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Roger Hodgson: l’Ex Supertramp Delizia Milano

Creato il 18 luglio 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Roger Hodgson: l’Ex Supertramp Delizia Milano

Probabilmente il nome di Roger Hodgson non viene riconosciuto istantaneamente da tutti gli intenditori di musica, nemmeno da chi segue il pop-rock inglese dei seventies, ma ci sono anche buone possibilità che chi ha assistito al suo concerto milanese al Teatro Smeraldo dello scorso 11 giugno possa affermare di aver visto uno dei migliori show della sua vita. Hodgson è infatti un cantante polistrumentista inglese che assieme a Rick Davies ha fondato il gruppo di progressive-pop (o almeno così a me piace definirlo, anche se ci sono tante altre etichette che si potrebbero dare) dei Supertramp all’inizio degli anni ’70; dopo due album di esordio poco venduti e vari cambi di formazione, i due trovano gli altri tre musicisti che costituiranno la formazione “classica” e sfondano le classifiche nel 1974 con “Crime of the Century”, e da allora sarà un susseguirsi di singoli e album vendutissimi, fino ad arrivare al culmine della popolarità con “Breakfast in America” del 1979. La caratteristica del gruppo è quella di avere due diverse voci soliste, Hodgson e Davies appunto, che in realtà rappresentano due diverse anime (ognuno di loro difatti, nonostante i brani siano firmati congiuntamente per via di un accordo, scrive in realtà da solo i propri pezzi e li canta): il lato più blues e pianistico è rappresentato da Davies, che nei suoi testi spesso rappresenta personaggi grotteschi, arrabbiati o introversi, mentre il lato più orecchiabile e “pop” viene rappresentato da Hodgson, che oltre alle tastiere suona anche le chitarre e che nei suoi testi cerca di esaminare a fondo l’animo umano con tutti i suoi dubbi e le sue debolezze, spesso rivolgendosi a una divinità superiore che lo aiuti a trovare la pace interiore o appellandosi all’amore universale.

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Si dà il caso che, senza nulla togliere alle bellissime composizioni di Davies, le canzoni più famose dei Supertramp siano proprio quelle scritte e cantate da Hodgson, in quanto proprio per la loro orecchiabilità sono state rilasciate come singoli e a tuttora vengono suonate nelle radio di tutto il mondo; si dà purtroppo anche il caso che Hodgson nel 1983 abbia lasciato il gruppo, ufficialmente per dedicare più tempo alla famiglia, ma evidentemente anche perché il suo percorso musicale andava sempre più differenziandosi da quello di Davies fino a rendere insostenibile la coesistenza di due stili così diversi, e abbia quindi perseguito una carriera solista. Da quel momento dunque i Supertramp continuano ad esistere ma senza la sua presenza e sotto la guida unica di Rick Davies. Ecco dunque spiegato perché vedere un concerto di Roger Hodgson con la sua band equivale a vedere un vero e proprio concerto dei Supertramp, seppur con la limitazione di un catalogo “dimezzato” (cioè mancante dei brani appartenenti a Davies): la formazione a cinque (Hodgson che si alterna tra chitarra acustica, pianoforte e tastiere più un bassista, un batterista, un tastierista e un sassofonista che si alterna anche a clarinetto, percussioni e tastiere) ricalca perfettamente quella della formazione classica del gruppo negli anni ’70 (l’unico strumento mancante è la chitarra elettrica, negli ultimi anni purtroppo messa da parte da Hodgson), la scaletta è composta per l’85% dai brani più conosciuti dei Supertramp, che vengono quindi eseguiti con la stessa voce che li ha cantati nella versione originale su disco, e il restante 15% è composto da brani della carriera solista di Hodgson, la cui qualità non è affatto inferiore a quelli scritti per il gruppo.

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Inoltre il tutto è condito dall’atteggiamento amichevole di Hodgson, sempre sorridente, che si diverte insieme al pubblico e comunica il più possibile con esso, e che dimostra tantissima umiltà nel rapportarsi coi suoi fan, forse facendo finta di dimenticare che è stato il co-leader di un gruppo che ha venduto milioni di dischi nel giro di otto anni. Un piccolo intoppo iniziale all’inizio del concerto (la nota introduttiva di Take the Long Way Home generata da un computer che bloccandosi la prolunga all’infinito), che avrebbe fatto infuriare la più consumata delle rockstar, per Roger diventa un’occasione in più per scherzare con l’auditorio, nella paziente attesa che il problema si risolva, e per inscenare una seconda entrata con tanto di auto-presentazione una volta che tutto è sistemato. Fortunatamente questo è l’unico intoppo di una esibizione che per il resto scorre senza problemi e che regala ai presenti quasi due ore di canzoni memorabili interpretate dalla particolarissima voce di Hodgson e supportate dagli eccellenti cori della band; il pubblico si commuove risentendo brani come Hide in Your Shell e Don’t Leave Me Now, in cui musica e testi si fondono in un unico vortice emozionale di intensità unica, si diverte ballando e cantando con Take the Long Way Home, Dreamer e Breakfast in America, fischietta assieme a Roger in Easy Does It e in generale partecipa attivamente ad ogni momento del concerto, riservando alla fine di ogni brano applausi e ovazioni da stadio. Lo stesso interprete, che spiega sempre nelle interviste come le sue canzoni vengano dal profondo del suo cuore e della sua anima, vive in prima persona ogni composizione, apparendo particolarmente concentrato in quelle più intense e drammatiche e trasmettendo simpatia e buonumore in quelle più orecchiabili.

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Da notare che Hodgson ripropone tutti i “suoi” brani (corrispondenti quindi alla metà di ogni album) dei due LP più famosi dei Supertramp, appunto “Crime of the Century” e “Breakfast in America” (compresa la poco nota ma sicuramente apprezzata Child of Vision, con tanto di lunghissimo assolo finale di tastiera), lasciando per forza di cose meno spazio agli altri tre album della band. Gli unici tre brani non-Supertramp sono invece tutti estratti dal suo lavoro solista migliore, l’epico “In the Eye of the Storm” del 1984, registrato subito dopo la sua separazione dal gruppo. Il primo finale è riservato all’epica Fool’s Overture, un pezzo sinfonico-progressivo composto da una prima parte strumentale con voci ed effetti sonori in sottofondo e da una seconda cantata. Ma il pubblico, forse conscio del fatto che finora l’artista che ha davanti ha spesso disertato l’Italia nei suoi tour in giro per il mondo, non può non desiderare di ascoltare qualche altro stralcio di storia della musica, e Hodgson è ben felice di concedere tre bis, iniziando con la delicata e romantica Two of Us, proseguendo con la famosissima Give a Little Bit, la sua canzone-simbolo, inno alla pace e all’amore universale, e finendo in allegria con il pop da manuale di It’s Raining Again, con tanto di filastrocca finale: impossibile stare fermi. E tra lacrime, risate, emozioni forti, dubbi esistenziali e colazioni americane, Roger Hodgson ha fatto rivivere ancora una volta il mito dei Supertramp di cui in prima persona è stato artefice.

Le fotografie inserite nell’articolo sono di Andrea Grasso

una immagine di Roger Hodgson Teatro Smeraldo Milano 11 giugno 2012 5 620x464 su Roger Hodgson: lEx Supertramp Delizia Milano

Scaletta

Take the Long Way Home

School

In Jeopardy

Lovers in the Wind

Hide in Your Shell

Easy Does It / Sister Moonshine

Breakfast in America

C’est le Bon

A Soapbox Opera

The Logical Song

Only Because of You / Lord Is It Mine

Child of Vision

If Everyone Was Listening

Don’t Leave Me Now

Dreamer

Fool’s Overture

Two of Us

Give a Little Bit

It’s Raining Again

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