L’elenco dei registi che, in modi diversi, hanno attinto a piene mani nella storia dell’arte è davvero lungo: Fellini, Kubrick, Ridley Scott, Ford e così via.
A metterli in ordine ci ha pensato Rossella Farinotti nel suo ultimo libro, in uscita in questi giorni, Il quadro che visse due volte.Un viaggio appassionante tra citazioni, omaggi, biografie celebri, aneddoti e curiosità di un’autrice che unisce un grande amore per il grande schermo (insieme al padre, Pino Farinotti, da cinque anni cura uno dei più noti Dizionari del cinema) alle sue competenze di critica d’arte. di Rossella Farinotti Il quadro che visse due volte come l'arte influenza il cinema
Hitchcock, Visconti, Ford, Dreyer, Saura, Scott, Minnelli, Kubrick. Sono registi, maestri assoluti. La loro estetica è riconoscibile e magica. Fotogrammi che si assestano nella memoria di chi li ha visti, e lì rimangono. E poi la cultura di oggi, da Mario Schifano a Andy Warhol, da Kim Ki Duk a David Lynch.Perché questi autori si sono affidati ad altri maestri, quelli della pittura, hanno riconosciuto la prevalenza di quell’arte nobile e hanno portato, nei loro film, quel grande valore aggiunto. Hitchcock ha esplorato Hopper e Dalí: l’inquietante casa di Psycho e le immagini oniriche di Io ti salverò. Visconti ha attinto da Hayez: il famoso bacio in Senso. Il gladiatore di Ridley Scott è semplicemente un dipinto di Gerome. Kubrick ha "ricostruito" gli inglesi del Settecento, come Hogarth, in Barry Lindon e mostrato opere contemporanee (Brancusi o Mel Ramos) in Arancia meccanica. John Ford ha "rifatto" Remington, gran pittore del west in Sentieri selvaggi. Saura anima Goya (La fucilazione sulla montagna) nel suo Goya. I personaggi di Dreyer in Dies irae scendono letteralmente dai quadri di Rembrandt. Artisti come quelli citati, applicati ai film: dunque "scenografi" strepitosi, irripetibili, non più rintracciabili. Non sarebbero bastati… gli Oscar. *****