A mettere i sigilli sono stati gli uomini del Gico. Sembra infatti che l’azienda sia riconducibile a Rosario Arena, di 33 anni, figlio di Domenico Arena (59), ritenuto legato alla cosca Pesce di Rosarno.
Il sequestro, richiesto dal procuratore aggiunto Michele Prestipino Giarritta e dal pm della Dda reggina Stefano Musolino, è la diretta conseguenza della sentenza del 20 settembre 2011 del Tribunale di Reggio Calabria nei confronti della cosca operante nella Piana di Gioia Tauro, con propaggini in tutto il Nord Italia e, in particolare, in Lombardia. Il 21 e 29 aprile, il 5 maggio e il 13 ottobre 2011, Guardia di Finanza e Carabinieri, diretti dalla Dda, dopo gli arresti del 2010 nell’ambito delle operazioni “All Inside 1 e 2″, avevano sottratto alla cosca Pesce attività commerciali, beni immobili e mobili e disponibilità finanziarie per circa 210 milioni di euro.
Nel dispositivo del Tribunale del settembre 2011, il giudice ha condannato gli imputati anche al pagamento di 50 milioni a titolo di risarcimento per i cittadini del Comune di Rosarno vittime per decenni delle angherie e dell’arrogante prepotenza della cosca. Le indagini, secondo l’accusa, hanno permesso di accertare come Domenico Arena abbia fraudolentemente trasferito i crediti vantati nei confronti dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura alla ditta agricola del figlio Rosario, spogliando in tal modo l’impresa agricola di una cospicua parte del patrimonio aziendale per evitare l’aggressione da parte dello Stato di diritti di credito derivanti dal possesso di titoli Agea, oggetto, pertanto, del sequestro di oggi. Domenico Arena, resosi irreperibile al fermo il 28 aprile 2010 e catturato il 22 luglio 2012, secondo l’accusa, era particolarmente attivo nel settore dei trasporti e della distribuzione, al punto da causare uno scontro all’interno del clan tra il cognato Vincenzo Pesce ed il giovane della famiglia, Francesco Pesce (35).
(Ansa)