La mente è fragile, l’amore è potente.
È su questi due assiomi che ruota Giorni di spasimato amore, il nuovo e splendido romanzo di Romana Petri, pubblicato da Longanesi.
La scrittrice, che lo scorso anno era tra i finalisti del Premio Strega con Figli dello stesso padre, è tornata a proporre una storia di rara intensità che ancora una volta vede per protagonista un uomo, i suoi sentimenti e i misteriosi labirinti della mente.
Giorni di spasimato amore è la narrazione di una passione giovanile, quella di Antonio per Lucia, che la guerra e la morte hanno stroncato sul nascere, ma che nella mente di Antonio ha continuato a vivere in un mondo parallelo, quello dell’amore incondizionato.
La vita di Antonio, napoletano, orfano di padre, timido e sognatore fin da ragazzo, scorre su due strade ben distinte, quella della realtà e quella dell’immaginazione, strade che Romana Petri traccia con grande maestria e che finiranno per confondersi, lasciando al lettore il dubbio di essere entrato in una zona magica, dove l’unica verità che conta è quella del cuore.
Giorni di spasimato amore è una lettura avvincente, resa ancora più godibile dall’inconfondibile stile della scrittrice che sa alternare momenti struggenti a dialoghi realistici e divertenti.
- Titolo: Giorni di spasimato amore
- Autore: Romana Petri
- Editore: Longanesi
- Pagine: 205
- Prezzo: 14,90€
- Voto: 9
L’intervista
Quando ho incontrato Romana Petri al Salone del Libro di Torino, lo scorso maggio, non avevo ancora letto Giorni di spasimato amore, ma desideravo rivedere l’autrice dopo la piacevole intervista dello scorso anno nella sua casa romana.
La nostra conversazione sul romanzo mi aveva molto incuriosito e oggi posso dire che il libro ha superato le mie, già alte, aspettative.
Romana, come nasce Giorni di spasimato amore?
Ho scritto le prime quindici righe molto tempo fa e poi non le ho più toccate. Oltre una anno dopo ho riaperto il file, ho letto queste poche righe che erano poco più che un’immagine, quella di un uomo che nel 1971 è seduto su un balconcino, affacciato sul mare di Posillipo, che ascolta la canzone vincitrice di Sanremo di quell’anno, Il cuore è uno zingaro. Ecco, quando ho riletto queste righe ho avuto tutto il romanzo chiaro in mente. Probabilmente, se avessi riaperto il file in un altro momento, non ci sarebbe stato questo romanzo.
E poi quanto ci hai messo a terminarlo?
Poco, non più di quattro o cinque mesi.
Romana Petri con Bruno Quaranta alla presentazione di “Giorni di spasimato amore” al Salone del libro di Torino
Ti sei ispirata a qualcuno per questa storia?
Ti confesso che mentre con Figli dello stesso padre mi sono ispirata a varie persone reali, ho preso qui e là dettagli di vite esistenti, in Giorni di spasimato amore tutto è completamente inventato. Eppure, questo è il romanzo più autobiografico che abbia mai scritto perché dentro c’è tutta la mia visione del mondo.
Questo è il quattordicesimo romanzo che scrivi, ce n’è uno che ami più degli altri?
Ti dirò che io ho scritto Giorni di spasimato amore per tornare in compagnia di un altro mio personaggio, quello di Dagoberto Babilonio, un destino (Mondadori) che terminava a Napoli nel 1970. Ecco, idealmente ho ripreso da lì, perché quello è stato il personaggio che più ho amato.
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