destinata ad arrivare solo in seguito), garantendo al gioco una fanbase allargata e - cosa non da poco per gli sviluppatori - la percentuale delle vendite che arrivava da Valve, sempre abbondante e puntuale. Per quanto riguarda le meccaniche di gameplay, come detto Rocket League deve molto al suo motore fisico, completamente basato sull'"emulazione delle intenzioni del giocatore" e su un tweak costante per il bilanciamento dei match, piuttosto che sul reale impatto dell'auto sul pallone. Questo perché, a detta di Davis, un'impostazione fisica troppo reale sarebbe stata troppo casuale e imprevedibile, come dimostrato anche dalle prime alpha e dalle reazioni (tutt'altro che entusiaste) del pubblico di fedelissimi. La scelta di una fisica bizzarra ma profondamente curata nei dettagli, oltre alla possibilità di chiudere un match ben oltre lo scadere dei cinque minuti regolamentari (finché la palla non tocca terra la partita non finisce) ed alla trovata delle demolizioni - una meccanica non particolarmente studiata o bilanciata per stessa ammissione del team - hanno sancito l'enorme successo del gioco tra il pubblico, complice anche la quick chat e le sue opzioni di dialogo, che sono immediatamente diventate un meme di internet.
Tutti questi elementi hanno permesso al gioco di diventare virale già dalle prime beta, dal momento che lo studio, piuttosto che investire in marketing, ha preferito concentrarsi sulla promozione non convenzionale, distribuendo alcune copie agli appassionati affinché spingessero il gioco su YouTube e Twitch. Una mossa che, vista la scena di veterani e appassionati, ha fatto entrare immediatamente Rocket League nel giro degli eSport "pro", contribuendo ulteriormente a spingere la curiosità del pubblico casual. Aggiungeteci che si tratta di un gioco perfetto per creare gif mozzafiato e comprensibili anche a chi non ha mai giocato prima, un'immediatezza che lascia appena intravedere il concetto di "facile da capire, difficile da padroneggiare" e la spinta del PlayStation Plus, e i motivi del successo di Rocket League sono presto spiegati. A proposito di PlayStation Plus, Davis ha ammesso che in Psyonix c'è chi è rimasto scettico riguardo al lancio del gioco nella Instant Game Collection di PlayStation, anche perché tra l'open beta e l'uscita a luglio 2015 Rocket League si è garantito un largo spazio sulla stampa specializzata; la gente continuava a parlarne e il successo, inevitabilmente, continuava ad aumentare comunque, fino a raggiungere la cifra insperata di centottantamila utenti unici. Ma, col senno di poi, lo studio è comunque felice del successo dopo tanti anni di lavoro e sacrifici, e certamente noi giocatori abbiamo goduto una calda estate (e oltre) di gol e azioni spettacolari.
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