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Romance park

Creato il 23 giugno 2010 da Isn't It Romantic?

 ROMANCE PARK

Benvenute a Romance Park, il luogo dove ogni scrittrice ha la possibilità di presentare i propri lavori al pubblico!

 ROMANCE PARK Benvenute a ...


L'estratto di questa settimana si intitola "VELENI E MISTERI", e il nick della sua autrice è JULIE FRANCES. ATTENZIONE, si tratta di nomi di fantasia, che usiamo solo per distinguere i vari estratti tra di loro: il nome dell'autrice non è questo, ed il titolo finale del libro sarà diverso.
Vi ricordiamo le REGOLE DI ROMANCE PARK ( potrete trovare maggiori dettagli qui: http://romancebooks.splinder.com/post/20213710 ) :
-- sia le lettrici che le bloggers potranno votare l'estratto con un punteggio da 1 a 10, e naturalmente commentarlo;
-- se la scrittrice lo desidera (non è obbligatorio), può rispondere ai commenti e alle domande – ma lo farà sempre usando il nick;
-- tra una settimana esatta, chiuderemo il sondaggio, e la scrittrice scoprirà che voto le è stato dato dal pubblico.
-- IMPORTANTE: la scrittrice non rivelerà la propria identità a nessuno, né prima, né durante, né dopo il sondaggio. Le bloggers che hanno collaborato con lei alla preparazione del post (cioè Naan e MarchRose) faranno altrettanto, sia nei confronti delle altre bloggers che delle lettrici, e per correttezza si asterranno dal commentare.
 

VELENI E MISTERI
di Julie Frances
Tutti i diritti letterari di quest’opera sono di esclusiva proprietà dell’autore.

1527 - Mossa dal desiderio di scoprire chi ha ucciso suo fratello, Anna decide di partire da Forlì per raggiungere Roma, travestendosi da ragazzo e unendosi a un gruppo di cavalieri. Il capo del drappello è il Rosso, un mercenario spietato, privo di cuore ma terribilmente affascinante. In più l’orecchino che reca sul lobo sinistro alla maniera dei saraceni, amplifica il mistero che aleggia sul suo passato. Ben presto Anna scopre che l’uomo ha più nemici che amici e che quei pochi, solo per averlo appoggiato, rischiano di venire uccisi da chi vuole fermare a ogni costo il signore di Collalto.

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Scrutò sgomenta le espressioni crucciate dei due uomini poi li superò ed entrò nella camera privata di Bortolo. Il Rosso era accanto al letto e fissava la donna in silenzio, senza espressione.
Lentamente lei spostò lo sguardo dall’uomo e rimase con occhi sbarrati dall’orrore a osservare la raccapricciante scena.
La moglie di Bortolo aveva circa venti anni. I suoi capelli biondi erano sparpagliati sul guanciale e i suoi occhi verdi ormai vitrei. Il suo corpo era riverso in modo scomposto sul letto e qualcuno aveva avuto la delicatezza di ricoprirlo con una coperta.
Quello che una volta era stato il viso di una bellissima fanciulla era stato deturpato da un taglio che partiva dalla tempia e scendeva fino alla bocca dischiusa. Il sangue rappreso copriva tutto un lato della faccia fin sul cuscino. Un braccio era elevato sopra la testa mentre l’altro ciondolava verso il pavimento.
Anna si avvicinò al letto e trattenne il respiro di fronte all’odore acre del sangue chiedendosi come, quello fuoriuscito dallo sfregio, potesse produrre un simile effetto.
Si mosse di un passo e solo allora sentì dell’acqua presente sotto i suoi piedi. Abbassò lo sguardo e represse un urlo non appena si rese conto di posare le sue estremità su una pozza di sangue.
Balzò inorridita indietro ma nel movimento trascinò con sé la coperta.
La donna riversa sul letto le apparve nel suo vero stato: la sua veste era alzata fin sopra le cosce. Uno squarcio le era stato praticato al centro del busto e le sue viscere parevano voler uscire dal corpo. Il tessuto dell’abito era del tutto intriso del suo liquido venoso così come le lenzuola.
Un urlo colmo di ripugnanza salì lungo la gola e sfociò dalle sue labbra per gridare il suo orrore. Mon Dieu! N’est pas possible! gemette nella lingua cui era abituata a parlare con sua madre. Un conato di vomito l’assalì e un altro seguì dappresso. Si portò la mano alla gola tentando di ritrovare il respiro mentre tutt’attorno pareva essere divenuto buio.
Corse dabbasso lasciandosi tutti alle spalle e non appena fu all’aperto diede di stomaco finché non fuoruscì la bile. Poi, ancora sconvolta, scoppiò in un pianto isterico.
Violenti colpi di tosse l’investirono mentre un senso di vertigine l’aggrediva fino a costringerla a sostenersi a una staccionata.
Non osava restare in quel luogo e con quegli uomini un istante di più. Aveva bisogno di respirare dell’aria pura e soprattutto di allontanarsi da coloro che vivevano nella più completa tranquillità un’esperienza simile.
Lei no, non si sarebbe mai abituata a situazioni agghiaccianti come quella che si era presentata ai suoi occhi. Era una donna e se fino a quel momento aveva creduto che la sua sicurezza potesse trovare luogo accanto al Rosso e ai suoi fidati, ora era certa che sarebbe rimasta protetta solo lontano da loro e da tutti quelli che volevano morto il signore di Collalto.
Approfittando dell’assenza di tutti i suoi compagni, prese a spalla la sua faretra e l’arco, montò con rapidità sul suo ronzino e senza voltarsi fuggì il più velocemente possibile.
Riprese a gridare al vento il suo ribrezzo e il suo terrore cercando di cancellare la mostruosa scena che si ripresentava implacabile ai suoi occhi.
Le lacrime, che scendevano copiose sulle guance fino a raggiungere le labbra. le impedivano di seguire bene la strada e lasciò che il suo cavallo la conducesse ovunque lo guidasse l’istinto. Qualsiasi luogo sarebbe stato perfetto purché distante da quel posto.
Galoppò per molto tempo fino a notte inoltrata e si fermò solo quando si ritrovò accanto a un fiume: il Tevere.
Smontò dalla cavalcatura e lasciò che il suo fedele compagno di viaggio si abbeverasse.
Nelle vicinanze scorse un fienile abbandonato e vi si addentrò per verificare se poteva trascorrervi la notte. Col solo ausilio della luce lunare, cercò al meglio una torcia da accendere ma si dovette accontentare di due mozziconi di candela.
Il ricovero era di dimensioni ridotte tuttavia faceva proprio al caso suo. Il pavimento era liscio e in un angolo era deposta della paglia che le avrebbe garantito un ottimo giaciglio.
Uscì fuori e si fermò a guardare il cielo ormai spruzzato di stelle tentando di rasserenarsi al silenzio della solitudine.
Il vento soffiava leggero tra i capelli regalandole un sublime piacere che per troppi giorni aveva soffocato calcandosi in testa il vecchio cappello.
Qualche rana gracidava mentre i primi grilli cantavano immersi nel buio, regalando alle tenebre un’aria quasi magica, incontaminata dalla crudeltà del mondo.
La stanchezza della giornata si riversò d’un tratto sulle sue membra assieme alla sozzura che pareva ricoprirle la pelle. Le acque calme del Tevere sembravano richiamarla e senza pensarci due volte si svestì del tutto all’interno del rifugio, portando con sé solo la camicia che appese al basso ramo di un albero.
Adagio entrò in acqua. La corrente conduceva i lievi flutti verso il mare e ogni singolo fiotto pareva accarezzare la sua pelle.
Iniziò a strofinare con energia ogni angolo dell’epidermide cercando di cancellare immaginari schizzi di quel sangue che aveva colmato il talamo dei Celli.
Poi, a poco a poco, si rilassò e chiuse gli occhi per beneficiare di quel momento completamente suo. Le acque del fiume bagnavano silenziose il suo corpo e con calma riprese a carezzare le sue braccia per finire di eliminare le tracce di sporco accumulato in tanti giorni di marcia, regalandosi qualche coccola.
Uscì dall’acqua e rimase seduta sull’erba a osservare le stelle in attesa che il vento leggero asciugasse un poco la sua pelle. Oramai tranquilla, la sua mente iniziò a vagare: cosa era stata la sua vita in quegli ultimi giorni? E come sarebbe stata nel suo prossimo futuro?
Era spaventata dalla prospettiva di imbattersi in uomini crudeli e senza Dio come chi aveva ucciso, privo di remore, Bortolo e sua moglie. Ma non aveva più una famiglia in seno alla quale tornare, sebbene Virginia e Massimo fossero le persone a lei più care.
Sospirò rendendosi conto che purtroppo il dado era tratto. Non poteva tornare indietro. Da giorni aveva fatto la sua scelta e in solitudine avrebbe continuato quel viaggio, nella piena consapevolezza di dover affrontare chiunque si fosse messo tra lei e il raggiungimento del suo scopo. Ormai non aveva alternative.
Seguire il corso del fiume sarebbe stata la sua prossima mossa per arrivare alla città eterna.
Rinfrancata, si decise a rivestirsi della camicia e si diresse verso il vicino rifugio.
Si bloccò irrigidendosi non appena varcata la soglia: la superficie fredda di una spada affilata all'improvviso si posò sulla sua gola.
Alzò le mani in segno di resa, vagando rapidamente con gli occhi in cerca del brigante, senza esito. L’uomo era nascosto nell’angolo più buio della stanzetta.
Facendo pressione con la lama sulla sua pelle, lo sconosciuto la indusse a spostarsi verso le due candele poggiate sulla piccola feritoia che fungeva da finestra.
Al lieve chiarore riuscì infine a intravedere solo uno scorcio del lato sinistro di colui che brandiva la spada: era alto e aveva dei capelli corvini che arrivavano fino alle spalle. I suoi occhi, socchiusi in un’espressione sinistra, erano talmente scuri da non riuscirne a vedere la parte bianca, come se l’inchiostro di un calamaio vi fosse stato riversato per intero.
Chi poteva essere? Un disonesto che sperava di rubarle del denaro o il bracciale che aveva tolto prima di entrare in acqua?
Purtroppo riuscire a scorgerne i tratti in modo più nitido sembrava un’impresa impossibile. D’un colpo tuttavia si ritrovò a trattenere il fiato. Alla scarsa illuminazione qualcosa parve brillare: un anellino che portava al lobo.
Ora tutti i tasselli sembravano avere una più precisa collocazione. Si compiacque con se stesso per aver seguito l’istinto che gli aveva suggerito di mettersi alla caccia di quel giovinetto dagli atteggiamenti equivoci e intriganti.
Non avrebbe più perduto tempo a chiedersi perché quei grandi occhi grigioverdi gli suscitavano una certa inquietudine; non si sarebbe più domandato perché Costanzo aveva la pelle e le labbra delicate come quelle di una fanciulla e ancor più non si sarebbe corrucciato nel vano tentativo di trovare una spiegazione ai dubbi che lo avevano assalito.
Stefano lasciò scivolare il suo sguardo sulla figura che aveva davanti: una donna dai soffici riccioli castani umidi alle punte, l’incarnato niveo e delicato alla vista, un ovale perfetto nel quale trovavano finalmente adeguata disposizione le lunghe ciglia, gli occhi del colore del mare in inverno, il naso minuto e la bocca piccola e ben disegnata che fino a quel momento aveva creduto possedesse un ragazzino.
La camicia, appena inumidita dalla pelle bagnata, si snodava alla perfezione seguendo le curve di un corpo, che appariva morbido e sinuoso, e lasciava nude due gambe tornite.
Nonostante il suo istinto maschile, di fronte a un simile spettacolo, lo conducesse verso lussuriose immagini, una sordida rabbia gli montò in corpo costringendolo a tornare con la mente alla scelleratezza e all’avventatezza che aveva dimostrato quella fanciulla.
Farsi passare per un ragazzino! Nessuno si era mai permesso di prendersi gioco del Rosso, men che meno lo avrebbe concesso a una donna. Era giunto il momento di tirare giù la maschera.
Si avvicinò minaccioso uscendo dalla semioscurità per lasciarsi identificare e attese in silenzio che l’altra parlasse, compiaciuto nel vederla impallidire e tremare vistosamente.
La tensione che si respirava nel silenzio della notte si poteva tagliare con un coltello.
Anna sapeva di non poter più sfuggire all’ira repressa che leggeva negli occhi di colui al quale per primo aveva bramato celare la sua vera natura. La pressione del ferro sulla sua gola l’aveva spinta il più possibile vicino all’aureola di luce creata dai mozziconi di cera accesi e le sue spalle avevano ormai toccato il muro. Non aveva scampo.
L’uomo aveva occhi attenti e vigili a ogni suo minimo movimento. Un angolo della bella bocca era arcuato in un ghigno che lasciava trasparire la soddisfazione di fronte alla sua impotenza, come un leone che pregusti la carne dilaniata di un agnello.
“Quale inaspettata sorpresa mi è toccata!”esclamò con una voce tanto profonda da procurarle un’ondata di brividi di paura lungo la schiena “Spero davvero che non ricorriate ancora nella menzogna pur essendo stata scoperta. Non ve lo consiglio.”
La freddezza e la durezza della sua voce la impietrirono. Era un avviso e Anna non riuscì a non abbassare la testa di fronte alla propria sconfitta.


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