ROMANIA: Le proteste e il loro contesto. Una crisi non solo economica?

Creato il 17 gennaio 2012 da Eastjournal @EaSTJournal

di Matteo Zola

La crisi europea, una crisi che sembra al contempo economica e d’identità, accende anche la Romania dove da giorni vanno avanti proteste contro l’attuale governo, guidato da Emil Boc, e il presidente Traian Basescu. Una protesta contro quelle misure di correzione economica che il Fondo Monetario Internazionale impone agli Stati in cambio della concessione di fondi. E’ quella che comunemente viene detta “austerity” e dei cui mali (almeno secondo chi scrive) abbiamo già detto parlando della Grecia. Occorre però dire che Bucarest i soldi li ha presi, e che le regole del gioco, ad oggi sono queste. Anche l’Ungheria, che ha provato a fare a meno del Fmi, ha dovuto recentemente riallacciare le trattative.

La Romania però è un Paese complicato, in perenne transizione tra il passato regime socialista e il nuovo regime democratico. Una democrazia incompiuta, gestita dagli stessi uomini del vacchio regime e dai loro figliocci. Le attuali proteste sono state paragonate a quelle del 1989. Secondo chi sostiene questa analogia, oggi come allora le proteste sarebbero pilotate, fomentate, cavalcate da chi ha interesse a rovesciare lo status quo per mettere se stesso (o suoi affiliati) al potere. Dopo l’omicidio di Ceausescu a prendere il potere furono infatti – dopo averlo giustiziato – gli eredi del suo stesso regime. E oggi?

A scatenare la protesta sarebbero state le dimissioni di Raed Arafat, siriano naturalizzato romeno, fondatore del Serviciul Mobil de Urgenta, Reanimare si Descarcerare (Smurd), servizio di medicina d’urgenza che per anni ha affiancato il disatrato servizio d’emergenza urgenza dello Stato. Una recente riforma della sanità, voluta da Basescu su “consiglio” del Fmi, prevede l’ingresso di privati nel settore. Come suggerito da Matteo Tacconi, Arafat si è dimesso in protesta di una legge che andrebbe a toccare il suo Smurd, nel frattempo riconosciuto come servizio nazionale ma “monopolio” di Arafat.

Luca Bistolfi, in un precedente articolo, paventa la presenza di agenti della polizia di sicurezza tra i manifestanti, infiltrati allo scopo di far degenerare la piazza in scontri violenti. E la violenza, si sa, deligittima qualsiasi protesta. Il premier Emil Boc ha dichiarato: “La violenza non sarà più tollerata” così, durante la manifestazione di ieri sera a Bucarest, sono scattati gli arresti per più di 250 persone con circa 280 denunce per violazione dell’ordine pubblico. A questi si aggiungono una settantina di feriti.

La Romania è il Paese che più di tutti, in Europa, sta subendo i tagli di bilancio imposti dal Fmi. La crisi romena è gravissima. Come riporta Mihaela Iordache, su Osservatorio Balcani, ci sono stati: “tagli draconiani di stipendi e pensioni, licenziamenti anche nel pubblico. Questo nonostante la Romania continui ad essere il Paese con la crescita più alta dell’Unione europea, nell’ultimo trimestre dell’anno scorso ha registrato un +1.8%.Il caso Arafat è stato solo la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso e ad accelerare le proteste”.

Il leader dell’opposizione del Partito Nazionale Liberale (PNL), Crin Antonescu, cavalca l’onda delle proteste e invoca elezioni anticipate.

Le proteste contro le misure economiche volute dal governo, in Romania, si intrecciano con un sostrato di corruzione, poteri deviati, interessi personali, uso pubblico della violenza. La protesta, che sembra destinata ad accrescersi, porterà forse alle dimissioni di Boc ma Basescu difficilmente lascerà la poltrona di presidente. Il timore è che, come già nel 1989, tutto cambi affinché tutto resti uguale.


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