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Rosso Malpelo e la Colombella – racconto di Iannozzi Giuseppe

Creato il 02 novembre 2011 da Iannozzigiuseppe @iannozzi

Rosso Malpelo e la Colombella – racconto di Iannozzi GiuseppeRosso Malpelo e la Colombella

di Iannozzi Giuseppe

Strazio di piume bianche. Questo l’orrido spettacolo che mi si offre una volta in cortile.
Rosso Malpelo ha ucciso.
Non avrebbe dovuto.
Dovunque io posi lo sguardo è cimitero, cimitero di tenere piume su un letto di foglie d’Autunno.
Il vento freddo mi sferza la faccia facendomi lacrimare gli occhi.
Tiro su con il naso. I postumi della recente influenza non sono ancora del tutto passati.
Mi guardo d’attorno con fare circospetto. Lo so che è nei paraggi.
Il cadavere spiumato della colombella è ancora giovane, caldo di sangue rosso rubino.
Rosso Malpelo l’ha fatta grossa. Ho già deciso che non gliela perdonerò.
E’ un gatto randagio, di pelo rosso. A suo modo bello.
La prima volta che l’ho visto si era in estate.
Sembrava frastornato. Zoppicava leggermente. Un batuffolo di pelo rosso dagli occhi luciferini. Lo battezzai Rosso Malpelo.
Per tutta l’estate gli ho tirato dei bocconcini là dove sapevo amava nascondersi.
Una volta ho tentato di farlo mangiare dalla mia mano. Non ha osato.
In capo a una settimana ha smesso di zoppicare. Malpelo, qualsiasi zuffa avesse intrapreso, non ne risentiva più. Egoista come tutti i gatti, non ha mai dato un ‘miao’ in segno di ringraziamento.
Ho sempre saputo che era un gattaccio, un bastardo. Un pirata. E per questo mi ha attirato fra le sue grinfie, anche se non posso dire d’essermi a lui affezionato.
Quelle poche volte che non gli ho portato alcun boccone, è uscito allo scoperto e di soppiatto è entrato in ufficio per farsi vedere e poi subito fuggire.

Non gliela perdono.
La colombella non avrebbe dovuto toccarla. Veniva sul davanzale della mia finestra per una mollica di pane o due. Non chiedeva altro. Beccava il pane in tranquillità, senza paura, fiduciosa che mai le sarebbe stato fatto del male. Era capace di restare sul davanzale anche per buoni dieci minuti, giusto per il piacere di essere viva, di essere in comunione con il cortile, con i suoi pochi alberi e i rari fiori.
Osservare la sua tranquillità portava la Speranza. E in cambio solo qualche mollica di pane, che strappavo dal mio pranzo. Dava molto per molto poco.
Rosso Malpelo non ha mai dimostrato riconoscenza. Egoista sino in fondo.
Non mi sono mai piaciuti granché i gatti, animali scostanti, snob, troppo simili al lato oscuro dell’animo umano.

Sono nel cortile che lo aspetto. Prima o poi dovrà pur farsi vedere, ed allora pagherà.
Malpelo avrà il fatto suo. Occhio per occhio, dente per dente.
Il corpicino della colombella è al centro d’un letto di foglie morte. Noto solo ora che le ha staccato la testa. Stringo i pugni fino a farmi venire bianche le nocche. Questo delitto Malpelo lo pagherà caro.
Mentre attendo il cielo si fa sempre più bigio minacciando pioggia.
Un vento freddo scuote gli alberi mezzo spogliati. Foglie secche volano in aria.
Non ho fretta. Lo so che prima o poi gli occhi giallognoli spunteranno…

Rosso Malpelo è venuto allo scoperto.
Gira intorno al cadavere con passo felpato, felice.
Non degna d’uno sguardo il cimitero che ha creato, preferisce puntare gli occhi su di me. Aspetta che gli getti dei bocconi golosi. Non osa avvicinarsi. L’istinto gli suggerisce che è meglio tenersi lontano. Non è mai stato un compagnone, ma oggi è più schivo del solito. Io non muovo un muscolo. Di sale resto di fronte al pelo rosso che ha straziato la Speranza.

Scappa. Il vigliacco scappa con la coda fra le gambe.
Ho fatto finta di tirargli il boccone che si aspettava. Ho solo fatto finta. Ed invece l’ho preso in pieno con una pietra che tenevo nascosta nel pugno destro. L’ha colpito a un fianco. Peccato, avevo mirato alla testa. Il colpo è andato a segno, ma Malpelo ha colto al volo che non era il solito boccone.
Domani, domani Malpelo troverà pane per i suoi denti. Non avrò occhi che per lui nei prossimi giorni.

Rientro in ufficio.
Sulla scrivania riposa in pace, coperto da un dito di polvere, una copia di Ave Mary. (*)
Lo sento miagolare.
E’ sotto la mia finestra. Malpelo.
Ghermisco Ave Mary e senza starci a pensare su, senza neanche prendere la mira, scaglio il libraccio fuori. Un miagolio strozzato mi giunge all’orecchio. Devo averlo beccato. Non se lo aspettava proprio questo colpo. Non mi sono affacciato apposta. Ho tirato e basta confidando in un colpo di culo. Mi deve aver detto proprio bene. Rosso Malpelo spara raffiche rabbiose di ‘miao’.
Potrei anche aprirmi in una risata, non fosse che l’immagine della colomba straziata è ancora ben stampata nella mia memoria.
Se solo Ave Mary non fosse stato un libretto di poche pagine, per Dio, l’avrei accoppato a quel gran figlio di puttana.
Ma domani è un altro giorno, come disse Rossella O’Hara, e vuoi che non gli faccia veramente un male della Madonna quando Malpelo si beccherà la pesantissima mia copia dell’Ombra dello Scorpione? (**)

(*) Ave Mary, saggio pseudo-teologico di Michela Murgia: poche pagine, tante banalità sulla figura della Madonna.
(**) L’Ombra dello Scorpione, romanzo fiume di Stephen King.
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