Rompicapo a new york
Creato il 17 giugno 2014 da Veripaccheri
Rompicapo a New York
di Cedric Klapisch
con Romain Duris, Audrey Tatou, Cecile De France
Francia, Belgio, Usa, 2014
genere, commedia
durata,
Il tempo e' una categoria con cui il cinema è obbligato a ragionare
ogniqualvolta decida di raccontarsi con una parvenza di realtà. Ma la
scansione temporale agisce anche fuori dal set, lavorando sulle idee ma
soprattutto sui corpi degli attori che per questo sono costretti a
alzare il gradiente di finzione per compensare il segno delle sue
conseguenze. Di questa duplice spinta deve aver tenuto conto Cedric
Klapisch quando a deciso di portare sullo schermo "Rompicapo a New York",
terzo episodio della trilogia aperta dal fortunato "L'appartamento
spagnolo", ritratto agrodolce di una generazione studentesca e
cosmopolita cresciuta nell'era di quel programma Erasmus che, dalla fine
degli ottanta, permise a centinaia di studenti di svolgere un periodo
formativo al di fuori dei confini nazionali. Tra i motivi
dell'inaspettato consenso ci fu sicuramente l'appeal di un prodotto
naturalmente internazionale per il fatto di raccontare un'esperienza
condivisibile su larga scala. Dal punto di vista cinematografico invece
risulto' rilevante la scelta di codificare il fenomeno all'interno di un
contenitore classico come quello della commedia, e di averlo reso
universale attraverso la scanzonata riconoscibilità di attori come,
Romain Duris, Audrey Tatou, e Cecile De France che all'epoca potevano
offrire un immaginario in sintonia con la freschezza dei personaggi, e
che oggi ritornano a quei ruoli con un divismo che poco si addice
all'anarchia dei caratteri da loro interpretati. Ad accendere la miccia è
ancora una volta Xavier, ago della bilancia per carattere e buon senso
di un gineceo che il nostro tiene a freno con amorevole pazienza. Così
facendo lo ritroviamo nientemeno che a New York dove il nostro si è
trasferito per stare vicino ai figli avuti dal matrimonio con Wendy che
l'ha lasciato per un fidanzato americano. Impegnato a ottenere la carta
verde, Xavier e' alle prese con la stesura di un libro ispirato alla sua
vita, e nel contempo deve fare i conti con un ritorno di fiamma che
rischia di mettere tutto in discussione.
Se lo spunto del film
è poco più che un pretesto per ritornare al punto di partenza, con la
corrispondenza tra la diversità proposta dai costumi del paese straniero
a funzionare come stimolo per riscrivere le regole della propria
esistenza, "Rompicapo a New York" rappresenta l'ultimo atto di una
trasformazione, che ha visto Klapisch riciclare i temi portanti della
sua poetica all'interno di una confezione da cinema d'esportazione,
pronta a sacrificare il minimalismo narrativo e il gusto naïf dei primi
film (Ognuno cerca il suo gatto) a favore di una correttezza politica e
di un'empatia di facile presa. Così è infatti l'affinità e la
condivisione che si respira nel corso del film, con questioni importanti
come quella della fecondazione assistita, introdotta dalla decisione
del protagonista di donare all'amica lesbica il seme che le consentirà
di avere un figlio, soffocati dal lusso patinato e modaiolo degli
interni radical chic e finto bohémien, così come dagli status symbol di
una promozione sociale a cui nessuno, nonostante tutto, vuole
rinunciare. Normalizzato da un paesaggio che sembra uscito dal catalogo
di un'agenzia di viaggi e da una sceneggiatura che non riesce ad andare
da nessuna parte, il vitalismo dei personaggi rimane imbrigliato
nell'opportunismo della messinscena, lasciando la sensazione di un
prodotto che ha da tempo oltrepassato la data di scadenza.
(pubblicato su ondacinema.it)
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