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Rossano Onano - Il sandalo di Nefertari

Da Ellisse

Rossano Onano - Il sandalo di Nefertari - Prufrock 2016Rossano Onano - Il sandalo di Nefertari - Prufrock 2016
C'è una nota in apertura di questo libro che tenta di dare qualche indicazione al lettore, o di confonderlo del tutto: "Il Museo Egizio di Torino conserva un sandalo di Nefertari, rinvenuto dall'avventuroso Ernesto Schiaparelli nella tomba ipogea della regina. Nessuna notizia del sandalo mancante". Una presenza è anche, inevitabilmente, una assenza, e una ricerca. Che sia della poesia, della verità, o di qualcosa d'altro che permetta di procedere senza zoppicare, come chi va con una scarpa sola. Ricerche non sempre agevoli o destinate ad essere coronate da successo, ma per fortuna ci sono altre strade, magari da percorrere con una certa leggerezza d'animo e di cuore. Il registro di Onano è quello di una ironia pensosa, con qualche traccia di fiaba o meglio di mito personale, di una certa nostalgia per il passato che certo è migliore del presente, come quasi sempre, e qualche tendenza ad un epos lirico che si concretizza in rivisitazioni di altri miti o eventi. Con i quali, a grattar la superficie, ci si ritrova a ripensare per vie traverse al presente, all'attuale, e alla complessiva inadeguatezza dei medesimi, o di noi qui ed ora. Un presente in cui la cultura non serve, o serve per lo più a farci sentire diversi e in qualche modo, appunto, fuori posto e non necessariamente superiori. E' in apparenza la presa di una distanza da una realtà cogente, ma solo per prendere meglio la mira. Onano fa finta (ma il lettore mica ci casca) di parlare proprio di quello quando parla di favolette, di personaggi e fatti storici, di casuali incontri petrarcheschi, di opere d'arte, di non luoghi, di storie bibliche. Ma in fondo parla d'altro, perché la piccola parabola che costruisce velocemente volge, anche per il mezzo di un linguaggio attualizzato, tra colloquiale e l'erudito o il tecnico ma sempre in chiave "comica", verso un colpo d'occhio sull'attuale o viceversa su qualche vizio sempre universale, qualche piega oscura dell'animo umano, qualche piccolo dramma. La chiave ironica è data soprattutto da un semplice ma efficace meccanismo di straniamento linguistico rispetto al contesto, oltre che da una selezione accurata e "alta" dei termini (Onano è bravo a manipolare la scrittura). Come, tanto per fare un esempio, in questo brano, una preghiera del tutto particolare:
notarile
Avremmo gradito una qualche minuta
detrazione fiscale, per la cura, la perseveranza.
Noi faticosi seminatori di tisane
e zizzania, perché la terra è bassa
dopo tutto, e sole e vento sono corvi
voraci in questa promessa di deserto.
Siamo, alcuni, a rischio di precipizio
d'usura. Accogli, a saldo, l'ultimo
vitello grasso, la speranza, le concubine.
da cui mi sembra appaia chiaro cosa intendo, essendo esplicita fin dal titolo la tonalità. E' prevalentemente con questo registro, quindi, che Onano offre al lettore il suo campionario di osservatore colto e insieme smagato e un po' flaneur, incline ad un umorismo critico che ha una relazione piuttosto cosciente (lo dico nel caso qualcuno si rammenti vagamente Freud) con ciò di cui sta parlando, senza però dimenticare un persistente sottofondo di "ultima disperazione", per usare parole sue: da un leopardiano amor senile all'interno di un supermercato  - non luogo per definizione - , a problematici rapporti con un dio sconosciuto e un po' tetragono; da un chiaroscurato ritratto di Giulio II che medita  sul suo potere, a un fantastico incrocio tra Laura nell'anno della sua morte e Petrarca, il "timido alpinista" forse reduce da qualche altra ascensione dopo quella  leggendaria al Monte Ventoso del 1336; passando per uno sguardo rivolto a sé stesso nella bella ascolta bene. Insomma Onano varia e svaria, in un libro complessivamente divertente (e mica è poco), piacevole e ben scritto, che non va collocato in nessuna categoria o orizzonte poetico o panorama reclamando esso la sua originalità, ma che cerca di evitare il tragico (ma non sempre è un male), guarda la vita dal bastione dell'ironia e un po' la esorcizza, osserva i rapporti, anche amorosi, con un occhio un po' "zoologico", come in struggicuore. Nel frattempo il sandalo mancante di Nefertari è ancora introvabile. (g.c.)
L' ipermercato è un luogo di aggregazione
raccomandato dal governo per via dell'aria condizionata
infatti i vecchietti lo frequentano con applicazione accanita
dove Giovanni conduce il carrello e riconosce Gabriella
a causa degli occhi terrestri e fuggitivi
dove Gabriella conduce il carrello e riconosce Giovanni
a causa degli occhi terrestri e ancora più fuggitivi,
fortuna che l' ipermercato presenta passaggi di servitù
colonne ordinate di barattoli e cartoni colorati verso l'uscita
nella notte serena per l'ultima disperazione.
struggicuore
Il maschio occupa ogni notte la stessa tana,
prepara cucinati precotti, sprofonda
nella fossa delle marianne, nel triangolo
delle bermude della memoria disfatta.
Quanto era bella, opaca contro il sole,
la femmina della specie odorosa d'albume,
come saporito il tuorlo sanguinoso
deposto nelle tende, quando appariva.
Hamelin
Dove sono le nacchere?, mi aspettavo
una musica ritmica, tacchi di ballerina
andalusa, un agitare di ventagli
aperti e chiusi sopra la sfinge del viso.
Tutto, ma non questo suono di piffero
acuto, continuo sulla savana fiorita
e deserta, voce di cellulare che chiama
e io non rispondo, dove sono le nacchere?, io
non rispondo fino a quando, fino a quando.
Giulio II interroga l'immagine introiettata di Papa Borgia
Giudeo, marrano e circonciso
io questo ti dico perché te lo meriti
tu tessitore mediocre di tele domestiche
con tutti i tuoi figli bastardini e cupi
per quanto Lucrezia me la sarei fatta volentieri
non fosse la voce che fosse il suo letto sanguinoso
non fosse che si è ammonacata per una vergognosa penitenza
non fosse che io sono il servo dei servi di Dio
io che sono uno santo cattolico e per giunta apostolico
io che sono soprattutto indiscutibilmente romano
io che sono pastore di spada e di pennello
voglio vedere un altro governare i pittori toscani
dire a Buonarroti fai presto perché ho tante cose da fare
voglio vedere un altro prendere Bologna a cannonate
perché non ci sono santi
la parola è alta la parola è forte la parola è una bella cosa
però ci abbisogna un luogo donde pronunciarla
sostegno di mercanzia
oculate investiture vescovili e cardinalizie
senza contare l'apporto della milizia svizzera
formidabile ma purtroppo molto ma molto dispendiosa.
Europa 1348
È bionda la campagna a mezzogiorno
il sole di Provenza la distende.
Laura si bagna nella chiara fonte
sollevando la veste alla caviglia.
Compone una ghirlanda di capelli
biondi alla nuca perché il vento magro
assalti finemente le sue spalle.
La bambina la guarda dalla sponda,
pensa che sarà grande e avrà le poppe
gonfie di miele e l' inguine rovente.
Laura riposa nella chiusa stanza.
Ripete a mente il frammento volgare
del timido alpinista che l'ha scorta
mentre al fiume dimostra le sue forme.
Il poeta che viene d'oltremonte
potrebbe usare un approccio più scaltro.
Dorme il marito sul lato mancino
e Laura con le reni lo sormonta.
Un ratto nero quatto sulla madia
guarda la notte con occhio turchino.
ascolta bene
Mia timidezza, quasi un peccato
di malaffare, subìto o fatto, sottile
di lama fra cuore e costato, coatto
quanto basta perché l'anima dica cosa ci posso
fare, avarizia, alibi terrestre
che conta trenta denari (e l'ala
riflessa sul campo di grano è l'ombra velocissima
dell'albatros, dell'aeroplano?): ascolta
bene, datti un poco da fare, mia timidezza
d'amore o trincea, pavone diurno, indotta
o caratteriale (l'ombra d'albatros ha odore di fosco
mare): resisti, ancella purpurea o disfatta
rosa, rocca di parte guelfa o ghibellina
scoscesa, ultima difesa, medicina.
non tutte le alleanze sono facilmente comprensibili
Una voce potente come di tromba che diceva:
prendi tutte le tue mogli le concubine le cameriere stagionali
prendi anche i tuoi libri la stufa da campo il telefonino
congeda i figli con tutte le loro spettanze
raggiungi così temperato e leggero la valle dell'azimut
tu non sai dove sia ma dovunque ti fermi lei ti appartiene.
Una voce aguzza come di cetra che diceva:
bene, adesso che sei arrivato drizza la tenda
uccidi la colomba la pecora il bue la moglie più vecchia
lo so che ti piange il cuore ma un minimo sacrificio è necessario
aspetta così temperato e leggero che azimut ti trafigga
con tutta la sua lucentezza la sua spaventosa lungimiranza.

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