Le bombe cadono sullo scalo di San Lorenzo
Roma 19 luglio 1943. E’ lunedì, una bella giornata dell’estate romana, calda, senza un alito di vento. Alle ore 13 il termometro arriverà a 40 gradi all’ombra.Ma è alle 11,02 minuti che nella città si ode il suono acuto delle sirene, il segnale minaccioso dell’attacco aereo. Molti romani che pure hanno notizia dei tremendi bombardamenti sulle altre città italiane non se ne preoccupano: l’Urbe, la “città santa” non può essere attaccata dal cielo, Roma è patrimonio dell’umanità, a Roma c’è il Papa, anche gli Alleati lo sanno. Che Roma sia inviolabile lo crede l’uomo della strada ma lo credono anche i gerarchi e i generali: al momento dell’attacco aereo, sono trentotto i caccia italiani in grado di levarsi in volo a difesa della città, a contrastare gli aerei nemici. Alle ore 11,03 minuti 362 bombardieri americani decollati dalla Tunisia, dall’Algeria, dalla Libia iniziano il bombardamento.
L'interno della Basilica di San Lorenzo fuori le mura,
devastata dal bombardamento
[...] Il popoloso quartiere San Lorenzo viene investito in pieno. Le bombe cadono su via dei Volsci, via dei Sabelli, via dei Sardi, via dei Marrucini, Via dei Vestini, via degli Enotri, via degli Equi, via dei Ramni, largo degli Osci, piazza dei Campani, via dei Reti, via degli Ausoni e sulle altre strade del quartiere. I cortili, le loggette, i ballatoi, luoghi di svago e di socializzazione vengono sventrati, le ringhiere di ferro battuto divelte pendono tra la polvere e i calcinacci. In via dei Marsi viene colpita la “Casa dell'infanzia” di Maria Montessori, banchi, tavoli e sedie vengono distrutte dalle fiamme. L’edificio, simbolo della "rivoluzione dell'educazione infantile" che ha reso famoso il quartiere in tutto il mondo, non esiste più. A via dei Latini due palazzi vengono distrutti completamente. In uno, al civico 71, abitano trenta famiglie: poche persone sopravvivranno. In piazza dei Sanniti 42 una bomba centra l’edificio dove si trova la trattoria “Pommidoro”, e seppellisce sotto tonnellate di detriti gli abitanti che al suono delle sirene sono scesi in cantina. In via dei Marrucini una bomba invece penetra sino alla cantina e lì esplode uccidendo novantasette persone che vi si sono rifugiate, soprattutto donne e bambini.
I vigili del fuoco impiegheranno sei giorni a portare alla luce i cadaveri. L’orfanotrofio statale di via dei Sabelli che ospita cinquecento bambini viene colpito e dal rifugio sotterraneo i piccoli e le suore vengono estratti dopo trentasei ore; 78 bambini e sei suore rimangono uccisi. In via dei Reti il carcere minorile diventa per molti ragazzi, forse una quarantina, una tomba. Gli altri riusciranno a salvarsi. Viene distrutta un’ala del Convento delle suore Concezioniste in via dei Marsi, mentre sul piazzale Tiburtino le bombe seppelliscono una ventina di persone rifugiatesi nella farmacia Sbarigia, molto nota nel quartiere. Sopravvivono sino alla salvezza, per due giorni, nutrendosi di medicinali, ma il farmacista, il dottor Sbarigia, appena riportato alla luce viene stroncato da un infarto. Brucia in via degli Apuli la fabbrica della birra Wührer, colpita da bombe incendiarie al fosforo. Brucia per tre giorni il pastificio Pantanella, tra la Prenestina e la Casilina, vicino a Porta Maggiore.
[...] Il cuore del quartiere, le basilica patriarcale di San Lorenzo, subisce gravi danni. Le bombe abbattono il tetto di legno, infrangono l’organo, distruggono l’intera facciata della basilica. I frati fuggono attraverso il cimitero per cercare di sopravvivere alla tragedia e per soccorrere poi i sopravvissuti e gli sfollati. Anche la parrocchia del quartiere, la chiesa dell’Immacolata Concezione, viene colpita. La città universitaria, dove in quel giorno non si svolgono lezioni, è danneggiata gravemente in vari edifici, sono colpiti l’Istituto di Sanità Pubblica in viale Regina Margherita, un’ala della Clinica Ortopedica sul Piazzale delle Scienze, il Dopolavoro universitario, il Teatro, la Casa dello Studente in via De Lollis.[...] Un ferroviere, Marco Ferranti, durante l’incursione si rifugia in quel punto, tra le bombe si raccomanda alla Madonnina di terracotta e miracolosamente si salva. Il giorno dopo mura sotto la statuetta una targa di marmo con la scritta.”Alla Vergine Maria per grazia ricevuta”. Altre targhe verranno attaccate a quel muro sotto la “madonnina del tranviere”, come la chiama la gente, negli anni della guerra e poi negli anni della pace fino a coprire quasi tutti i duecento metri di muraglione da piazza Fabrizi a Piazza della Croce Rossa.Il papa, per la prima volta dall’inizio della guerra, esce dal Vaticano e si reca nel quartiere colpito.In fondo a viale Regina Elena scende dalla macchina e si avvia a piedi tra la folla. Davanti alla facciata distrutta della Basilica di San Lorenzo egli si inginocchia. L’immagine di Pio XII con le braccia spalancate tra la folla, con la veste bianca macchiata di sangue, rimarrà a simbolo della tragedia degli abitanti e del legame tra la Chiesa e la città. (tratto da www.storiaememoria.it - www.historiamilitaria.it)
E se tra la folla il papa spalancò le ali, i giovani di allora spalancavano gli occhi al cielo sotto la pioggia delle bombe. Quei giovani oggi si raccontano nella mostra inedita realizzata infatti per l’occasione da Danilo Balducci, dal titolo “43-13” memoria di come nonostante i 70 anni trascorsi, i numeri di quella giornata (321 bombardieri, 1500 morti, 6000 feriti, 10.000 case distrutte e 40.000 senzatetto) sono ben visibili negli occhi di quei dieci scatti realizzati con una “polaroid express studio 45” a pellicola sviluppo istantaneo perchè tutto si è consumato istantaneamente, dal dispaccio al raid le vittime erano già ormai troppe. Oggi quegli occhi, quei sguardi sono testimonianza preziosa per guardare gli assenti ma a volte non servono troppe parole, basta guardare il cielo...
© Danilo Balducci
L’appuntamento è per venerdì 19 luglio, alle 21.45 presso il Coffee Pot Park Circus a San Lorenzo (Roma) e a illustrare la storia saranno oltre alle foto, la proiezione di un video "San Lorenzo ore 11" di Massimo Calanca e Gabriele Giampieri. Ingresso libero.
Danilo Balducci
Nato a L’Aquila nel 1971 è sempre stato affascinato dalla fotografia e dal potere comunicativo delle immagini. Reportage e fotografia sociale sono i suoi interessi principali.Diplomato presso l’Istituto Superiore di Fotografia e comunicazione integrata di Roma è professionista dal 1998. Docente di fotografia e reportage presso l’Accademia di Belle Arti di L’aquila. Fornisce regolarmente immagini ad agenzie fotografiche italiane ed estere.Le sue immagini e le sue storie sono state pubblicate su giornali e riviste nazionali ed internazionali.www.danilobalducci.eu
Serena Micantonio
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