[rod] Per anni ho dimenticato con la forza della rimozione Big Fish (2003), uno dei film che ho amato di più al cinema. L'ho "dimenticato" quando ho condotto il cineforum sulla figura del padre, quando ne progettavo uno sull'idea di verità, quando parlavo di Tim Burton. Se non avessi fatto un patto, mi esimerei dal parlarne adesso, ma è a questo che servono i patti: a metterti di fronte al mondo e alle sue difficoltà.
- Dad, I've no idea who you are, because you've never told me a single fact.
- I've told you a thousand facts, Will. That's what I do, I tell stories!
- You tell... lies, dad. You tell amusing lies.
Will, naturalmente, non capisce nulla e soprattutto non capisce come sua madre sia indulgente nei confronti di tante storie incredibili. Attorno a sé non vede né donne-pesce né lupi mannari, il circo è una cosa da bambini e la sua realtà è un solido lavoro a Parigi con una splendida moglie incinta di sette mesi. Di cosa parlando due uomini così? Come fanno a credersi? Chi sono l'uno per l'altro? Uno dei misteri centrali di Big Fish, film superbo nei cui confronti sono tutto tranne che imparziale, è proprio nella voce narrante: chi racconta questa storia? Tim Burton moltiplica lo sguardo senza risparmiarlo, i fatti sono ammantati di tante voci convergenti, che si fa fatica a comprendere dove cominci la leggenda del padre.
A mio avviso, il torto del figlio, del sensibile, amabile Will, sta proprio nel contrapporre questo modo romanzesco di raccontarsi a una catena di fatti, a cui pure l'uomo ha diritto. Ed non esclude mai altre possibilità narrative della storia che lo riguarda, anche quando queste finiscano per coincidere: è Will che a un certo punto cede all'iperfetazione che ha finito di affabularlo. Questi due uomini, con donne meravigliose al fianco, femminili, sensibili, colte, appassionate, si educano, sia pure quando è troppo tardi, ad ascoltarsi, per parlare un'unica lingua e provare a intepretare la vita e la morte in modo da comprenderlo entrambi quando conta.
In uno dei momenti finali del film, il medico che lo ha visto nascere racconta a Will la vera storia di quel giorno, del fatto che Ed non c'era, ma non era a prendere un grosso, grossissimo pesce attirandolo con la sua fede nuziale. E lo rimprovera per la sua mancanza di pietà nei confronti del padre: I suppose, if I had to choose between a true version and an elaborate one involving a fish amd a wedding ring, I might choose the fancy version. Will china il capo deluso e risponde: I kind of like your version, con un'intraduzibile perifrasi colloquiale per sfumare il suo rapporto non meno idealizzato con la realtà. Big Fish è crudelissimo con questo figlio che vuole soltanto conoscere, sapere, smascherandone la sua necessità narrativa non meno importante di quella di Ed, ma concedendo l'immortalità solo a quest'ultimo:
That was my father's final joke, I guess. A man tells his stories so many times that he becomes the stories. They live on after him. And in that way, he becomes immortal.
Film, se possibile, ancora più seducente nella fotografia di tanti altri, e perfino di Sleepy Hollow, Big Fish è recitato benissimo dai protagonisti: Ewan McGregor, con la sua espressione arricciata e simpatica, è il giovane Ed, allorché l'Ed anziano è interpretato dal simpatico e burbero Albert Finney. Will, l'unico della famiglia ad essere visto schiacciato sulla dimensione senza fuga del presente, ha il bel volto e la sensibilità di Billy Crudup. Sandra Bloom giovane è Alison Lohman, da adulta moglie di Ed è la meravigliosa Jessica Lange. E l'altra donna, la tentazione di Ed, la sirena, ma anche la strega, la donna dell'altra vita, la bimba che fu, è Helena Bonham Carter, per la quale basterebbe Big Fish, anche senza ricorrere ai capolavori quale Il discorso del re, a smontare qualunque dubbio sui meriti della signora Burton.
Ma è l'insieme, la sensibilità speciale per la vita e per la morte, per l'umanità dei personaggi a rendere Big Fish un film speciale, un film autenticamente e, senza virgolette, d'autore: è la sensibilità dell'uomo e il talento dell'artista ad avere la meglio sui singoli fattori e rendere unica questa storia di piccole e grandi verità su chi siamo.