E’ possibile leggere un
romanzo e ritrovarsi come immersi nelle atmosfere di un film di Rohmer o di Kieslowski?
E’ possibile leggere una storia e rimanere affascinati dalla prosa affilata,
come nel Decalogo, e dalla descrizione
acuta, e tuttavia mai ostentata, dei sentimenti, come in Racconto d’autunno?
E’ possibile, sì. Ed è possibile leggendo Rosa candida, questa delicata, forte,
commovente e intensa storia che ci arriva dall’autrice islandese Audur Ava Ólafsdóttir.
Dal nord Europa non arrivano soltanto detective e
hacker impegnati in trame nerissime e in complotti terroristici, ma anche
romanzi come questo, romanzi che apparentemente sembrano fuori dal tempo
proprio perché, in realtà, segnano quel tempo eterno della vita e dell’universo.
Rosa candida appare quasi come una trasfigurazione della nostra
epoca, resa e decritta sfrondando tutta la paccottiglia del superfluo e andando
invece al centro nevralgico delle eterne tematiche che agitano l’animo umano.
Creato con grande levità, ma scritto al contempo con
mano sicura, Rosa candida è una
epifania picaresca, carica di simboli e di citazioni.
Come quei dipinti rinascimentali, nei quali la
raffigurazione di ogni scena nascondeva elementi allegorici ed ermetici, così
questo bellissimo romanzo funge da allegoria di tutto ciò di cui avremmo
bisogno e che forse ci rammarichiamo di non avere mai avuto o di aver perso
per sempre.
Questo viaggio di questo giovane ragazzo, questo
incontro con le sue insicurezze, questo arrivo in questo monastero a sistemare
un roseto millenario, questo abate cinefilo e un po’ disilluso, questo villaggio
forse un po’ italiano, questa piccola e tenerissima bambina, questo affresco e
questo raggio di luce che trafigge la corolla della rosa istoriata sulla
vetrata della chiesa e che va ad appoggiarsi sulla guancia di questa bambina.
Tutto questo è Rosa
candida. Leggetelo e potrete anche voi essere testimoni di quel raggio di
luce.
Un libro.
Rosa candida, di Audur Ava Ólafsdóttir (Einaudi).
Magazine Cultura
Rosa candida, di Audur Ava Ólafsdóttir (Einaudi)
Creato il 21 giugno 2012 da Angeloricci @angeloricci
E’ possibile leggere un
romanzo e ritrovarsi come immersi nelle atmosfere di un film di Rohmer o di Kieslowski?
E’ possibile leggere una storia e rimanere affascinati dalla prosa affilata,
come nel Decalogo, e dalla descrizione
acuta, e tuttavia mai ostentata, dei sentimenti, come in Racconto d’autunno?
E’ possibile, sì. Ed è possibile leggendo Rosa candida, questa delicata, forte,
commovente e intensa storia che ci arriva dall’autrice islandese Audur Ava Ólafsdóttir.
Dal nord Europa non arrivano soltanto detective e
hacker impegnati in trame nerissime e in complotti terroristici, ma anche
romanzi come questo, romanzi che apparentemente sembrano fuori dal tempo
proprio perché, in realtà, segnano quel tempo eterno della vita e dell’universo.
Rosa candida appare quasi come una trasfigurazione della nostra
epoca, resa e decritta sfrondando tutta la paccottiglia del superfluo e andando
invece al centro nevralgico delle eterne tematiche che agitano l’animo umano.
Creato con grande levità, ma scritto al contempo con
mano sicura, Rosa candida è una
epifania picaresca, carica di simboli e di citazioni.
Come quei dipinti rinascimentali, nei quali la
raffigurazione di ogni scena nascondeva elementi allegorici ed ermetici, così
questo bellissimo romanzo funge da allegoria di tutto ciò di cui avremmo
bisogno e che forse ci rammarichiamo di non avere mai avuto o di aver perso
per sempre.
Questo viaggio di questo giovane ragazzo, questo
incontro con le sue insicurezze, questo arrivo in questo monastero a sistemare
un roseto millenario, questo abate cinefilo e un po’ disilluso, questo villaggio
forse un po’ italiano, questa piccola e tenerissima bambina, questo affresco e
questo raggio di luce che trafigge la corolla della rosa istoriata sulla
vetrata della chiesa e che va ad appoggiarsi sulla guancia di questa bambina.
Tutto questo è Rosa
candida. Leggetelo e potrete anche voi essere testimoni di quel raggio di
luce.
Un libro.
Rosa candida, di Audur Ava Ólafsdóttir (Einaudi).
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