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Roma, Marino e i consiglieri dimissionari: schiene diversamente dritte
Creato il 02 novembre 2015 da Alessandromenabue
Il trascorrere di un anno è generalmente scandito da eventi nefasti ai quali pare impossibile sottrarsi: ad esempio il Festival di Sanremo in inverno e le ondate di calore in estate. Oppure - in autunno - il nuovo libro di Bruno Vespa che oggi, puntuale come una stecca di Biagio Antonacci, ha presentato la sua ultima fatica, Donne d'Italia, conversando con Matteo Renzi. Il premier ha anche affrontato il tema della caduta di Ignazio Marino: "Quando vedo certi addii scenografici mi rendo conto di quanto possa essere falsa la politica. Chi fallisce la prova dell’amministrazione si rifugia nella cerimonia di addio, vibrante denuncia di un presunto complotto, con tono finto nobile e vero patetico. Non mi riferisco solo a Marino, certo". Come ha notato lo stesso Vespa è infatti palese il riferimento alle dimissioni di Enrico Letta a febbraio 2014, episodio che vede il simpatico cazzaro da Rignano assolutamente esente da qualunque responsabilità. Il fatto che un mese prima, nel corso di una telefonata intercettata, rivelasse all'allora comandante interregionale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi "Letta è un incapace, Berlusconi sta dalla mia parte" è circostanza puramente casuale. Stando a quanto Renzi ha raccontato a Vespa, dunque, Marino - al pari di Letta - sarebbe un piangina paranoide che vede complotti inesistenti. "Quando uno se ne va, dovrebbe spiegare cosa ha fatto, quali risultati ha ottenuto, perché ha perso la maggioranza. Se la maggioranza dei tuoi consiglieri ti manda a casa, non si chiama congiura: è la democrazia, bellezza". Marino avrebbe voluto intervenire in Assemblea Capitolina per esporre le proprie ragioni (condivisibili o meno) e discutere il “caso scontrini“, peccato che le dimissioni dei 19 consiglieri dem, volute da Renzi e chieste da Orfini, glielo abbiano impedito. Anche in questo caso ovviamente ci si trova di fronte ad un beffardo scherzo del fato, non ad una macchinazione ordita dal segretario dem in prima persona. Sempre in giornata, il premier si è ancora occupato del caso Roma sulla sua enews: "Si è conclusa la telenovela dell’amministrazione comunale di Roma. Dopo balletti, dimissioni e controdimissioni, abbiamo registrato un fatto singolare: ben ventisei consiglieri comunali hanno scelto di rinunciare alla poltrona, dimettendosi contestualmente e dunque sciogliendo la consiliatura. In un Paese in cui i politici non si dimettono mai o quasi, vorrei evidenziare la serietà di questi rappresentanti del popolo che hanno scelto di fare chiarezza lasciando la poltrona". La serietà, già. La nobiltà di questi probi consiglieri che hanno rinunciato al loro posto in nome del bene comune, per salvare Roma da Marino. Si fossero spesi così tanto per salvarla dai Buzzi e dai Carminati, forse ora leggeremmo una pagina decorosa del romanzo della Capitale. Invece la vera storia, che risulta essere un filo diversa da quella narrata nelle supercazzole del premier, racconta di Orfini -. uno che senza l'ordine di Renzi non si azzarda nemmeno ad accendere la Playstation - che spiega ai consiglieri capitolini che "chi non si adegua alla linea del partito può scordarsi la ricandidatura". Eccola la serietà secondo Renzi. Ed ecco la rottamazione dei vecchi vizi di quella politica marcia che il Grande Impostore aveva promesso di spazzare via: chi si adegua campa, chi non lo fa è fuori. Che poi durante i due anni di consiliatura ci si sia rivelati capaci o disastrosi è dato secondario. "Il gruppo dirigente che da domani guiderà il Pd non deve dire di sì al capo ma tenere la schiena dritta", dichiarava Renzi dopo la vittoria alle primarie del dicembre 2013. Forse Orfini e quelli come lui, fra un "sì" e un "obbedisco" farebbero bene ad effettuare un controllo ortopedico quanto prima.