Rosarno, sembra sia proprio uno duro colpo per l’ndrine locali. I Carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Reggio Calabria su richiesta della DDA, a carico di cinque persone nell’ambito delle indagini sulla morte della collaboratrice di giustizia Maria Concetta Cacciola morta forse suicida nell’agosto 2011 in circostanze non del tutto chiarite
Come è noto a tutti la Cacciola era moglie e figlia di esponenti della ‘ndrangheta, ma all’inizio del 2011 comincia a collaborare con la magistratura, per salvare anche i suoi tre bambini. Ma ad agosto, tornano in famiglia inizia a subire maltrattamenti di ogni genere, secondo quanto sarebbe stato appurato suo padre e suo marito la minacciavano di uccidere i bambini. A furia di botte e minacce – e secondo i magistrati anche con la collaborazione dei due avvocati Vittorio Pisani e Gregorio Cacciola – le fecero leggere una dichiarazione in cui ritrattava le accuse fatte e la registrarono, prima di mandarla come prova ai magistrati. Pochi giorni dopo la donna venne trovata morta per aver ingerito dell’acido muriatico. I familiari dissero che si era suicidata, ma per i magistrati venne forzata a bere la sostanza velenosa. Ed è proprio su questa base che stanno indagando. Voleva svelare i segreti dei clan della ‘ndrangheta della piana di Gioia Tauro.
L’inchiesta, coordinata dai pm della Dda di Reggio Calabria, Alessandra Cerreti e Giovanni Musarò, e da Giulia Masci, della procura di Palmi, è stata lunga e travagliata. Ma è stata arricchita di tanti particolari e prove sostanziose che delineano un quadro in cui il gruppo familiare avrebbe deciso di eliminare una figlia pur di salvare i mafiosi che dominano sul territorio. Così i carabinieri hanno arrestato cinque persone, il padre, la madre e il fratello della vittima, e poi due avvocati penalisti molto noti nella piana di Gioia Tauro: Gregorio Cacciola e Vittorio Pisani. Per loro l’accusa è di concorso in violenza privata, concorso in violenza o minaccia per costringere a commettere un reato, concorso in favoreggiamento personale, tutti aggravati dall’aver favorito la ‘ndrangheta. Per gli avvocati le accuse sono pesanti: avrebbero indotto la donna a ritrattare le dichiarazioni che aveva fatto ai magistrati.
Nelle intercettazioni eseguite emerge come l’avvocato Pisani ogni volta che parlava con i propri clienti, accusati di mafia, controllasse bene l’ambiente in cui si trovavano, per verificare se fossero state collocate microspie da parte delle forze dell’ordine, perché sospettava di essere intercettato.
Dalle registrazioni fatte, invece, grazie ai microfoni piazzati dai carabinieri nello studio legale dell’avvocato Gregorio Cacciola, emerge una sconcertante contiguità del professionista con gli ambienti della criminalità organizzata di Rosarno, nel cuore della Piana di Gioia Tauro.
Da alcuni dei dialoghi captati all’interno del suo studio legale, i magistrati hanno dedotto che l’avvocato Cacciola aveva definitivamente saltato il fosso, fungendo stabilmente da “consigliori” dell’attività di diversi soggetti appartenenti o contigui alla ‘ndrangheta, dispensando consigli e direttive che nulla hanno a che fare con un mandato difensivo lecito, neanche di un professionista che opera in un contesto difficile come quello rosarnese.
(AGI, La Repubblica E ALTRE FONTI)