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Trama: nella Roma ancora invasa dai tedeschi si intrecciano le vite di Pina, vedova incinta e in procinto di risposarsi, di Manfredi, ricercato dalla Gestapo per i suoi contatti con i badogliani, e di Don Pietro, mite prete deciso ad aiutare chiunque glielo chieda...
Aiuto. Recensire il primo esempio di neorealismo e un capolavoro del cinema italiano nonché uno dei film che adoro in assoluto, considerato quanto ne hanno già scritto e parlato menti ben più auliche della mia (uno su tutti: Scorsese con il suo Viaggio in Italia) sarà un dramma e un'impresa impossibile. Proviamoci partendo dall'apprezzare innanzitutto l'innegabile valore storico di Roma, città aperta. Pur facendo delle concessioni al melodramma e alla commedia, la pellicola di Rossellini è innanzitutto lo spaccato di una società ancora immersa negli orrori della guerra, di un'epoca in cui gli alleati erano sbarcati ma ancora non erano arrivati a Roma ("Ma esisteranno davvero 'sti Americani?") e si concentra essenzialmente sulle condizioni delle classi disagiate, sulle loro speranze di libertà e riscatto, su un paesaggio urbano profondamente ferito e mutato e ripreso dal vero senza l'utilizzo di ricostruzioni in studio, anche perché gli studi di Cinecittà all'epoca erano stati trasformati in rifugio per gli sfollati. A tratti, Roma, città aperta sembra quasi un documentario sul quale è stata cucita una sceneggiatura (che è stata nominata all'Oscar e vede coinvolto anche Federico Fellini) per coinvolgere il pubblico ed invogliarlo a guardarlo perché, bene o male, tocca tutti gli ambienti popolari e mostra soprattutto il modo di vivere dei proletari o disoccupati dell'epoca: famiglie che erano costrette a condividere appartamenti piccolissimi, gli assalti ai forni causati dalla fame, il lavoro subordinato alla fedeltà al regime, l'importanza della Chiesa nella vita quotidiana e nei momenti particolari come matrimoni, funerali o l'educazione dei bambini, la costante ingerenza dell'esercito tedesco e degli italiani "traditori", costretti dalla disperazione a vendersi per privilegi minimi.
Ad arricchire poi l'innegabile bellezza di questo interessante sguardo sulla Storia del nostro paese si aggiungono una storia coinvolgente e la bravura di tutti gli attori coinvolti, in particolare, ma sembra quasi superfluo dirlo, di Anna Magnani e Aldo Fabrizi. Non è un caso se le sequenze che li riguardano sono passate alla storia e sono quelle che rimangono più impresse nella mente dello spettatore. Anna Magnani è la sora Pina, una donna forte che dalla vita e dalla guerra ha ricevuto già una buona parte di dolore, una donna "del popolo" nel senso migliore del termine perché è pratica, combattiva e orgogliosa; l'attrice romana, dotata non di grande bellezza ma di grande fascino e di due occhi profondi e tristi è semplicemente perfetta per il ruolo e spezza il cuore non solo nella famosa, tragica scena della sua morte ma anche durante il dialogo assieme a Francesco, il futuro marito, un dialogo dove la sora Pina ascolta le parole speranzose dell'uomo e si commuove, osando sperare in un futuro migliore per entrambi e per i loro figli. Aldo Fabrizi, invece, incarna la splendida e tragica figura di Don Pietro, all'inizio protagonista di alcune simpatiche scene debitrici di un certo tipo di commedia popolare e in seguito uno dei personaggi più profondi e complessi dell'intera pellicola; la scena che lo vede maledire i responsabili della morte di Manfredi per poi pentirsene amaramente mi ha sempre emozionata molto più della sequenza più famosa e d'impatto, quella della fucilazione al cospetto dei bambini che fischiano per manifestare la propria vicinanza allo sfortunato e coraggioso prelato. E non è questo l'unico momento genuinamente commovente di un film che strazia il cuore a più riprese, fa sorridere, riflettere e prendere coscienza di chi fossero i veri italiani, quelli con le palle, quelli generosi, quelli che combattevano, quelli che nonostante venissero schiacciati a più riprese conservavano sempre un incredibile orgoglio. In tempi deprimenti come questi, in cui la situazione economica, politica e soprattutto sociale del nostro Paese è poco superiore a quella di un paese del quarto mondo, un film come Roma, città aperta non è solo un capolavoro, ma un'incredibile lezione di vita. Da recuperare, assolutamente.
Roberto Rossellini è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Nato a Roma, ha diretto film come Paisà, Germania, anno zero, Stromboli, Francesco giullare di Dio e Ro.Go.Pa.G. Anche produttore e attore, è morto nel 1977 all’età di 71 anni.
Aldo Fabrizi interpreta Don Pietro. Nato a Roma, lo ricordo per film come Francesco, giullare di Dio, Guardie e ladri, Totò, Fabrizi e i giovani d’oggi, C’eravamo tanto amati e Il ginecologo della mutua. Anche sceneggiatore, regista e produttore, è morto nel 1990 all’età di 84 anni.
Anna Magnani interpreta Pina. Nata a Roma, la ricordo per film come Bellissima, La rosa tatuata (che le è valso l’Oscar come migliore attrice protagonista), Selvaggio è il vento e Mamma Roma. Anche sceneggiatrice, è morta nel 1973 all’età di 65 anni.
Una piccola curiosità prima dei soliti consigli: nonostante l'incredibile interpretazione di Nannarella, la Magnani non era stata la prima scelta di Rossellini per il personaggio di Pina, bensì la viscontiana Clara Calamai. Infine, se Roma, città aperta vi fosse piaciuto, recuperate gli altri due "pezzi" della Trilogia della guerra, ovvero Paisà e Germania, anno zero. ENJOY!!
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