Primo gatto:prologo
Tempo fa conoscevo una signora molto amante dei gatti di razza. La sua razza preferita erano i persiani. Quelli con il muso schiacciato, la linguetta di fuori, quella faccetta da Gremlin appena uscito dalla doccia…
Secondo gatto: l’enunciato
La signora aveva appena comprato una gatta persiana purissima, pagandola pure cara, e me ne parlava orgogliosamente. Io dissi che a me non piaceva poi molto e che preferivo i gatti “normali”, i randagetti allegro mix di colore.
La signora, che era una brava donna e non si inalberava per le differenze di gusti, mi disse: “Eeeeh, io non ci posso fare niente, a me piace questo tipo di gatto, come a te piacciono certi tipi di rose che le devi ritirare per posta”.
Terzo gatto: la meditazione
Quella frase troncò i miei ardori di egualitarismo botanico-felino. Chi comprerebbe una rosa canina? Si farebbe una talea, piuttosto.
Se io ho diritto di preferire le galliche e le damasco, perchè la brava signora non avrebbe il diritto di preferire i persiani o gli angora? E badate che parliamo in entrambi i casi di specie viventi, sebbene solo un sofisma possa porre su un piano egualitario l’etica soggiacente alla cura degli animali e a quella delle piante.
Ultimo (mezzo) gatto: il quesito
La signora aveva un lecito, spiegabile, diritto di spendere i suoi soldi per acquistare un animale particolare?
Si può porre sullo stesso piano l’acquisto di una rosa e quello di un gatto?
Esistono altri corollari a margine di questa meditazione?
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