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Venere in pelliccia
(Francia, Polonia 2013)
Titolo originale: La Vénus à la fourrure
Regia: Roman Polanski
Sceneggiatura: Roman Polanski, David Ives
Ispirato all’opera teatrale: Venere in pelliccia di David Ives
A sua volta ispirato al romanzo: Venere in pelliccia di Leopold von Sacher-Masoch
Cast: Emmanuelle Saigner, Mathieu Amalric
Genere: sadomaso
Se ti piace guarda anche: Carnage
Ci sono esperienze che ti segnano nel profondo. Ad esempio quando vieni condannato per un reato e la tua libertà personale viene limitata. Il carcere pare che faccia vedere le cose sotto un’altra prospettiva. Soprattutto il rapporto con le docce.
Non posso parlare per esperienza personale perché io in prigione non ci sono mai stato. D’altra parte al giorno d’oggi mica è semplice andarci. È più facile vincere alla lotteria. Oscar Pistorius per il
San Valentino dell'anno scorso ha regalato alla fidanzata una scarica di proiettili ed è fuori. Amanda Knox e Raffaele Sollecito sono stati condannati per omicidio rispettivamente a 28 e 25 anni, eppure sono fuori.
Silvio…
Silvio non parliamone.
Uno che in galera non c’è andato, ma quasi, è Roman Polanski. Accusato di violenza sessuale su una minorenne, il regista polacco naturalizzato francese tra il 2009 e il 2010 ha passato alcuni mesi agli arresti domiciliari. Un’esperienza che pare averlo segnato nel profondo. Le sue due ultime pellicole sono infatti ambientate entrambe in location uniche, claustrofobiche, con un gruppetto di personaggi che si trovano a condividere lo stesso limitato spazio.
Carnage in tal senso è la rappresentazione cinematografica perfetta di cosa significa stare agli arresti domiciliari, sotto forma di accusa/presa per il culo dello stile di vita borghese.
"Perché ho sposato Roman Polanski?
Perché ce l'ha lungo così, ecco perché!"
Con l’ultimo Venere in pelliccia, Roman Polanski cambia location, ma non registro. Anche in questo caso c’è un unico ambiente principale a fare da sfondo al confronto verbale tra i protagonisti. Laddove Carnage era tratto da un’opera teatrale, qui il teatro diventa lo sfondo, e se vogliamo anche il terzo protagonista, della pellicola. Il gioco rispetto al suo film precedente si fa ancora più estremo e, se in Carnage avevamo 4 personaggi, qui ne troviamo solamente 2, oltre al teatro. Un uomo e una donna. Un regista e un’attrice. Lei arriva in ritardo all’audizione per l’adattamento teatrale del romanzo dell’800 Venere in pelliccia e cerca di convincere il regista a darle comunque una possibilità. Sotto le sue insistenze, lui cederà e poi…
Poi niente, il film è tutto qua. Nel rapporto che si instaura tra il regista e l’attrice e tra i loro due personaggi teatrali. Non è troppo difficile trovare un’identificazione tra il protagonista maschile Mathieu Amalric e lo stesso Roman Polanski, anche perché la protagonista femminile è la moglie del regista Emmanuelle Seigner. Una Emmanuelle Seigner strepitosa, sia a livello recitativo che fisico, con i suoi 47 anni portati da vera Venere. È lei la trascinatrice della pellicola, sebbene Amalric venga fuori poco a poco e riesca a impressionare parecchio pure lui.
"Vuoi che mi faccia tua moglie davanti a te?
Sei persino più perverso di quanto immaginassi, Roman!"
Il film è un gioco in cui i personaggi del film si confondono con i personaggi dell'opera che si confondono con Polanski e sua moglie e quindi non si capisce più bene chi interpreta chi e in questo sta il fascino principale della pellicola, fascino esplosivo della Seigner a parte. Il confine tra finzione e realtà non sembra più esistere, così come il confine tra cinema e teatro. Tutto è rappresentazione. Tutto è messa in scena. Più che persone, siamo tutti dei personaggi.
Per giocare a questo gioco, Roman Polanski ha scelto una fonte di ispirazione non casuale. Venere in pelliccia è un romanzo soft-erotico, a quanto pare nemmeno troppo soft, padrino della cultura sadomaso e di tutte le 50 sfumature di grigio venute in seguito. Un testo pruriginoso e malato, terreno ideale per le perversioni del regista. Cosa che è solo un bene, anche perché – diciamolo – i registi, quelli bravi almeno, sono quasi tutti dei gran pervertiti. Tarantino, Lynch, von Trier, Kubrick, Hitchcock, De Palma, Cronenberg, Allen… In mezzo a loro, Polanski un posto da Presidente onorario del club Registi Pervertiti se lo merita tutto.
Un'immagine dal set di Venere in pelliccia?
No, dalla camera da letto di Roman Polanski e consorte.
Così come il regista teatrale protagonista della pellicola sostiene che nell’adattamento di Venere in pelliccia c’è molto di se stesso, possiamo allora immaginare come in questo Venere in pelliccia – The Movie ci sia davvero molto di Roman Polanski. Ci sono la sua vita, i suoi film, il suo rapporto con le donne, tra potere e sottomissione, accuse di maschilismo e punizione.
Possiamo parlare dunque di questa pellicola come di uno dei suoi capolavori?
Non esattamente. Venere in pelliccia ha degli splendidi dialoghi e propone due prove interpretative da standing ovation, ma l’impressione di assistere a un mero esercizio di stile, per quanto splendidamente realizzato, non se ne va mai via. Nonostante alcuni passaggi troppo legati al romanzo/opera teatrale a un certo punto appesantiscano un po’ la visione, la rappresentazione è coinvolgente dall’inizio alla fine. A mancare è un rapporto più diretto con il pubblico. A mancare sono le vere emozioni. Venere in pelliccia è un bel gioco, ma è pur sempre un gioco cui si assiste e non uno in cui si riesce a essere davvero partecipi. Forse perché i protagonisti del film non sono i due protagonisti, e non è nemmeno il teatro. Il vero protagonista è Roman Polanski ed è lui, ben più dello spettatore, a divertirsi come un bambino. Come un bambino perverso.