Posted 10 dicembre 2012 in Romania with 0 Comments
di Matteo Zola
Come pronosticato dai sondaggi, le elezioni romene si chiudono con la vittoria della coalizione social-liberale (Usl), che raggruppa i socialdemocratici (Psd) del primo ministro uscente Victor Ponta e i liberali di Crin Antonescu (Pnl-Pc), ottenendo il 58,63% alla Camera dei deputati e il 60,3% al Senato.
L’Alleanza per una Romania Giusta (Ard), che fa riferimento al presidente Traian Basescu, si è fermata al 16,6% alla Camera e al Senato. Solo altre due formazioni delle 36 in lizza hanno superato lo sbarramento del 5% necessario per entrare in parlamento: il Partito del popolo di Dan Diaconescu (Pp), giornalista televisivo con alle spalle un arresto per estorsione, con il 13,5% dei consensi alla Camera e il 14,2% al Senato; e il Partito della minoranza ungherese (Udmr) che oscilla fra il 5% e il 6%. L’Usl, di cui fanno parte socialdemocratici, liberali e conservatori, potrebbe dunque conquistare fino ai due terzi dei seggi in parlamento (in tutto 470). I dati sono aggiornati all’82% delle schede scrutinate.
L’affluenza alle urne è stata del 41,72%, due punti in più rispetto alle elezioni del 2008.
Nelle sue prime dichiarazioni dopo il voto, il premier Ponta ha parlato di una “vittoria contro il regime di Basescu”. E ha espresso l’auspicio che con queste elezioni dall’esito estremamente chiaro e inequivocabile si ponga fine alla “guerra politica che ha devastato la Romania”. La scorsa estate, la forte rivalità fra Ponta e Basescu si era trasformata in un durissimo scontro istituzionale, sfociato in un referendum sulla destituzione del presidente. La consultazione a fine luglio era tuttavia fallita per il mancato raggiungimento del quorum necessario di votanti.
Ponta si è già arrogato il titolo di primo ministro, ma secondo la costituzione romena è il presidente, in questo caso Basescu, a dare mandato per la formazione del governo. E non è detto che l’indicazione di Ponta venga accolta. Un modo per ribadire, da parte di Basescu, la propria autonomia di poteri e di scelte personali. Un’autonomia che lo ha fin qui spinto a eccessi e che gli è valso l’epiteto di “dittatore”: Basescu ha sempre interpretato il proprio ruolo con estrema libertà, costituendo di fatto un potere clientelare e corrotto che, a fronte della crisi economica e delle misure di austerità introdotte da Bucarest, gli è costata una forte contestazione di piazza, quella dei cosiddetti “indignati” romeni. Una piazza che, però, non ha mai espresso sostegno verso Ponta e Antonescu.
D’altro canto anche il tandem Ponta-Antonescu desta preoccupazioni. Nel luglio scorso José Manuel Barroso indirizzò a Ponta, da poco insediatosi come premier a seguito di una grave crisi politica, una minuta in cui si invitava la Romania ha rispettare lo stato di diritto.
Il paese si trova in una grave crisi economica e ha richiesto un piano di aiuti da parte del Fondo Monetario Internazionale. In cambio di un prestito da 20 miliardi di euro, a gennaio, il governo adottò un serie di misure di austerità. Impegni che il nuovo governo, che si è definito “pro-europeo e pro-Nato” dovrà onorare probabilmente approntando nuovi tagli e varando misure di rigore.
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