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Romanzo politico d’evasione

Creato il 27 luglio 2013 da Albertocapece

botolussiNiente potrebbe appassionarmi di meno della battaglia di apparati che ha per campo e per bottino la scelta tra Fonzie e il Nipote: in entrambi i casi si tratta di fantasmi o di marchi contraffatti, di questioni di potere che non riguardano più i cittadini, che non hanno alcun aggancio alle idee. Il centrosinistra non è più qui ormai da molto tempo e tanto meno l’idea di una trasformazione etica ed economica del Paese: la direzione del Pd meriterebbe di entrare in un trattato sullo spiritismo o in un saggio sulla decadenza delle elites, più che nella cronaca politica propriamente detta.

E la dimostrazione è venuta in questi giorni da due uscite di personaggi appartenenti al partito o di area con Fassina che ha aperto alla evasione fiscale come mezzo di sopravvivenza e Bortolussi, portavoce del modello Nord Est che vede il lavoro nero come welfare ormai necessario. Questa si che è ormai la vera pancia della politica di vertice e di apparato, nata dal progressivo sfascio della democrazia e dell’economia del Paese, una sorta di succedaneo della socialdemocrazia che invece di difendere la dignità e il reddito del lavoro, lo stato sociale, la presenza del pubblico nell’economia, si aggrappa proprio ai mali italiani dentro una ridicola, perdente e desolante scommessa omeopatica, nella speranza che sian la stessa infezione a salvare il paziente.

Di Fassina ho già scritto ieri: è vero che molti piccoli sono ormai schiacciati dalle tasse, ma questo accade perché l’evasione permessa e talvolta coccolata per interi decenni ha creato un’intera economia che vive grazie all’evasione e/o, salendo di opachi rapporti con tutti i livelli della politica. Con il risultato che troppi si sono sottratti alla competizione, rendendo fragilissimo il tessuto produttivo e distributivo, del tutto inadatto ad affrontare le sfide del futuro. E’ impossibile cambiare registro da un giorno all’altro senza una gigantesca moria di attività, ma è anche impossibile proseguire senza prognosi infauste: per cambiare rotta ci vorrebbe una nuova politica e un nuovo patto tra i cittadini, ma queste merci sono ormai introvabili sul mercato e dunque si prosegue nella politica di chiudere gli occhi seguendo pari pari la lezione berlusconiana.

E non basta perché Bortolussi compie un salto di qualità: non solo l’evasione è comprensibile, ma in un Paese che è riuscito a raggranellare il più alto debito pubblico e il più esile welfare d’Europa, lo stesso lavoro nero, lo stadio al di sotto del già insopportabile precariato, è una sorta di lenitivo, di  rimedio casalingo composto dalla definitiva rinuncia a qualsiasi dignità e tutela del lavoro. Bortolussi corre finalmente libero sull’autostrada che porta dai contratti a tempo indeterminato al caporalato di giornata. Inutile dire che anche questo farmaco ha effetti collaterali assai più gravi del malanno che ci si illude di combattere: non farà altro che procurare sopravvivenza ad aziende ed attività che non possono competere nella normalità e dunque nel mondo. Un nuovo e più grave fattore di declino.

Anche qui la via d’uscita consisterebbe in una politica che non esiste più che si è frantumata dentro interessi particolari e ideologismi da strapazzo.  Ciò che resta è una sorta di deforme terza via che dal capitalismo prende i profitti, le opacità e scarta l’efficienza, mentre dentro un riformismo ormai residuale butta via i diritti in cambio di una sopravvivenza senza speranze e prospettive. Insomma una perfetta imitazione del modello Berlusconi.


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