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Roma, tra grande bellezza e sacro GRA

Creato il 05 agosto 2015 da Antonio
"Ma chi ha riportato lo spirito della Legge tra gli uomini? Eh?
La Chiesa vi contribuì (sempre farisea o sadducea)
Tuttavia, sia pure a parole, non si è mai dimenticata,
essa Chiesa, della carità. Anzi, ci son esempi (tra i piccoli:
no, no, non certo qui in Vaticano) di pura carità.
La Chiesa vi contribuì dunque perché? Perché essa è, diletti figli,
istituzione!!
Benché la carità sia il contrario di ogni istituzione!!
Però la carità sa che le istituzioni sono anch'esse commoventi,
cari laici - laici intelligenti, stupendi, che strillate
per rivendicare all'uomo il diritto alla completa, assoluta,
irriducibile, libertà (responsabilità)
Voi volete essere orfani, senza più Padri e Madri?
Orfani dolenti e spaventati, ma eroici?
Eh! Eh! E invece le istituzioni sono commoventi
e commoventi perché ci sono: perché
l'umanità - essa, la povera umanità - non può farne a meno.
Essa li desidera, i Padri e le Madri: è perciò che commuove.
Vi dirò: anche il Partito Comunista, in quanto Chiesa, è commovente.
(Aòh, non vi scordate che ci sta la scomunica)"
Pier Paolo Pasolini, da L'enigma di Pio XII. In Trasumanar e organizzar, 1971.
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Inutile dirlo, Roma non è una città come le altre. Altrove il tempo scorre, qui si accatasta. Fare un ritratto di Roma in poche pagine è compito duro, anche perché, piaccia o no, è il ritratto dell'Italia, sempre oscillante tra le gran cose di Machiavelli e il particulare di Guicciardini. Se vogliamo usare una metafora contemporanea il ritratto di Roma oscilla continuamente tra La grande bellezza di Sorrentino e Sacro GRA di Rosi. La Roma di oggi è un pendolo che oscilla continuamente tra Fellini e Pasolini. A volte oscilla freneticamente a volte sembra fermo.
Roma, tra grande bellezza e sacro GRA
Un amico londinese in visita a Roma mi ha sollecitato a riflettere sulla situazione sociale e politica d'Italia in generale e di Roma in particolare, sulla trascuratezza di questa città, sui turisti che divorano le sue bellezze con sguardi rapidi, sui migranti invisibili, sulle mura coperte di Lazio merda e l'immondizia per le strade, sulla metropolitana sporca e affollata, sui senza tetto che dormono per strada, sull'attuale saccheggio di Roma. Ne è venuto fuori il testo che segue che pubblico con il desiderio di suscitare altre riflessioni. Ringrazio Andrea, osservatore attento della vita di Roma, per lo scambio di opinioni e per i suoi numerosi suggerimenti.
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Leggere gli avvenimenti di Roma alla luce del presente è sempre sbagliato, in Italia è tragico e in una città come Roma può essere fatale. Roma è un difetto della memoria, cresce più per rimozione che per accumulo di ricordi e tutte le rimozioni prima o presentano il conto. La peggiore sventura per un italiano è essere nato in Italia! Il passato di questa nazione incombe sul presente e sul futuro come un padre troppo ingombrante. Non è raro in questi casi che i figli abbiano problemi a sviluppare la propria immagine, a trovare una dimensione propria e non è raro che si manifestino caratteri di rivolta e di rigetto della figura paterna, a volte si hanno tentativi di imitazione ma è sempre una condizione di conflitto. A Roma questo conflitto raggiunge dimensioni parossistiche. Questa forse è la radice del degrado di Roma. Non riguarda solo Roma e l'Italia ma è una tesi che merita maggiore analisi. Qui vedo la radice del "sacco" di Roma, operato da nuovi lanzichenecchi, italiani e stranieri, quasi sempre medio borghesi arricchiti e sovrappeso, tutti d'accordo a trovare il colpevole in qualche poveraccio che fugge dal suo paese depredato dalla nostra santa civiltà. Qui vedo la radice di quella caricatura del grand tour che è il turismo a Roma o altrove. Qui vedo la radice dell'indifferenza degli italiani alla propria storia, al proprio paese. Tutto potrebbe riassumersi in "uccidi il padre", ma non è un fenomeno solo italiano, è quello che sta facendo L'Europa con Atene! Tornando in Italia questa rivolta contro il passato non è la sola radice, le altre radici vanno cercate nel deficit di potere che da sempre caratterizza questo paese, diviso tra impero e papato, e nel disincanto degli italiani (e dei romani soprattutto) che al potere non ci hanno mai davvero creduto.
Queste in breve sono le cause psicologiche e storiche remote di quella che a mio avviso può essere considerata una specificità italiana. Qui lo Stato-Nazione è nato più tardi che altrove in Europa e forse non è mai nato, l’auctoritas è sempre stata divisa tra decine di Stati. Roma è stata da sempre il simbolo di questo potere frammentato e in conflitto. Lo Stato Pontificio e il suo continuo gioco di alleanze e guerre con gli altri Stati, fuori e dentro i confini geografici dell'Italia, hanno segnato la storia di Roma e d'Italia.
Questa continua gara/guerra tra diverse autorità ha fatto la grandezza e la miseria di questo paese. La grandezza artistica e la miseria politica che purtroppo vediamo anche nei nostri giorni. La grandezza artistica è stata l’eredità di un continuo confronto tra “potenti” cui la popolazione assisteva indifferente, una gara di bellezza che doveva testimoniare la supremazia. La miseria politica perché il conflitto tra le autorità spesso condotto con raggiri, tradimenti, bassezze di ogni tipo ha minato alla base ogni concetto di autorità. Roma ne ha viste di tutti i colori nel corso della sua lunga storia. Ogni nuovo Papa doveva superare il precedente, molti non si sono fatti problemi a cancellare le tracce dei propri predecessori, tutti erano concordi a cancellare le tracce del passato imperiale di Roma, perché la filiazione non fosse evidente! Come dice Dostoevskij in L’idiota: “Il cattolicesimo romano crede che, senza una potenza imperiale, la fede cristiana non possa sussistere nel mondo, e grida al tempo stesso: Non possumus! Secondo me, il cattolicesimo romano non è nemmeno una religione, ma è la continuazione dell’impero romano, e tutto in esso è sottoposto a questa idea, cominciando dalla fede. Il papa vi ha conquistato il trono terrestre ed ha alzato la spada. Da quei tempi, ogni cosa prosegue in tal modo, solo che alle spade hanno aggiunto la menzogna, la furberia, l’infingimento, il fanatismo, la superstizione, la scelleratezza, trastullandosi coi più sacri, più sinceri, più ardenti sentimenti, i migliori sentimenti del popolo. Ogni cosa è stata venduta da Roma per denaro, per il vile potere temporale.” In questa lunga citazione di Dostoevskij c’è raccolta più storia d’Italia di quanta se ne può trovare in un trattato di storia.
Prima citavo di sfuggita il disincanto dei romani, spiego meglio. Prima del disincanto di Weber si deve parlare del disincanto dei romani. Se il disincanto di Weber segna il passaggio dalla magia del mondo contadino alla regolarità della quotidianità borghese, il disincanto dei romani è l’abisso tra le virtù celestiali predicate dalla principale autorità che opera qui da due millenni e le terrene mondanità di quella stessa autorità, costellata da vizi di corte e viltà che hanno indebolito ogni credibilità in una qualsiasi auctoritas. La risposta di Roma alle sollecitazioni che venivano alla propria auctoritas con i colpi di martello con cui Lutero inchiodava le sue tesi al portone della cattedrale di Wittemberg fu la controriforma! Una ulteriore stretta delle libertà individuali e un’immersione in un misticismo di facciata che rivelò in maniera ancora più impietosa la distanza tra le altezze della virtù e le miserie della vita concreta. Quando in Europa i fiamminghi dipingevano scene di vita quotidiana in Italia si dipingevano scene del vecchio e del nuovo testamento. Tutto ricominciò come prima, scempio del passato compreso. E’ utile ricordare un detto di diversi secoli fa: “Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini” (quello che non fecero i barbari fecero i Barberini). La frase si riferiva al prelievo del bronzo della trabeazione del Pantheon, che Urbano VIII commissionò a Bernini per la costruzione del baldacchino che è al centro della Basilica di San Pietro in Vaticano. La frase è una “pasquinata” affissa sul Pasquino intorno al 1625. Il Pasquino è il frammento di una statua ellenistica scoperta nel 1501. La statua, oggi alle spalle di palazzo Braschi, è sempre stata usata dai romani per denunciare ingiustizie e prepotenze del potere. Non è la sola statua a “parlare” a Roma ma sicuramente la più famosa. La notte, in segreto, venivano lasciati biglietti su queste statue con brevi componimenti, spesso in rima, che sbeffeggiavano i personaggi pubblici e gli esponenti della curia papale. Le pasquinate sono quei componimenti. Altre celebri pasquinate sono quella in morte di Papa Leone X nel 1520 a proposito della vendita delle indulgenze: "Gli ultimi istanti per Leon venuti, / egli non poté avere i sacramenti. / Perdio, li avea venduti!", oppure quella in morte di Papa Paolo III nel 1549: "In questa tomba giace / un avvoltoio cupido e rapace. / Ei fu Paolo Farnese, / che mai nulla donò, che tutto prese. / Fate per lui orazione: / poveretto, morì d'indigestione." Ma la pasquinata che mi piace di più è quella scritta in occasione della morte di Clemente VII de' Medici nel 1534. Sul Pasquino trovarono un ritratto del medico del pontefice, ritenuto non privo di responsabilità per la morte del papa, e sul bigliettino c’era scritto “ecce qui tollit peccata mundi” (ecco colui che toglie i peccati del mondo). Anche se è difficile immaginare che la popolazione potesse scrivere in rima o in corretto latino il Pasquino ha sempre rappresentato e interpretato il sentimento popolare dei romani nei confronti del potere e poi bisogna considerare che la storiografia ufficiale porta memoria delle pasquinate colte e trascura quelle popolari, purtroppo.
Quando la lezione dei fiamminghi giunse in Italia era troppo tardi per costruire una nuova auctoritas che non fosse quella millenaria dell’impero in tutte le sue trasfigurazioni. Ogni tentativo di innestare un potere laico sul precedente ha dovuto fare i conti con questo passato e spesso l’innesto è stato fallimentare. Gli italiani di oggi sono il risultato di queste vicissitudini, solo tenendole ben presenti si può passare alle cause prossime della attuale situazione di Roma.
Non mi dilungherò su queste cause perché sono note e non sono diverse da quelle che agiscono in Europa e nel resto del mondo "sviluppato". Intendo la mercificazione di qualsiasi cosa, anche dei secoli e della bellezza, intendo le politiche sociali che non esistono più per poter dare un tetto ai senza tetto, intendo una cultura di massa che se da un lato è positiva perché l'arte e l'urbe non sono disponibili solo alle classi agiate dall’altro lato è devastante se tutto viene fruito come una merce qualsiasi dalle moltitudini che oggi visitano Roma...altro che sacco, non bastano quello di Alarico e quello dei Lanzichenecchi. All’assurda indifferenza degli italiani alla propria storia si affianca l’iconoclastia contemporanea. Una furia che si riversa su una storia millenaria per affermare la propria presenza, come i vandali di ogni epoca che lasciano un segno del loro passaggio con un cuore trafitto e un ti amerò per sempre!
Roma è una città sospesa tra presente e passato, un passato molto più remoto di quello delle grandi metropoli di oggi. L’impianto urbanistico del centro di Roma è per molti aspetti medioevale. Moltissimi comuni italiani hanno lo stesso impianto, del tutto incompatibile con i trasporti di oggi eppure il trasporto privato sembra intoccabile in Italia (nella classifica mondiale per numero di auto per 1000 abitanti siamo al 6° posto!).
Dicevo delle politiche sociali che oggi sono sempre più devastate da una economia neoliberista che ha colonizzato e fagocitato l’immaginario politico confinandolo all’interno di parametri di efficienza assurdi prima di tutto dal punto di vista etico e poi anche dal punto di vista economico se solo l’economia fosse meno miope. Ci sono stati tempi in cui economisti come Keynes immaginavano un mondo che avrebbe dovuto “affrontare il problema più serio, e meno transitorio — come sfruttare la libertà dalle pressioni economiche, come occupare il tempo che la tecnica e gli interessi composti gli avranno regalato, come vivere in modo saggio, piacevole, e salutare”. Tutto questo oggi in Europa è stato messo al bando, letteralmente al bando e in Italia lo abbiamo fatto con la riforma dell'articolo 81 della Costituzione che obbliga al pareggio di bilancio e conseguentemente azzera qualsiasi politica di investimento pubblico con ritorno di lungo termine. Ci siamo votati alla miopia, al ritorno economico a breve termine, come un’azienda avida di profitti immediati e pronta a chiudere battenti se i conti non tornano! L’accoglienza e l’integrazione degli immigrati sono considerate attività in perdita, ci vuole troppo tempo per vederne i benefici economici!
Tutto questo si inserisce nel contesto esplosivo della crisi economica, dell’immigrazione di massa. La crisi economica cominciata nel 2007 ha aumentato il numero dei poveri e ha ridotto ulteriormente le possibilità di intervento sociale. Questa crisi è stata affrontata in Europa con l’ottusa austerità senza visione di futuro, prigionieri del terrore tedesco dell’inflazione, residuo di un senso di colpa mai risolto dalla Germania che paradossalmente evoca i fantasmi del passato proprio perché li vuole allontanare! Una migrazione di massa dai paesi del nord Africa e del Medio Oriente come risultato delle allegre scorribande e delle politiche predatorie europee e statunitensi. L’immigrazione affrontata da tutti i paesi europei in maniera vergognosa e fascista! Queste sono le cause prossime di grande scala poi posso menzionare qualche causa prossima di piccola scala, più specificamente romana! Si tratta di una mia ipotesi ma ho qualche motivo per crederla fondata. E’ roba da niente rispetto a quello che ho citato ma sufficiente per dare il colpo di grazia a Marino (centrosinistra), l’attuale sindaco di Roma.
Marino non ha mai entusiasmato i romani ma ancor meno ha sollevato le simpatie del vecchio impero di Roma. Marino ha sempre manifestato la sua intenzione di istituire un registro per le coppie omosessuali attirandosi le antipatie del Vaticano. Recentemente Marino ha mantenuto la promessa. E' un atto simbolico perché in Italia le coppie omosessuali non esistono (!) ma è un atto simbolico fatto a Roma e non è poco. La chiesa pare abbia riposto lo spadone da combattimento brandito fino a poco tempo fa e lo scontro non è acceso come poteva esserlo in altri tempi ma questo non significa che le auctoritas operanti in questa città non siano nuovamente in conflitto. Un episodio ha confermato questa mia ipotesi. Giorni fa è scoppiato l’incendio che ha creato notevoli disagi all’aeroporto di Fiumicino. L’Osservatore Romano, il giornale ufficiale del vaticano, ha pubblicato un articolo sguaiato in cui si diceva che Fiumicino è solo la punta dell’iceberg, dopo l’inchiesta di mafia capitale, la crisi di Ama (raccolta rifiuti) e Atac (trasporto pubblico) e gli altri scandali che hanno colpito la pubblica amministrazione. In sé la notizia non è falsa ma vanno considerate alcune cose singolari. La giurisdizione dell’aeroporto di Fiumicino non è in alcun modo in carico a Roma poiché ricade in un altro comune e l’amministrazione di Roma non ha alcuna responsabilità al riguardo né può fare nulla per l’aeroporto. L’inchiesta mafia capitale e gli scandali di Ama e Atac riguardano in larga misura la precedente amministrazione di Roma quando sindaco era Alemanno (centrodestra), un campione di incassi riguardo a scandali e inefficienze della capitale ma simpatico al vaticano perché intriso dei sacri valori della famiglia! E’ curioso che l’Osservatore Romano, così attento alle vicende nazionali, si lasci sfuggire questi dettagli e soprattutto abbia taciuto quando già si sapeva del malaffare della giunta Alemanno, egli stesso inquisito per mafia. Nessuna indagine riguarda direttamente Marino ma nell’inchiesta mafia capitale non mancano soggetti dello stesso partito che sostiene Marino ma qui in Italia quando si tratta di malaffare si adotta sempre una politica bipartisan, altrimenti chi rimane fuori dall’affare potrebbe denunciare! Marino forse ha peccato a pensare, da persona onesta e razionale quale è, che bastasse la forza delle idee e delle argomentazioni per governare Roma, ma certamente non può essere accusato della terra bruciata che gli sta facendo attorno il suo stesso partito, guidato attualmente da un imbarazzante Bel Ami che è anche capo del governo. In poche parole ci si vuole sbarazzare di Marino  per ragioni politiche che vanno molto al di là dei confini dell’amministrazione romana.
Questi sono in sintesi i problemi che oggi Roma affronta, problemi nuovi e vecchi allo stesso tempo perché, come dicevo all’inizio, Roma è un’alterazione della memoria, va avanti per rimozioni più che per accumulo di ricordi. Roma dimentica le bassezze da basso impero e lascia dietro di sé rovine di fasti. Le une non esistono senza gli altri, questi non brillano senza le prime ma, come per ogni rimozione, prima o poi il rimosso emerge e chiede il conto, chiede che ogni sublimazione mostri il suo vero volto. Il rimosso a Roma chiede che i fasti si mostrino per quello che sono, sublimazioni delle nefandezze da basso impero. Il disincanto prende piede, ogni magia svanisce, le altezze vertiginose della stupefacente bellezza di questa città precipitano e quello che resta è una città in rovina che sembra non avere più tempo per rimediare ai suoi errori. Ma il tempo di Roma non si misura con i calendari delle altre città. Più volte Roma è stata sul punto di essere ridotta a un villaggio con poche migliaia di abitanti, più volte è risorta. Spero che il suo epiteto che la vuole città eterna resti vero a lungo.
Chiudo qui questa riflessione, a volte confusa a volte triste ma certamente appassionata perché Roma merita passione. Non è la città dove sono nato ma è la città dove vivo da venti anni ed è una città dalla storia magnifica e terribile e io sono solito amare tutte le cose magnifiche e terribili.

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