Rosa Pierno: un’opera raffinata

Da Narcyso

Rosa Pierno, ARTIFICIO, Robin Edizioni, 2012


Ancora un libro sull’amore – si vedano le altre prove descritte in questo blog – ma questa volta nella forma del trattatello filosofico, della catalogazione dei casi attraverso gli esempi piú eminenti della storia dell’arte, – vera depositaria, nei secoli, grazie al suo sterminato apparato di simboli e allegorie – di una descrizione per immagini del teatro d’amore. Questo dispiega i suoi scenari mostrando una complessa mappatura alchemica di elementi: parole e musica, architettura, apparati scenografici, catalogo, accumulo, collezione. Amore si mostra cosí nello splendore e squallore caleidoscopico delle trame e dei giochi verbali che hanno l’unico scopo, fuor dal potere degli amanti, di proclamare la sua natura di idea, di eterno sopravvivente alle anomalie del tempo.
Amore é, quindi, canto, capace di commuovere e di infiammare le anime di chi ascolta; é “recitar cantando”: “recitar cantando si deve liberamente il testo, mentre la musica evolve su binari paralleli. Ciascuna resta coi suoi tempi, con la sua naturale libertá di movimento” (RECITAR CANTANDO).
E’ madrigale: “Nel gioco delle corrispondenze speculari, dove se lui fugge, e se lui ritorna, lei pure ritorna (…) madrigali guerrieri si alternano a madrigali d’amore” (MADRIGALI).
E’, soprattutto, restando nell’ambito degli esempi tratti dalla musica, canone enigmatico, “enigmatico é quel canone nel quale i conseguenti non sono dedotti dagli antecedenti. Se amor non ti guida, via non trovi. Il cammino é costellato da errori: periodi confusi, clausole imperfette, cadenze fuori di proposito, le male accomodate parti…” (CANONE ENIGMATICO).
Amore ha dunque bisogno di uno svolgimento: “il componimento ha lo sviluppo di un bouquet formato da profumi contrastanti e stordenti ed é sostenuto da vividi colori” (SVOLGIMENTO). Ha bisogno del teatro del mondo entro cui dispiegare l’ordito di una recita mille volte recitata eppure ogni volta diversa perché a recitare é, in fondo, “la potenza dell’immaginazione”, la possibilitá che il previsto deragli verso il “deforme”: “deformazione rende il reale veritá molteplice” (ANAMORFOSI).
Cosí Amore non puó fare a meno del grande teatro barocco del teatro del mondo, dei suoi sontuosi travestimenti, ma anche delle sue macchine precise per reggere all’inconsistenza e al vaneggiamento: sfere, astrolabi, armille, quadranti. Ma anche cartografie, portolani, cittá ideale: perché Amore non é follia: “Colui che fugge, per amore non venne in furore, ma per follia negó amore. (…) Amore ha le sue leggi che la ragione approva” (FOLLIA).
Eppure Amore non regola e non é regolato; é fugace e fugge, inseguendo e inseguito dal suo cavaliere:
“La donzella sul cavallo bianco percorre pianure e spiagge, mentre a niente concede sguardo. La mente insegue l’amor bramato e gli rivolge parole non formano laccio, che non afferrano le membra del perduto oggetto” (INCONTRI E SCONTRI)
Amore attraversa le scenografie del mondo, le feste mascherate, i giochi piú o meno crudeli di Venere e Adone, i giochi e i travestimenti teatrali, e mentre attraversa, fugge, incantato dallo spettacolo del mondo e mai catturato.
Amore non é, nella sua sostanza, la dama inghirlandata, il milieu aristocratico o borghese delle stanze da letto e da ballo con gli specchi, ma Reginella, “Reginella nei balli nei giochi e nelle feste” sulla cui veste “logora, di azzurro cobalto, incenerita dall’uso, su cui la luce si ferma incongrua a causa di strappi e sdruciture, un cane viene ad annusare l’odore del tempo”. (REGINELLA)
Reginella attraversa la descrizione di questo grande teatro barocco della vita, “che sia comica, tragica o satirica la rappresentazione, lei é presente sempre. A cavallo o a piedi, vestita con una rete, mezza digiuna e mezza sazia, si offre come enigma. E a tratti é doppia: principessa o lazzara, dipende dalle storie che attraversa” (TEATRO).
Si capisce dunque, come “l’amore fossile” descritto nella seconda parte del libro, non possa che presentarsi sotto forma di ragionamento mentale, altro modo, necessariamente irrisolto, di carpirne il segreto: “Nessuna parola finita potrá definire assoluto amore e, dunque, mille e mille volte sará necessario ripetere la parola t’amo” (ASSOLUTO).
E’ un testo raffinato e complesso, questo di Rosa Pierno, costruito su una vasta cultura iconografica e musicale, ché, se il mondo é incarnazione di forme visibili in maschere, in maravigliose architetture e in potentissimi sogni di carne e pietra, a/mor, che per sua natura é nemico giurato della morte, pur tutte le custodisce e le contempla, queste, per amarle; cioé per possederle. Per conservarne la piú intima sostanza da restituire al deperimento della vita. Senza questa necessitá della distruzione, impossibile risulterebbe, infatti, all’amante, ripetere all’infinito quel “t’amo”.

Sebastiano Aglieco

Anversa, luglio 2012

Il blog di Rosa Pierno TRASVERSALE


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