Trieste, Tetris.
Due date italiane per i Rorcal, come abbiamo ampiamente pubblicizzato. Poco prima dell’inizio del concerto triestino, mi scrivono che il giorno prima ad Arese il locale era semi-vuoto, purtroppo. Pare comunque che ci fossero quelli di Solo Macello a ringraziare ancora una volta Satana per averli fatti metallari, il che fa status come la scorta a un politico. Al Tetris, per fortuna, arriva un po’ di gente, perché funziona il traino degli eroi locali Ooze, che stanno per far uscire il loro primo disco (dopo l’ep Sister Tank) con l’israeliana Total Rust (Pyramido, Botanist…). Il gruppo è in forma e, davanti anche a due The Secret e ai Grime (coinvolti nell’organizzazione del concerto), snocciola brani massicci senza difficoltà alcuna, muovendosi da qualche parte tra sludge, doom e generi limitrofi. Come la volta precedente, ho pensato che serva loro ancora un po’ di personalità (e un po’ di zolfo) per mettersi al livello dei loro amici, mentre mi è sembrato che tutto il resto sia già parecchio a posto.
Tocca ai Rorcal: due candelabri, fumo e un tastone per terra col quale il nuovo cantante (che, quanto a voce squarciata, non deluderà) fa partire due strobo nei frangenti più estremi, esattamente come i Celeste, altro gruppo di lingua francese folgorato dal black ma di provenienza hardcore. Világvége è stato registrato in un giorno solo, di fatto live, e i ragazzi intelligentemente intendono riproporlo pari pari in questo tour, senza vecchio repertorio in mezzo o intorno, come se si trattasse di un rito e di un conato insopprimibile. Lo schema è semplice: breve inizio ambient/noise (a carico di uno dei due chitarristi) che sfocia in un doom metal à la Switchblade, poi solo black metal fino alla fine (la sensazione, a livello di riff, è quella di scivolare da quello più moderno verso quello della seconda ondata norvegese). Da aggiungere due intermezzi campionati con solo orchestra e coro, per la precisione due estratti dal “Requiem” severissimo del compositore novecentesco Alfred Schnittke.
Sfiga vuole che tutta la serata sia andata troppo per le lunghe e che la band sia costretta ad accorciare il suo concept album per giungere al gran finale, ma l’impressione rimane quella di un concerto quasi senza pecche. Si sono mossi poco, ma erano in cinque sul piccolo palco del Tetris, e forse le chitarre sarebbero dovute “arrivare” un po’ di più rispetto al resto.
Si chiude al banchetto del merch, dove mi prendo il vinile di Világvége (esteticamente favoloso), mi regalano pure un cd collaborativo coi Kehlvin e il nuovo cantante mi conferma che Rorcal si pronuncia come L’Oréal, perché io valgo etc etc etc.
Nota triste: la gente che viene a vedere solo gli Ooze e poi se ne va. Avevo scritto un predicozzo, ma è chiaro perché è strana questa cosa. Ormai siete fuori, restate e conoscete un gruppo nuovo, no?