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R.onano/v.scarselli

Creato il 24 marzo 2011 da Nicolaief

A proposito di
Rossano Onano
“Ammuina”
Genesi Editrice, ‘09

Ma Rossano Onano è un poeta

In sostanza Veniero Scarselli dice(cfr. R.Onano/V.Scarselli, Diafonie poetiche a contrasto, Genesi Editrice, ’10) che la poesia di Onano è un esercizio ludico da assimilare a una forma raffinata di enigmistica.
Molti dei rimbrotti “affettuosi” che Scarselli muove alla scritura di Onano sono giustificati e verificabili:”scrittura crittografica”, “deformazione fantastica della realtà”, “sconquasso di ogni ordine e significato”, “cacofonica illogicità”…, ragion per cui non si sa dove scovare la presunta poesia dell’Onano.
Il fatto è che Scarselli non ha pazienza:irritato dalla “cripticità” del linguaggio, da modi poetici che non gli sono congeniali, si rifiuta di cercare il “senso complessivo” del fare poetico di Onano, non gli interessa.
Forte della sua “vera poesia”, volta le spalle a tutto ciò che non è conforme e, volontariamente e volentieri, si allontana con passo sicuro.

Certo, non è facile, bisogna attraversare due o tre strati di pensieri e rimandi culturali, bisogna trattare Onano come un “paziente” a sua volta, che soffre di un qualche garbuglio emotivo, farlo quindi distendere, interrogarlo ripetutamente, farci attorno la ronda, per scoprire che Onano poeta è roso dalla disperazione.
E’ disperato perché non crede proprio a niente, ancor più perché vorrebbe uscirne, aggrapparsi a qualcosa, credere “almeno un po’ ”:e così si aggira disperso, guarda di qua e di là, senza requie, tra gli uomini e le cose di oggi e quelli di un tempo che fu.Questi, poi, gli confermano, se ce ne fosse bisogno, che nulla è cambiato, che si tratta sempre e ovunque, per dirla con Andrea Zanzotto, di un “ricchissimo nihil”.
Anzi, per R.Onano, di un non senso assoluto.
Per la verità, il poeta fa dei tentativi, vorrebbe mettere un po’ d’ordine, ma tutto fluttua come in un vuoto d’aria, senza risonanza, senz’anima:il dramma, la vita di Maria(pp.49-52) vale solo in quanto è riducibile a un compiaciuto calcolo statistico.
Sono frammenti, cronachette antiche o attuali, o anche mosse culturali(vedi ad es. p 42, Sentinella…),cerchiati di insignificanza, gesti, sguardi, pensieri, stupidi, tediosi, quasi meccanici, che sembrano nascere per finire nell’inconcludenza.
E’ inutile pretendere logica e misura, collocazione e direzione, la realtà non esiste, o meglio, esiste, ma è come se non esistesse, è inafferrabile, gira su se stessa e schizza via a perdersi chissà dove.
La narrazione non può sussistere perché non c’è niente da raccontare, le cose si possono segnare a dito, illuminare a flash, disporre come in uno scompigliato blob.La sequenza di Alissa(pp.33-40)che sembra concedersi al racconto, si conclude con un “tutto per nulla”, come a significare, accanto alla struttura anaforica che sbeffeggia “forma e contenuto”, che il procedimento narrativo, è un falso riempitivo, c’è o non c’è è la stessa cosa.
Per dirla in figura, la realtà a Onano gli esplode in mano e con essa il senso comune.Che cosa rimane?
La fuga, mettersi al riparo, costruirsi una postazione di difesa:rispondere cioè con fronte cinica all’inarrestabile schizofrenia di un mondo irrimediabilmente tarato.
L’unico sentimento onesto, non ingannevole, sembra dirci Onano, è l’ironia, in tutte le gradazioni, dal sorriso di compatimento(p.24), alla finta compartecipazione(p.19), dal ghigno beffardo, al fine sarcasmo.
Di primo acchito, ha ragione Scarselli:siccome la poesia, lo sanno tutti, deve essere un genere “difficile”, è facile rimanere “affascinati” dall’ “estrosa artificiosità del linguaggio”.
Ma l’ “estrosa artificiosità del linguaggio”, ammesso che corrispondente sia la definizione, è essa stessa schermo, debita distanza, partecipa di quella dissacrazione impietosa che investe anche l’ istituto stesso della poesia.
Per Rossano Onano non è un “gioco”.La poesia nel mentre che la fa la svilisce, la svuota dall’interno, ne mette in dubbio i connotati, dando così, (debbo per forza usare un brutto ossimoro) forma informe al non senso esistenziale.
Si spiegano così le omissioni logico-consequenziali, il procedimento che definirei “per metastesi”, cioè di continuo spostamento del baricentro, il linguaggio, o raggrumato, o di una avvilente banalità, luoghi comuni e flatus vocis, e, in entrambi i casi, inteso a rappresentare il non senso e l’insignificanza della situazione.
Enunciati di pura ascendenza letteraria, solenni, pretenziosi, intersecati, tagliati dall’inserto volgare, dall’insulso frammento linguistico raccattato tra il parlato degli ambienti più disparati.La parola, alla fine, si configura come un fragile appiglio in un mare di detriti esistenziali scomposti e alla deriva.
Ne dovrebbe risultare una poesia angosciante, ripiegata su se stessa, snervante, mentre invece induce al sorriso, alla pacata riflessione su quest’ “uomo che è nuvola”(p.57) ed alla sua “verticale follia”(p.17), alla sua corriva insipienza.
C’è ancora, a tenere assieme i frammenti, la libera intelligenza, l’ironia che sdrammatizza e assume figura di riscatto, funzione di terapia, di ultima ragione della poesia e del ruolo del poeta.

Nicola Lo Bianco


Filed under: poetici appuntamenti

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