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Angelo Pagliaro ne discute con Antonio Orlando (insegnante e storico)Caro Antonio, proprio in Calabria, regione che ha ospitatoper decenni i lavori processuali sulla Strage di Piazza Fontana, in questigiorni, si è aperto un dibattito, intriso di grandi preoccupazioni, che ha coinvoltointellettuali, storici e militanti politici sul film di M.T.GiordanaOrlando: Certo èsingolare che la nostra sia generalmente considerata una regione“sottosviluppata”, arretrata e marginale, sotto tutti i punti di vistacompreso, dunque, quello organizzativo e burocratico però perfettamente ingrado di ospitare uno dei processi più controversi e difficili della nostrastoria giudiziaria, che non si può celebrare nella sua sede naturale per“legittimi sospetti”. Forse hanno pensato che, essendo periferici, siamo piùdisponibili alla subordinazione o al compiacimento del potente o ancora che, comesocietà civile, siamo estranei ed indifferenti. Ed invece proprio lamobilitazione di cui parli tu dimostra che avevano visto giusto allora econtinuiamo a vedere chiaro anche a distanza di quarant’anni: c’è un filo neroche unisce tutte le vicende da Piazza Fontana in poi; un filo che si dipana danord verso sud e viceversa e con il quale hanno tentato di strangolare sogni,speranze, utopie, lotte di almeno due generazioni. Non si accontentano dicontrollare il presente, pretendono, come diceva Orwell, di controllare ilpassato per poter ipotecare il futuro.
Antonio, hai pubblicato, nel mese di marzo 2011, sulsettimanale “La Riviera”, due articoli in cui parli proprio della strage e inparticolare riporti brani importanti del racconto che, da oltre 40 anni,Pasquale Valitutti fa della notte in cui Pinelli venne uccisoOrlando: Latestimonianza di Pasquale Valitutti è un faro che, da sempre, è puntato sullenebbie di questa triste vicenda. Lui non ha mai cambiato versione, ha sempresostenuto le stesse cose, ha fatto (e continua a ripetere) i nomi di tutte lepersone presenti al momento in cui avviene “il volo” dalla finestra di Pinelli.Rimane l’unico testimone estraneo agli ambienti della questura, l’unica vocevera ed autentica, eppure è stato volutamente ignorato e continua ad esserlo.Non potendolo smentire, non potendolo denigrare e non potendo sminuire la suacredibilità, continuano a fare quello che più gli riesce bene: ignorarlo.“Lello” non è un semplice testimone, è un “superstite” nel senso greco deltermine e cioè uno che era presente, che i fatti li ha vissuti in prima personaper cui la sua voce non potrà mai essere soffocata perché ci sarà semprequalcuno che ravviverà la fiammella della memoria.
Eravamo in molti a sperare che questo film potesserappresentare, come per “I 100 passi”, un ulteriore contributo alla ricercadella verità, un racconto che tenesse conto delle testimonianze deiprotagonisti di quegli anni.Orlando: La forza diun film è indiscutibile, vale più di cento libri, di migliaia di articoli, diinterviste o di inchieste. Giordana ha realizzato splendide pellicole, magarialcune possono non piacere, come per es.“La meglio gioventù”, troppo oleografica ed autoreferenziale, tuttavia i suoilavori hanno l’indubbio merito di suscitare dibattito, di riaprire discussionichiuse fin troppo frettolosamente, di riaccendere una speranza. In questaspecifica vicenda il regista e gli altri autori non avrebbero dovuto ignorarele voci diverse da quelle ufficiali. Non vorrei che dopo esserci liberati dellareligione di Stato adesso ci impongano la “storia di Stato”. Pensi che la verità, come qualcuno auspica, possa venire dauna testimonianza tardiva di qualche poliziotto o carabiniere che, la sera del15 dicembre 1969, era in quella stanza al quarto piano della questura diMilano?Orlando: Francamentenon saprei e, sotto sotto, neppure ci credo. Ci sono due cose che sto cercando,da tempo, di approfondire e che, a mio sommesso avviso, rappresentano la faccianascosta della luna. La prima questione parte dalla constatazione che i verticidella polizia, della magistratura, della burocrazia, dell’esercito, insommadell’apparato istituzionale italiano, nel 1969, a 24 anni dalla Liberazione,erano ancora “fascisti” nel senso che tutti i più alti funzionari provenivanodallo Stato fascista ed erano rimasti contaminati. La seconda è che – e lo dicoda tecnico – la verità giudiziaria assume forme ed aspetti strani e particolarie viene fuori in maniera tortuosa e sinuosa. La verità storica, invece, nonverrà mai da un tribunale, né un tribunale può fare la storia. Non credo che cisarà tra i poliziotti e i carabinieri un qualche tardivo “Marino”.
________________________________________________________________________________Antonio Orlando è nato aCittanova (RC), avvocato, docente di Materie Giuridiche negli IstitutiSuperiori. Collabora con la Rivista Calabrese di Storia del ‘900. Hacollaborato al Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani (D.B.A.I.). Hapubblicato: “Il Socialismo sognatodiLeonida Repaci”, Cultura 2000 Editrice, Ragusa, 1994; “TeresaGullace, moglie, madre e martire”, Cittanova, 1995; “IlPartito che nonc’è più. Riti e miti del vecchio P.C.I.”,Virgiglio Editore,1995; “L’Utopia accende una stella…”,VirgiglioEditore, 1998;
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