Accendo il televisore con un pacchetto di chips in una mano e una bibita nell’altra. C’è Roma-Inter, l’andata della semifinale della Tim Cup (Coppa Italia).
Mi bastano i primi cinque secondi di partita affinché mi si insinui alla base del cervelletto la convinzione che per noi stasera non è proprio serata. Delle due l’una: o ci si inventa una scusa per far saltare l’incontro (tipo che non ci sono più palloni… o che Stramaccioni s’è perso giusto sul GRA) o si finisce per perdere dueauno. Roba da denuncia al calcioscommesse (e magari la prossima volta meglio che mi tocco, così per scaramanzia), perché dopo qualche minuto ecco il primo gol dei giallorossi che sono sempre in attacco e non contenti ne segnano poi un altro. Giusto prima di andare negli spogliatoi per un the caldo e i nerazzurri accorciano le distanze.
A quel punto ho spento e mi sono messo a leggere l’Atlande delle nuvole di David Mitchell. Pare che ho fatto bene, visto che le squadre il secondo tempo non lo hanno neppure giocato. In campo a finire la partita hanno mandato degli spettatori poco somiglianti ai giocatori veri, li hanno vestiti con le loro maglie e via.
Se ne parla il 17 aprile per la partita di ritorno: si spera che faccia più caldo e che magari si giochi al giuoco del calcio.