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Quando la leggerezza è consistente. (4,5 stelle) - Ferzan Ozpetek mi piace, mi è sempre piaciuto. Apprezzo il suo sguardo lieve e malinconico, il suo saper parlare di amore senza distinzioni di sesso, le sue storie spesso al limite del reale e allo stesso tempo verosimili, la commistione di cultura che si evince dai suoi film frutto delle sue due patrie: la Turchia e l’Italia.
Ovviamente parlo di Ozpetek come regista perchè ho visto tutti i suoi film, il Ferzan scrittore lo conosco meno per ovvi motivi, questa è la sua opera prima, comunque anche nel suo libro ho ritrovato lo stile che lo contraddistingue e i suoi temi cinematografici: l’amore, l’amicizia, la famiglia, la società.
Dal punto di vista formale non mi sento di gridare al capolavoro anche se si tratta di un romanzo molto piacevole, soprattutto perché, come si evince dai ringraziamenti alla fine, credo che l’autore dal punto di vista letterario sia stato aiutato nella stesura, e questo mi influenza.
Dal punto di vista della storia invece posso dire che mi pare un libro molto bello e vero, dove l’autore si apre senza pudori e ci mostra il suo mondo, sprazzi della sua vita, piccoli particolari che me lo fanno amare ancora di più.
Inutile dire che spero che “Rosso Istanbul” diventi anche un film, se non altro per rivedere il mitico Pera Palace dove ho alloggiato molti anni fa.
Da questo romanzo esce non solo un bel racconto, ma anche una bella persona, della quale vorrei essere amica, per poter far parte degli invitati alla sua tavola, accogliente sia di cibo che di sentimento.
Citazioni:
“Mi spiegò, con calma, che non c’erano assassini, che quelle erano bugie, che non c’è da aver paura dei nostri vicini di casa, o di banco, o di confine. C’è da aver paura solo dell’odio e dei pregiudizi. “
“Ci sono persone troppo fragili, ed è proprio questa la loro debolezza ma anche la loro bellezza: un’immensa fragilità, quasi fossero fatti di cristallo, così trasparenti e luminosi, ma difficili da maneggiare, anche per gli altri. Non resistono agli urti della vita, agli ostacoli, agli ammaccamenti, alle cadute.”
«Lo sapevi che in Giappone, quando si riparano le ceramiche rotte, non si nasconde il danno ma lo si sottolinea, riempiendo d’oro le linee di frattura?» le chiede Gül distogliendola dai suoi pensieri. «Perché credono che quando qualcosa ha subìto un danno e ha una storia, diventi più bella. Riluci d’oro dove la vita ti ha scheggiato. Se solo fosse vero, se funzionasse davvero così... »”
“A volte, quando siamo tutti seduti lì, e siamo giunti agli ultimi bicchieri, al dolce, alla chiacchiera per la chiacchiera, mi allontano un attimo, con la scusa di fare qualcosa nella stanza accanto. Poi rimango sulla soglia, in penombra, a guardarli. Mi conforta osservarli in silenzio, sapere che ci sono; scivolare per un momento fuori dalla mia vita e guardarla come se fossi un estraneo.”
Magazine Cultura
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